Lo chiamavano “Agonia”… Buon compleanno Claudio!

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72 candeline oggi per il Claudione nazionale ???

Claudio Baglioni è uno dei cantautori più amati della storia della canzone italiana.

Claudio Enrico Paolo Baglioni è nato a Roma il 16 maggio 1951 sotto il segno del Toro.

Appassionato fin da ragazzo di musica e letteratura, inizia a muovere i primi passi sulla scena canora romana.

Ha alle spalle 50 anni di musica con più di 60 milioni di dischi venduti in tutto il mondo.

Lui, che è diventato il cantautore dei sentimenti, uno dei re di Roma, così elegante e carismatico in un mondo che pullula di falsi guru.

All’inizio della sua carriera, il Claudione nazionale era chiamato Agonia.

A soli 19 anni Claudio Baglioni, giovanissimo cantautore nel 1970, partecipa ad un festival internazionale di musica leggera, in Polonia a Danzica.

Vince il premio della critica e viene così scritturato per diversi concerti, che dureranno tre anni.

E in questa terra non solo lontana, ma così diversa dal nostro Paese, Claudio Baglioni rimase affascinato dalla gente dei luoghi in cui si esibiva, e spesso pensava di non voler ritornare in Italia.

Ma a Roma alla fine ritornò e con sé portò il ricordo dei volti e degli occhi di quelle bellissime “Ragazze dell’Est” che tanto lo avevano emozionato.

Baglioni scrisse e descrisse l’esperienza polacca, periodo importante per la carriera.

Era solo un ragazzo che scriveva musica molto timido, disorientato ma fu proprio in quel contesto, diverso dal suo mondo quotidiano, che prese la decisione di voler fare il cantautore, di scrivere canzoni di sentimenti, di amori, di donne e uomini.

Proprio dalle piazze polacche è incominciato il viaggio dell’artista, che ancora dura.

La canzone dedicata alle Ragazze dell’Est è il racconto di un mondo per noi nuovo, di un popolo che ha tradizioni e storia diverse dalla nostre.

Baglioni descrive le giornate polacche con gli occhi delle donne del posto, serie, rigorose anche se hanno vestiti consumati e lisi, dignitose nei loro sorrisi.

Le descrive in modo affascinato nella loro dura semplicità, nel saper gioire anche solo di un timido raggio di sole dopo l’ inverno.

Vestite di stoffe a fantasia, con i sandali consumati ed i capelli biondi raccolti nei foulards, con due “occhi chiari, laghi gemelli, occhi dolci amari”, camminano nelle strade del loro paese povero, con le spalle stanche per il duro lavoro. Cantano felici del poco che hanno.

Sono anime che portano il dolore con fierezza, giovani donne che ballano e gridano l’allegria, “eccitate buffe e sudate per la felicità”.

Bevono birra, dimenticando la neve ed il freddo di sempre, riscaldandosi al suono della musica.

E quelle stesse donne, aspettano e sperano in qualcosa che non sanno, scrivono sui vetri ghiacciati i loro desideri.

Di loro e del loro mondo si innamorò Claudio tanto da dedicare loro Le ragazze dell’Est…

Nei mattini pallidi ancora imburrati di foschia
risatine come monete soffiate nei caffè
facce ingenue appena truccate di tenera euforia
occhi chiari, laghi gemelli, occhi dolci amari
io le ho viste
fra cemento e cupole d’oro che il vento spazza via
sotto pensiline che aspettano sole il loro tram
coprirsi bene il cuore in mezzo a sandali e vecchie
camicie fantasia
e a qualcuno solo e ubriaco che vomita sul mondo
io le ho viste portare fiori e poi fuggire via
e provare a dire qualcosa in un italiano strano
io le ho viste coi capelli di sabbia raccolti nei
foulards
e un dolore nuovo e lontano tenuto per la mano
io le ho viste che cantavano nei giorni brevi di
un’idea
e gomiti e amicizie intrecciati per una strada
io le ho viste stringere le lacrime di una primavera
che non venne mai
volo di cicogne con ali di cera
ancora le ho viste
far la fila con impazienza davanti ai gelatai
quando il cielo stufo d’inverno promette un po’ di
blu
piccole regine fra statue di eroi e di operai
lievi spine d’ansia nei petti rotondi e bianchi
io le ho viste
eccitate buffe e sudate per la felicità
negli alberghi dove si balla gridare l’allegria
e bere birra e chiudere di fuori la solita neve e la
realtà
e ballare alcune tra loro e ballare e poi ballare
le ho viste
nelle sere quando son chiuse le fabbriche e le vie
sulle labbra vaghi sorrisi di attesa e chissà che
scrivere sui vetri ghiacciati le loro fantasie
povere belle donne innamorate d’amore e della
vita
le ragazze dell’Est“….

Le ragazze dell’Est da diversi anni le vedo sedute sulle panchine della mia città.

È là che si ritrovano quando hanno del tempo libero dal lavoro che svolgono.

Sono badanti, cameriere e si concedono del tempo per incontrarsi e parlare nella loro lingua.

Parlano della giornata, dei loro figli e nipoti lontani, vivono in quella parte del pianeta, che per noi è sempre stato l’Est.

La mia città in alcune zone ed ore, diventa balcanica, con le loro lingue diverse dalla nostra.

I loro nomi sono Ludmilla, Irina, Svetlana o tanti altri.

Sono quarantenni o poco più, molte di loro sono nonne, perchè lì diventano madri molto giovani.

Sono proprio loro quelle ragazze dell’est che cantava nel 1981 Claudio Baglioni, ancor prima che cadesse il muro di Berlino.

E negli anni che seguirono la caduta del muro, i giovani si sono riversati da quelle parti, in cerca di facili approcci , “basta un paio di calze, si diceva, e te le fai“.

O forse semplicemente per quel desiderio di voler ancora sedurre, da vero maschio latino altre ragazze, che non fossero solo le italiane, francesi o svedesi…

Angela Amendola

Clicca il link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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