Cassandra, personaggio della mitologia greca, ha sempre affascinato gli studiosi, nel corso dei secoli, per la complessità delle sue vicende biografiche e anche per le difficoltà incontrate nella ricostruzione delle stesse.
Questa figura femminile si presenta interessante, altresì, per la ricchezza psicologica che se ne evince specie per quel che riguarda il dono della preveggenza probabilmente concesso da Apollo, il quale, per vendetta decide che questa facoltà dovesse trasformarsi in una condanna dato che la donna non sarebbe stata mai creduta nelle sue predizioni del futuro.
Cassandra ci è stata quindi tramandata come una donna dall’animo travagliato e sofferente, in perenne frustrazione a causa del suo inutile prevedere e del suo essere spettatrice delle sventure già evidentemente previste.
Il fascino di Cassandra sta proprio nel tormento, uno stato d’animo che oggi potremmo definire “mal de vivre”, e per questo la si potrebbe collocare nell’ambito dell’esistenzialismo.
Ho sempre pensato a Cassandra, soprattutto per una associazione di idee di matrice riflessiva, quando sono stato spettatore di una esibizione di Juliette Greco, grande interprete e musa ispiratrice degli esistenzialisti.
Anche la figura fisica, il vestirsi in nero, mi hanno da sempre riportato ad un topos cassiandreo.
Nell’800, il Foscolo, negli ultimi versi del carme Dei Sepolcri, ci descrive una Cassandra dal forte spessore poetico e caratteriale, ricca di pathos, una sintesi, a mio parere di tutte le “cassandre” ricostruite nei secoli e le fa esprimere gli ultimi versi, i quali danno alla infelice profetessa un taglio letterario e filosofico di carattere universale oltre ad eternarla definitivamente attraverso il mito della Poesia, mito dei miti foscoliani.
Così, quindi, si pronuncia Cassandra:
Tu, onore di pianti, Ettore, avrai,
Ove fia santo e lagrimato il sangue
Per la patria versato, e finchè il Sole
Risplenderà su le sciagure umane.
Tommaso Cozzitorto
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complimenti professore per questo richiamo culturale opportuno su Cassandra.