Lettera a Giuseppina

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Mia cara Giuseppina,

sono anni che le circostanze irreversibili si prendono spudoratamente gioco di noi.

Del resto, tutto quello che prima o poi sarebbe accaduto a chicchessia mi fu preannunciato da sempre ed in tempo utile, sin da quando ero solo una bambina gracilissima ed ingenua.

L’ imperversare ciclico dell’esistenza, recitava la didattica, comporta l’inesorabile abbandono delle cose terrene.

E un bel giorno ci si arrende senza averne contezza, senza che ci venga concesso lo straccio di un breve ed inconsistente lasso temporale che ci consenta di dire addio ai nostri affetti come desidereremmo.

Ogni cosa, intrisa di precarietà, tace al cospetto dell’evento spiazzante, ignoto ed improvviso e la percezione dell’eternità non sarà mai veramente affar nostro, almeno fino a quando non andremo via per sempre al pari di libellule , proprio come facesti tu, in quella notte maledetta.

Non si è mai troppo in là negli anni per meritare di non essere costantemente ricordati e rimpianti.

Io, per esempio, non ti ho mai dimenticata.

E tra le innumerevoli rimembranze che hanno edificato ponti saldissimi ed incrollabili, a ridosso della mia ferrea ed “insindacabile” memoria, c’è l’immagine nitidissima dei fiori che accudivi come figli.

L’amore per i fiori te lo trasmise tua sorella, una donna di sedici anni più grande di te, che io non conobbi mai.

Complice di quella passione imponderabile fu la fine della sua storia d’amore con un uomo che non era più sicura di volere sposare.

Ma lui, nonostante tutto, si era defilato silenziosamente e di buon grado, palesando una signorilità encomiabile ed un ammirevole rispetto che le altrui decisioni .

Nel dirle tristemente addio, le aveva narrato di un particolare molto tenero, che spalancava un varco d’accesso ad una parentesi dolorosa sulla sua recente giovinezza.

Ed io desideravo sempre che tu tornassi a raccontarmelo.

Così ci sedevamo felicemente l’una di fronte all’altra, e tu cominciavi a parlare mnemonicamente e con quella solita cadenza flemmatica :

“Su quel biglietto un pò stropicciato che le lasciò frettolosamente sulla tavola semi spoglia si leggevano, tra l’altro, le seguenti parole:

” Da ragazzo avevo piantato dei semi in giardino , avendoli in precedenza pagati per ricevere in cambio futuri tulipani.

Mi vendettero per sbaglio semi di rosa.

Quando arrivò il momento che sbocciassero, per me, fu una sorpresa oltremodo gradita.

Ricorderai,attraverso i miei nostalgici e frequenti racconti, quanto le rose piacessero a mia Madre.

Sì, lo ricorderai di certo.

Potrai così immaginare quanto possa essere stato felice alla vista inattesa di quel miracolo non voluto, di quell’accadimento non richiesto.

Mi parve che proprio lei avesse voluto fortemente farmi avvertire la sua costante presenza al mio fianco, nonostante fosse mancata ingiustamente e troppo presto…

Già, troppo presto.

E adesso che sto per lasciare casa di tuo padre, obbedendo ai tuoi desideri decisi e consapevole che il mio pensiero ti verrà a cercare caparbiamente e in ogni istante, mi chiedo se domani avranno la bontà di vendermi per errore semi di girasole, quel fiore che tu ami così tanto, proprio come io amo te”.

E da allora, tua sorella Caterina, cominciò a coltivare le rose.

Tu facesti per anni la stessa cosa.

Poi, quando lei venne a mancare, cominciasti a dedicarti finanche ai girasoli.

Giuseppina, te lo ricordi?

Magari potessi risentire la tua voce che mi pregava di innaffiare le piante!

Non ti vedo da così tanto tempo da aver quasi smarrito la percezione esatta dell’istante preciso in cui realizzai che non saresti più stata con me.

Era talmente inaccettabile l’idea dell’abbandono che quando mi dissero che eri andata via io risposi scioccamente:

“Dov’è che è andata?”

Che stupida!

Chissà quanto avrai sorriso per la mia inettitudine.

Dimmi la verità : quanto ci siamo amate?

Credo che un legame come il nostro sia stato appositamente pensato da Dio per farci dono dell’immenso.

L’immenso, sì!

Se fosse possibile concepirlo, in termini di contenuti e di grandezza, deterebbe certamente la vastità del nostro grande amore.

Ancora oggi, cercando di te in tutti gli sguardi che sprigionano affetto, ho la mente e il cuore roboanti e sotto assedio.

Hai avuto la meravigliosa capacità di imprimere con decisione , all’imbocco delle mie consapevolezze traballanti e spesso incerte, quelle uniche sicurezze che concernono l’impossibilità di rimuoverti dalla mia vita.

Perché gli abbracci sono come un respiro sacro per i corpi che ne beneficiano, e tu mi hai abbracciata così tanto da regalarmi l’ossigeno necessario per affrontare milioni di esistenze.

Se davvero sussiste uno strascico di bellezza che giammai potrà essere rimosso dai meandri della nostra coscienza, questo è senz’altro quall’anelito d’amore che ci è stato offerto con semplicità d’intenti , senza fronzoli né esagerazioni, particolari che mirano a ricavare benefici e favori personali.

Sai che in tanti si staranno chiedendo chi è Giuseppina?

Cosa faccio, spiego loro che fosti mia nonna?

No, preferisco di gran lunga che si ricordino che sei stata, che sei e che sarai in eterno la mia “Grande madre”.

Maria Cristina Adragna 

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Maria Cristina Adragna
Siciliana, nasco a Palermo e risiedo ad Alcamo. Nel 2002 conseguo la Maturità Classica e nel 2007 mi laureo in Psicologia presso l'Università di Palermo. Lavoro per diverso tempo presso centri per minori a rischio in qualità di componente dell'equipe psicopedagogica e sperimento l'insegnamento presso istituti di formazione per operatori di comunità. Da sempre mi dedico alla scrittura, imprescindibile esigenza di tutta una vita. Nel 2018 pubblico la mia prima raccolta di liriche dal titolo "Aliti inversi" e nel 2019 offro un contributo all'interno del volume "Donna sacra di Sicilia", con una poesia dal titolo "La Baronessa di Carini" e un articolo, scritti interamente in lingua siciliana. Amo anche la recitazione. Mi piace definire la poesia come "summa imprescindibile ed inscindibile di vissuti significativi e di emozioni graffianti, scaturente da un processo di attenta ricerca e di introspezione". Sono Socia di Accademia Edizioni ed Eventi e Blogger di SCREPmagazine.

3 COMMENTS

  1. Bellissimo Articolo un vero Capolavoro! …. Un tempo in Sicilia e non solo, la nonna era chiamata “la matri ranni” (la grande madre), questo non perché si sostituiva alla madre genitoriale ma perché era intesa la madre della madre quindi da qui grande madre e se poi riflettiamo che la bisnonna era chiamata “la madre ava” riusciamo a costruire un modello familiare alquanto singolare ma ben strutturato socialmente.
    La tua bellissima testimonianza, intrisa di ricordi intimi e belli, fa rivivere modi di essere che le future generazioni sembra che abbiano purtroppo perduto poiché il nuovo modello sociale che ci viene profuso, giorno per giorno, non è più impregnato a tale struttura familiare, che faceva dell’essere senile la centralità educativa per affrontare la continuità dei valori di civiltà e di vita. Adesso questa catena ereditaria e trasmissiva la si vive solo per atto venale. Purtroppo siamo diventati esseri senza più una propria storia. Abbiamo dimenticato chi siamo. Abbiamo perso i sogni.
    La frenesia della quotidianità per la ricerca del pezzo di pane ci ha fatto perdere il rispetto del prossimo. Inoltre la continua pubblicità ci ha fatto dimenticare il dono dell’anima fatta dall’essenza di DIO.
    Cara Cristina, l’intimità mai persa con la nonna ti deve fare comprendere di quanta fede c’è in te, poiché conosci l’amore “ra madri ranni” per te e tu per Lei credo che nessuno può smarrire la propria anima se si è amato cosi come tu lo sei. Ricorda che l’amore è un sentimento bivalente e lo si spiega con il dono di due virtù, tua nonna lo sapeva bene perché a sua volta fu amata.
    Questo tuo capolavoro lo trovo molto interessante ed educativo per chi volesse fare della propria vita un incanto d’amore e bellezza.
    Giovanni C.

  2. Quando parla il Cuore la verità è solo Amore ! – apprezzo molto la determinazione dell’animìa intellettuale che caratterizza ogni rigo.

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