Le “Lolite” televisive

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Nel periodo della quarantena pandemica da Covid 19, le TV hanno rimandato repliche di programmi che hanno fatto “epoca”; uno tra tutti è “Non è la RAI“.

Il 9 Settembre del 1991 andava in onda per la prima volta “Non è la Rai”, la trasmissione televisiva di Canale 5, ideata da Gianni Boncompagni.

Il programma che fu il primo nel suo genere per i contenuti è i protagonisti, per 4 anni suscitò interesse, critiche e molte polemiche.

Fece da apripista ad una serie di programmi di sottocultura che ancora oggi vediamo…

Tutto iniziò da lì, anche il fenomeno delle “olgettine“…

Con “Non è la Rai” la televisione spalancava una finestra su un mondo di “ninfette”, di adolescenti, che per un paio d’ore intrattenevano il pubblico con canzoni e ammiccamenti vari.

Davanti lo schermo c’erano bambine, teenager e “uomini” di ogni età, tutti amanti di un programma totalmente vuoto di contenuti, “innocuo gioco per ragazze”, così come lo definì l’autore all’epoca…

“Non è la Rai ”invece fu lontano dall’essere innocuo alle generazioni di allora, ha inviato il cattivo messaggio dell’importanza dell’apparenza, della sessualizzazione dei corpi acerbi, in sviluppo, inconsapevoli (ne dubito) della propria carica seduttiva che avevano verso gli uomini di una certa età…

È anche vero che da quel calderone sono venuti alla ribalta dei veri talenti, vedi Ambra Angiolini, Claudia Gerini, Nicole Grimaudo, Sabrina Impacciatore, ecc… ma le altre ragazze sono finite sui rotocalchi rosa e di gossip e non per meriti artistici.

Il termine “Lolitismo” nasce nel 1955, dal romanzo di Vladimir Nabokov intitolato “Lolita”, nel quale si descrive la capacità della protagonista, Lolita dodicenne, di sedurre un uomo di mezza età.

Ora il fenomeno Lolitismo è più massiccio, la fascia d’età è scesa parecchio e non interessa solo le 13-14 anni, ma bambine più piccole. Assistiamo da anni ad una pubertà sempre più precoce. Se nel 1800 l’età dello sviluppo era 14-15 anni, ora è scesa fino a 9-10. Sarà per gli ormoni presenti nei cibi, nella carne, ormai le bambine sviluppano già a 9 anni. Anche la moda si rivolge ad un target di fascia d’età piccolissima, strizza l’occhio sempre più alle bambine.

Spuntano infatti i costumi da bagno per bimbe di 7-8 anni, con coppe di reggiseno imbottite…

Perchè ?

Perchè bimbe di quell’età devono mostrarsi, atteggiarsi da signorinelle?

In Spagna la marca che ha prodotto questi costumi è stata boicottata, tanto che sono stati ritirati dal commercio.

E in Italia perchè non sta succedendo?

Dove sono finite le mamme che vigilavano sui figli?

Già purtroppo ora in TV vediamo baby modelle, baby attori e un uso dei bambini e dei loro talenti.

Bambini in vetrina, esposti al social.

Viviamo in un’epoca in cui si dedicano campagne per la tutela dell’infanzia, per i diritti e poi ci troviamo davanti a minori usati come merce dai genitori, soprattutto dalle mamme.

L’epoca del tutto in vetrina, del successo facile, credo che stia esaltando i tratti poco positivi di alcune persone, ed io credo che dovremmo un pochino ridimensionare il tutto.

Non è una condizione di degrado sociale, non di sopravvivenza ma di ricerca volontaria ad apparire, sempre più da piccoli che rinforza determinate dinamiche, stiamo andando oltre, e i rischi sono veramente alti.

Da qualche anno vediamo sui social pagine dedicati a bambini figli di vip, profili Instagram per loro e hanno milioni di followers, il più seguito è Leon dei Ferragnez… bambino bellissimo simpaticissimo buffo nelle smorfie ma è pur sempre un bambino di due anni che dalla nascita vive sotto gli occhi di tutti.

Daremo nuovamente ai bambini il privilegio di essere bambini o continueremo ad “usarli” così?

Angela Amendola

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