L’Affruntata

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Nella mia città, la S. Pasqua è una festa molto sentita.

Questa festa rappresenta la rinascita, l’uscita di scena dell’inverno per la sciare il posto alla primavera, al sole, al colore dei fiori.

Ricordo che quando ero bambina, l’entusiasmo era lo stesso e si arrivava alla domenica di Pasqua attraversando varie fasi.

La prima fase era l’acquisto dei vestiti nuovi.

Appena le vetrine svestivano gli abiti invernali per sostituirli con quelli primaverili, quello era il momento giusto per scegliere “la mutatura”.

La cosa essenziale erano le scarpe. Potevano anche mancare i soldi per i vestiti nuovi ma le scarpe nuove non dovevano mancare.

Mia nonna diceva spesso che le scarpe vecchie sotto un vestito nuovo facevano brutta figura, cosa che non accadeva al contrario, usava ripetere una frase: “Vestuta comu na riggina e scaza comu na pellegrina”, (vestita come una regina e scalza come una pellegrina).

Scelte le scarpe, si poteva abbinare il vestito adatto, che doveva essere carino da far “figura”, riutilizzabile e possibilmente che non costasse troppo.

In una normale famiglia, i primi acquisti erano destinati ai figli, se avanzava qualcosa dal budget familiare, la mamma acquistava qualcosa per sé (le scarpe), al capo famiglia non restava che tirare fuori dall’armadio, l’abito usato l’anno precedente che tanto non se ne sarebbe ricordato nessuno!

Si arrivava al giovedì Santo che tutto era pronto, compresi i dolci tradizionali, e quindi, ci si poteva dedicare alla spiritualità del momento.

Nel pomeriggio c’era la S. Messa e la lavanda dei piedi e tra noi ragazzini, le battute serpeggiavano tra le panche e con le lacrime agli occhi, per le risate trattenute, cercavamo di passare inosservati.

Ieri come oggi, la sera del giovedì santo, si fa il giro dei SS.Sepolcri.

I Sepolcri non sono parte della Liturgia ma sono frutto della pietà popolare che ha origini nel medioevo. Il numero dei Sepolcri da visitare è sette, ma anche meno, l’importante è che siano in numero dispari. Questo entro la mezzanotte.

Il venerdì Santo annuncia la passione e la morte di Gesù e la processione, detta delle Vare, fa il giro della città. Si apre con il passaggio di sei statue che raffigurano i momenti salienti della morte di Gesù.

Alla fine del corteo, in lutto vediamo la statua della Madonna Addolorata e S. Giovanni.

Ovviamente le statue vengono portate a spalla dai membri dell’Arciconfraternita del SS. Rosario… il corteo parte alle 17,30 dalla chiesa del SS. Rosario e ha la durata di circa tre ore, durante le quali vengono seguite da centinaia di cittadini.

Durante la discesa della scalinata della Cerasarella, le statue vengono affiancate da donne che sulla testa portano antiche lampade ad acetilene.

Dopo questa lunga passeggiata, le statue rientrano in chiesa, la stessa da dove ne sono uscite e lì, si svolge il rito della chiamata. Sotto il pulpito, il sacerdote chiama: Ecce Homo, Gesù Crocifisso, Gesù morto, Madonna Addolorata che entrano in chiesa dando le spalle all’altare mentre per ultimo ad essere chiamato è S. Giovanni che entra correndo.

La stessa sera alle 21,30, dalla chiesa di S. Giuseppe, parte la processione della Madonna Desolata. Anche qui, la folla accompagna il corteo, per le vie della città. Molto commovente l’immagine della madre che cerca il figlio morto, con un pugnale conficcato nel petto.

Tutto si svolge in silenzio e preghiera, interrotto dalla banda che suona la marcia funebre. Dopo questo, cade sulla città un rispettoso silenzio. Anche le campane tacciono.

L’evento più atteso, è “l’Affruntata”, anticipata dal suono festoso delle campane che annunciano che Gesù è vivo! La rappresentazione, molto sentita, probabilmente ha origini verso la fine del XVII secolo.

San Giovanni, correndo, percorre per tre volte il Corso Vittorio, nel tentativo di convincere la Madonna della Resurrezione del figlio.

Maria, incredula, resta nascosta in via L. Razza. Visto che S. Giovanni non riesce a convincere la Madonna della veridicità delle sue parole, non ha altra scelta che far uscire Gesù dal suo nascondiglio, in via Terravecchia… questo sempre correndo.

Il momento più intenso è quello in cui, la Madonna esce di corsa per andare incontro al Santo e al figlio.

Alla vista di Gesù, alla statua di Maria viene strappato il velo nero (u Sbilamentu), segno di lutto, scoprendo la veste bianca e azzurra.

Se lo svelamento, per qualche motivo, non avviene, è presagio, secondo la credulità popolare, di sventure. Lo svelamento, per tradizione, avviene sempre sotto la finestre della chiesa delle Clarisse, ormai sconsacrata, che anni addietro, ospitava le monache di clausura che così, avevano modo di vedere l’Affrontata.

Finita la funzione, i portantini stanchi e sudati, poggiano le statue sull’asfalto, dove chi riesce ad avvicinarsi, le tocca facendo il segno della croce.

La persone sono talmente tante che bisogna pazientare prima di riuscire ad allontanarsi, ma che importa, tutti sono felici, tutti si scambiano gli auguri mentre le statue si rialzano per tornare in chiesa.

Per i vibonesi, non è Pasqua senza l’Affruntata.

Auguri di pace a tutti.

 

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