La paternità di San Giuseppe

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Giorni fa, guardando un programma su Rai due, sono stata colpita dalla bellezza di un quadro.

Il programma era nel periodo natalizio e si parlava di quadri dedicati alla paternità di San Giuseppe.

Il quadro era di Guido Reni, un pittore bolognese del Seicento che ha rinnovato l’iconografia della paternità, grazie al “San Giuseppe con il bambino Gesù”. È uno dei quadri più belli dedicati alla figura di San Giuseppe.

Il pittore era molto conosciuto tanto che veniva chiamato il “Divin Pittore” oppure il “novello Raffaello”.

Nato a Bologna, il suo stile seguì il filone classicista del ‘600, sviluppò le sue composizioni secondo le rigide regole del classicismo.
Guido Reni ricercava con i suoi lavori la sintesi del meglio dell’arte italiana: il disegno fiorentino, il colore veneziano, la ripresa delle opere classiche della Roma antica.

Nel 1602 il giovane pittore, che già lavorava con commesse proprie, si recò a Roma per studiare nuove tecniche pittoriche.

Sarà uno dei primi pittori imprenditori di se stessi, il primo nella storia dell’arte, non fu a servizio di mecenatismi.

Ma diventerà l’interprete del gusto colto dei committenti romani e dividerà la sua attività tra Roma e Bologna.

La svolta per la teologia, e di conseguenza per l’iconografia di San Giuseppe, risale al 1479 quando papa Sisto IV ne istituisce la festa.

Da quel momento saranno moltissime le opere a lui dedicate, che fino ad allora era stato al margine della narrazione artistica sacra.
Nella storia dell’arte, il padre putativo di Gesù era una figura marginale.

Era ritratto solitamente come un vecchio in modo da allontanare qualsiasi sospetto di una sua partecipazione alla procreazione del Bambino, e per questo quasi sempre rappresentato fisicamente staccato da Maria. E spesso era ritratto nell’atto di dormire, perchè era proprio
in sogno che riceveva i comandi di Dio.

Michelangelo nei primi del Cinquecento, fu uno dei primi a rappresentarlo, lo dipingeva come un figura più virile e più vicina a Maria.

Ma questo San Giuseppe così solenne, viene immortalato mentre solleva il Bambino per passarlo a Maria, e aprirà una serie di nuove opere a tal riguardo.

Nel Seicento San Giuseppe, comincia ad apparire da solo, senza la presenza di Maria, in dipinti in cui tiene tra le braccia amorevolmente il piccolo Gesù.

Questo tipo di rappresentazione era nei tempi passati riservata a Maria.

Giuseppe era sempre stata per lo più un figura secondaria. La cura amorevole con cui lo tiene tra le braccia è l’emblema dell’amore più puro, familiare.

Una tenerezza sovrumana che traspare dal quadro. Di natività ha parlato il Papa, molto preoccupato il 26 dicembre.

Papa Francesco è preoccupato per il calo delle nascite in Italia, e ha parlato di “Inverno demografico”.

Durante l’Angelus, nel giorno della festa della Santa Famiglia di Nazaret, Bergoglio ha espresso la sua preoccupazione parlando delle famiglie, “una preoccupazione vera, almeno qui in Italia: l’inverno demografico. Sembra che tanti abbiano perso l’illusione di andare avanti con figli e tante coppie preferiscono rimanere senza o con un figlio soltanto“.

E il quadro ben rappresenta le parole del Papa, sulla famiglia. Un bimbo, la sua famiglia, e l’amore.

Amore inteso nel significato più ampio, come quello tra padre e figlio.

Lo stesso amore descritto nel brano “La cura” di Franco Battiato.

“Perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te…”.

È una frase tratta dalla poesia in canzone di Franco Battiato “La Cura”.

E pare vada proprio dritta al cuore, perché muove sentimenti, emozioni, aspettative.

Il brano dell’artista siciliano, autentico madrigale del terzo millennio, non è soltanto un inno all’amore magnifico e senza tempo ma è l’immagine stessa della mano tesa verso l’altro nell’atto stesso di annullarne cadute e temporali fragilità.

Si rivolge a un “tu” indefinito, al quale promette di dedicare la propria vita.

Persona che proteggerà dalle “paure delle ipocondrie“, dagli ostacoli della vita, dalle ingiustizie, dalle cadute e dalle ossessioni.

… Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te
Vagavo per i campi del Tennessee
Come vi ero arrivato, chissà
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te…

“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,

dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.

Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,

dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore,

dalle ossessioni delle tue manie.

Supererò le correnti gravitazionali,

lo spazio e la luce

per non farti invecchiare….

Dedicata all’amore filiale è la poesia

“Nostalgia di quel presente”

Mentre mi chino sulla culla di mio figlio
Per dargli un bacio, inattesa
Mi sommerge una nostalgia di lacrime per la dolcezza
Di questo istante che vivrò
Interamente,
Di questo, proprio di questo istante.

Ma è mai possibile?

Eppure lo è, a quanto pare. Giacché in un passato remoto
Un’altra poesia testimonia ancora le stesse cose.
Non è questa la nostalgia del presente? L’assoluto,
diciamo così, strazio per la distanza
che ti separa dal corpo che abbracci? L’abisso
che ti appiccica addosso
ciò che hai amato.

Ora quel presente della poesia
Ha smesso ormai da tempo di essere presente.

E così come ho ricordato
La nostalgia di quel presente,

Ho nostalgia
Di quella nostalgia.

Antonis Fostieris

(Antonis Fostieris è un poeta greco (Atene 16 maggio 1953). Ha studiato giurisprudenza all’Università di Atene e storia della legge alla Sorbona, Parigi. E’ uno dei più eminenti poeti della cosiddetta “Generazione degli anni Settanta” ed è stato notevolmente tradotto).

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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