Mia luce,
ti scrivo perché non so fare altro.
Ho provato ad esprimere gli intenti attraverso parole che suscitassero interesse incondizionato, ma ogni goffo tentativo di essere esaustiva si confonde in mezzo ai vani propositi e alle banalità del verbo.
E così ricorro spesso a diverse modalità di espressione del pensiero, quelle che non passano attraverso la precarietà della voce, quelle che imprimono sentimenti indelebili sulla carta nuda ed esigente.
Stringo tra le mie mani una tua fotografia, la quale ti ritrae scrupolosamente e mirabilmente, proprio quando fosti ragazza, proprio quando percepivi bellezza: guarda, non ti somiglio affatto.
Ma, osservando i tuoi tratti con maggiore attenzione, non posso fare a meno di scorgere innumerevoli affinità intrise di mistero.
Hai gli occhi che trasudano vivacità, desiderio di evasione, smania di conoscenza ed incontenibile irrequietezza.
Sì, sei proprio come me.
Metà del tuo patrimonio genetico soccombe nei miei lati oscuri in maniera latente. Tuttavia non manca una sua manifestazione puntuale ed esuberante, specie nei momenti di maggiore espressione delle azioni inaspettate.
Vorrei pensare come te, reagire a modo tuo, riuscire a cogliere il lato meravigliosamente sorprendente e positivo degli eventi, evitando di morire, tutti i santi giorni, di inetto e becero pessimismo.
Bastasse un fugace momento ogni dodici mesi per ricordarsi di te… Oh, in quanta misera negligenza affogherei!
Una festa, una sporadica occasione per celebrarti degnamente e come meriti.
Eh no, non è sufficiente. Ho bisogno di dirti costantemente che ti amo, che mi rammarico inevitabilmente per non so bene cosa, che sento che esiste sempre una pecca irriverente per cui ottenere il tuo perdono necessario, che in verità rappresento ben poco, innanzi alla magnificenza di quel che tu, contrariamente, sei stata, sei e sarai.
Hai elargito doni dal valore incommensurabile, ma ne serbo uno, uno soltanto e lo custodisco con particolare cura.
È la penna, proprio quella penna che non acquistasti mai e in nessuna bottega.
Eppure è il regalo migliore, il più significativo, di certo il più importante.
Quando nacqui tu non lo vedesti, ma recavo una cospicua dose d’inchiostro con me.
Attesi solo il tempo di comprendere come avrei potuto farne proficuamente uso. E quando seppi, quando capii, cominciai ad imbrattare di pensieri la nostra vita. Chissà se sei orgogliosa di me. Non te l’ho mai domandato e giammai lo farò.
Mi risponderesti che lo sei senz’altro, ma io ho bisogno di sentirmi dire che si deve sempre migliorare. Ne ho bisogno perché credo che sia estremamente deleterio essere schiavi dei propri deliri di onnipotenza, e personalmente desidero spiccare il volo esclusivamente in prossimità di umili sentieri.
Mia luce,
ti scrivo perché non so fare altro.
Questa è una lettera traboccante d’amore. Ho provato a dirti semplicemente che ti voglio tanto bene.
Ma ogni volta che tento di farlo, quello che invece so ribadire a me stessa consiste nel paragonarti ad una candela perennemente accesa, lungo le interminabili segrete di un maestoso castello, di notte, mentre tutto tace… E fuori non è mai l’alba.
Grazie, mamma…
Maria Cristina Adragna
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Brividi. Grazie per l’emozione
Grazie, gentilissimo