La cantantessa

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Sono giornate particolari quelle che viviamo da settimane, e le riempiamo nei modi che ci sono più consoni.

I miei pomeriggi sono dedicati alla musica, suonata e ascoltata.

Tra gli artisti che sento più vicini a me occupa uno dei primi posti “la Consoli“.

Erano gli anni Novanta quando sulle scene musicali italiane arrivò lei, Carmen Consoli, con il suo talento e la sua voce graffiante e si prese il nomignolo di “cantantessa”.

Carmen Consoli vanta una carriera invidiabile.

Sempre ironica e critica, sempre attuale e fuori dagli schemi, è capace di reinventarsi rimanendo coerente con se stessa e col suo modo di fare musica.

Elegante e grintosa, Carmen ha fatto del suo timbro vocale un marchio inconfondibile diventando un punto di riferimento per diverse generazioni.

Uno stile unico ed inimitabile, l’artista siciliana è entrata in scena in punta di piedi, per poi esplodere.

Scegliere tra le sue canzoni è difficile.

Personalmente preferisco quella con cui l’abbiamo conosciuta a Sanremo.

Era il 1996 quando Carmen regalò al pubblico sanremese una perla, “Amore di plastica”, nella quale racconta una storia d’amore inconsistente.

Il testo è una dichiarazione d’amore ma anche di rinuncia, in nome di quell’orgoglio che interviene nelle relazioni quando l’anima è in pericolo e la dignità viene ferita nella sua fragilità.

A che serve dare l’anima quando anche le cose più semplici si caricano d’impossibilità?

A cosa serve accontentarsi se il massimo a cui può aspirare il nostro cuore è un surrogato di sentimenti travestito da amore?

Ma come posso dare l’anima e riuscire a credere
che tutto sia più o meno facile quando è impossibile
volevo essere più forte di ogni tua perplessità
ma io non posso accontentarmi
se tutto quello che sai darmi è un amore di plastica“.

Inutile nascondersi dietro facili scuse e tenere accesa una storia che sembra illuminare l’anima, ma poi si preoccupa di riscaldarla e di farla sentire speciale.

Troppo spesso i sentimenti ci portano a rinunciare o a mettere momentaneamente da parte la razionalità, nel tentativo disperato di superare il dislivello emozionale con cui si affronta un rapporto.

Ma prima o poi tutti ci troviamo a fare i conti con la realtà, e chi si accontenta non fa altro che trascinare oltre il dovuto le ferite,la delusione delle aspettative tradite, la paura che nell’attesa che l’amore decolli, esso non farà altro che sprofondare.

E se non ci sarà nessuno a tendere la mano per salvarci dal baratro, vale davvero la pena rischiare di caderci?

Simona Bagnato

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