La notte è regno di tenebre e di paure. Allo scomparire del sole, grande dispensatore di energia, succede l’oscurità che tutto distorce. In questo “morire” della vita di ogni giorno, con tutti i suoi colori, rumori, si passa in uno stato particolare dove emerge quella parte arcana di noi stessi, che contemporaneamente ci terrorizza ma che ci fa conoscere l’essenzialità del nostro essere. Ed è durante la notte che la solitudine e il dolore diventano insopportabili. Tutto questo, lo troviamo nel brano La notte di Arisa. “La notte” di Arisa ha superato i 50 MILIONI di views su Youtube. È una canzone dolce e raffinata, ha un significato molto chiaro già dalle parole iniziali in cui una donna racconta la sua sofferenza, “che sale fino a farle tremare le ginocchia” :
“Non basta un raggio di sole in un cielo blu come il mare
perché mi porto un dolore che sale, che sale…
Si ferma sulle ginocchia che tremano, e so perché…“
“La notte” descrive le sensazioni più intime di una donna che ha appena terminato una storia d’amore e ne racconta tutto il dolore provato.
“E non arresta la corsa, lui non si vuole fermare,
perché è un dolore che sale, che sale e fa male…
Lo stomaco ha resistito anche se non vuol mangiare
Ma c’è il dolore che sale, che sale e fa male…
Arriva al cuore lo vuole picchiare più forte di me“…
Arisa descrive tutte le sensazioni provate da chi è stato innamorato ed è stato lasciato, il non riuscire a dormire, non riuscire a staccare la testa da quel pensiero fisso, lo stomaco che si chiude, sono sensazioni comuni a milioni di persone che hanno vissuto un abbandono.
È una canzone intimista, che descrive le emozioni e spinge ad ascoltare le parole, incuriosisce e come il Pifferaio Magico non possiamo che andargli dietro, per entrare all’interno del suo cuore.
E l’argomento abbandono troviamo nel libro “I giorni dell’abbandono“.
E sì, sono passati diversi anni ma ricordo bene, sia il film che il libro di Elena Ferrante. Pubblicato nel 2002 questo romanzo è stato finalista al premio Viareggio, e Roberto Faenza ne ha tratto un bellissimo film con Margherita Buy nei panni di Olga, Luca Zingaretti in quelli di Mario, e Goran Bregović .
Tutto inizia con una dichiarazione d’abbandono nello scenario di un’apparente serenità familiare. Una coppia sposata da quindici anni e con due figli, che conduce un’esistenza ordinaria, in cui il sentimento prevalente è la quiete, citata fin dalle prime pagine e quasi osannata.
Questo stato di finta serenità viene squarciato dall’inaspettata dichiarazione del marito, che in un pomeriggio qualunque, annuncia dopo pranzo con assoluta franchezza di voler lasciare la moglie.
La quiete perduta verrà recuperata da Olga soltanto alla fine del romanzo, grazie a un incontro, imprevisto eppure intimamente atteso.
All’interno della narrazione, Mario è descritto come immaturo, egoista, con una netta predisposizione per il vittimismo. Ragiona per luoghi comuni, è spesso sgarbato con gli altri.
Ma Mario è quello che appena può, evita il confronto e se ne va quando i toni della discussione si fanno più accesi. È uno che, anche durante il matrimonio, ogni volta che aveva una crisi personale, tirava fuori un generico e misterioso “vuoto di senso” dietro cui nascondersi.
Non è forse quello che anche noi inizialmente abbiamo provato quando è esplosa l’emergenza Coronavirus? Un vuoto di senso….
La protagonista si ritrova così a casa da sola con i due figli, Gianni e Ilaria, rispettivamente di dieci e sette anni, e il cane lupo Otto.
La prima reazione di Olga all’abbandono consiste nell’incredulità: è convinta che il marito tornerà, come ha fatto altre volte in seguito a questi momenti di crisi dovuti, a detta di lui, ad un “vuoto di senso”.
Ma la causa della rottura, si rivela essere la relazione con un’altra donna, molto più giovane di lei, con la quale Mario decide di andare a convivere.
Dopo questa scoperta Olga si lascia pervadere dalla rabbia, che la porta a picchiare entrambi con violenza e a perdere definitivamente se stessa.
Ma a volte è necessario sentirci persi per ritrovarci davvero.
Nella vita coniugale, infatti, Olga era una donna equilibrata, che moderava ogni sua azione, ma dopo l’abbandono del marito perde il controllo: trascura il suo corpo, si dimentica dei figli, dorme continuamente, non si cura della casa, litiga con tutti, adotta un linguaggio volgare e offensivo, si isola dal mondo e non fa che pensare a Mario e alla sua donna.
Olga vive una crisi profonda dovuta al fatto che il suo corpo viene ripudiato e sostituito dal corpo giovane di una ragazza, che potrebbe essere sua figlia, così comincia a vedere il sesso come qualcosa di volgare e osceno.
Ma pagina dopo pagina Olga ci insegna come emergere dal dolore. Olga riesce a trovare la forza di sopravvivere al suo dolore e non è come i personaggi della tradizione letteraria quali Didone, Madame Bovary e Anna Karenina, che rappresentano invece quelle donne del passato che si sono arrese al dolore, con la morte.
Anche lei tenta il suicidio ma si salva e fa pace con i demoni che l’attanagliano specie di notte come nel testo di Arisa.
Angela Amendola