Il Segno del Comando

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“21 aprile. Notte, ore 11.00. Esperienza
indimenticabile, luogo meraviglioso. Piazza con
rudere di tempio romano, chiesa rinascimentale,
fontana con delfini. Messaggero di pietra.
Musica celestiale. Tenebrose presenze.”
Lord Byron.

In questi due anni, chiusa per la maggior parte del tempo in casa per la pandemia, passo molto tempo a rivedere vecchi programmi tv. Dopo quelli musicali come Discoring, ho avuto modo di rivedere i vecchi sceneggiati Rai, ricordi di quando ero piccolina. Tra questi, un posto importante merita “Il segno del Comando“, lo sceneggiato più famoso della Rai, che è andato in onda nella primavera del 1971.

Correva l’anno 1971….e correva Ugo Pagliai nella scena iniziale, dietro ad una bellissima e alquanto inquietante donna, per i vicoli di Roma.

Era la prima volta che la televisione italiana affrontava temi esoterici e dell’occulto in uno sceneggiato, e con dei riferimenti allo spiritismo ed alla reincarnazione.

In una Roma di notte, sospesa tra il fascino del passato ed una modernità degli inizi degli anni Settanta, si svolge la trama, naturalmente si tratta di una vicenda misteriosa, resa ancora più oscura per chi assisteva davanti lo schermo, dato che era in bianco e nero il colore in cui era girato lo sceneggiato.

Il protagonista, interpretato da un bravissimo Ugo Pagliai, è il professor Edward Forster, uno storico inglese, studioso di Lord Byron.

Forster, accademico londinese, riceve una lettera da un tale di nome “Tagliaferri” contenente una fotografia che raffigura una piazza di Roma, con nuovi particolari su uno dei diari dell’avventuriero e viaggiatore Byron. Forster è convinto che, nella realtà, quella piazza non esista e che, invece, Lord Byron avesse usato una sorta di linguaggio simbolico per raccontare a pochi eletti, una misteriosa vicenda che aveva vissuto nella città eterna.

Quando arriva a Roma, il docente inglese apprende che il mittente della lettera , è un pittore morto da un secolo e scopre con stupore che nessuno gli sa indicare dove si trovi la piazza riprodotta nell’immagine. Nell’abitazione del pittore, Forster incontra invece, una donna dal fascino irresistibile, quanto sfuggente, Lucia interpretata da una bravissima Carla Gravina, che lo accompagnerà in giro per Roma, con apparizioni saltuarie , tanto che il professore si chiederà se esista davvero o se sia soltanto un prodotto della sua fantasia.

Il Segno del Comando è stato definito uno sceneggiato “parapsicologico”, il primo in Italia. Ha dato di far conoscere elementi che saranno negli anni seguenti i punti cardine della cinematografia e della letteratura. Dalla grande suggestione abilmente provocata da scene ricche di suspence, forse a voler imitare il successo del noir francese Belfagor, si passa ad ingredienti da film giallo e di spionaggio.

Gli indici di ascolto furono straordinari per l’epoca perché si stimavano circa 14 milioni di telespettatori a puntata, incuriositi ed affascinati da una proposta assolutamente nuova e alternativa da parte della televisione di Stato.

La sigla finale, fu cantata da Nico il leader del gruppo “Nico e i Gabbiani”. Alcuni anni dopo, il brano è stato reinterpretato a Canzonissima, ed ebbe molto successo, dal famoso cantante romano Lando Fiorini.

Sulla scia del successo televisivo, Giuseppe D’Agata nel 1987 cambiò la sceneggiatura, per ottenere un romanzo dallo stesso titolo.

Non vi è dubbio che Il Segno del Comando sia diventato uno spettacolo cult. E, uno dei pregi più palpabili del Segno del Comando, è il viaggio attraverso luoghi reali ed immaginari di una Roma misteriosa. Da una parte si incontrano posti ben noti al pubblico come Via Margutta, la panoramica Casina Valadier di Villa Borghese, la suggestiva Isola Tiberina, l’oscura basilica di Massenzio, la Biblioteca Angelica, la più antica biblioteca pubblica di Roma, dall’altro ci si imbatte in locations fantasiose, come la Taverna dell’angelo, Palazzo Anchisi, presentato come simbolo di una nobiltà decadente e, più di tutti, la piazza con rudere di tempio romano, chiesa rinascimentale e fontana con delfini evocata nel passato da Byron, che potrebbe corrispondere all’attuale Piazza dei Coronari.

Oltre a Byron, altri personaggi storici sono citati nella vicenda, come il famosissimo conte di Cagliostro, menzionato però in maniera del tutto marginale ed imprecisa in alcuni passi dello sceneggiato.
Sembra quasi che il nome di Cagliostro sia adoperato nel Segno del Comando per rendere più autorevole e credibile una trama dai richiami soprannaturali.

A tale proposito: “Io non sono di nessuna epoca e di nessun luogo, al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza e se mi immergo nel mio pensiero, rifacendo il corso degli anni, se proietto il mio spirito verso un modo di vivere lontano da colui che voi percepite, io divento colui che desidero”.

Nella miniserie televisiva, troviamo di frequente il simbolo della civetta, molto diffuso negli ambiti dell’occultismo e della preveggenza. Si crede che questo animale sia in grado di infondere poteri magici e di mettere in contatto l’individuo con la dimensione degli spiriti.

Per queste sue particolari qualità, la civetta è raffigurata sul medaglione, che ogni cento anni è capace di donare l’immortalità a chi è predestinato al suo ritrovamento ma che, in caso di fallimento, è condannato inesorabilmente ad una morte certa, contro questo terribile presagio il professor Foster dovrà lottare.

Alcune scene del Segno del Comando che allora mi risultarono terrificanti, al giorno d’oggi potrebbero mi inducono al sorriso. Quando non c’era l’Auditel, quando non c’era Mediaset, la Rai trasmetteva questo magico sceneggiato ambientato in una suggestiva Roma e batteva tutti gli ascolti sia quelli di ieri che di oggi.

Da un inizio logico , il ritrovamento di alcuni diari di Byron, si sviluppa una storia seducente ma tutta inventata.

Byron era noto come il “poeta maledetto e come tutti gli intellettuali del diciannovesimo secolo aveva vissuto diversi anni in Europa e frequentava persone strambe. Era quindi il soggetto ideale.
Come non cercare di capire dove possa essere questa misteriosa “Piazza con Rudere romano, Chiesa rinascimentale e Fontana con delfini”? E come resistere alla tentazione di cercare la Taverna dell’Angelo e passarci una serata?

Ma Lucia è fatta di sogni o realtà? Lucia è fatta del sogno di un amore eterno e alla fine, in una marea di personaggi alquanto bizzarri e assurdi, è proprio lei la più reale.

Ugo Pagliai era bravissimo calato nel ruolo del professore, e che spettacolo che era il suo sguardo perennemente allucinato!

Ma che dite, esistono davvero i luoghi dello sceneggiato? Provate, sono lì per chi vorrà fare un “tour” del mistero la prossima volta che capiterà a Roma.

Angela Amendola

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