“Il paese interiore” di Marinella Vitale

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Qualche giorno fa è stato diffuso gratuitamente su facebook un avvincente cortometraggio con la regia di Luca Calvetta, il testo di Vito Teti, la fotografia e il montaggio di Massimiliano Curcio, la recitazione di Ascanio Celestini.

Un documento poetico in cui c’è dentro la nostra Calabria, coi suoi contrasti, coi suoi abbandoni, i suoi riti, le superstizioni, gli ultimi artigiani, i canti antichi…

C’è dentro la nostalgia dell’antropologo Vito Teti, autore del saggio “Nostalgia. Antropologia di un sentimento presente“, premessa ineludibile del film, il suo restare e il suo partire, il suo amore per la nostra Terra …

Un viaggio affascinante in quella terra della Calabria che ci appartiene, che sentiamo nostra, senza retorica o mitizzazioni: non possiamo e non vogliamo nasconderci le piaghe endemiche della ‘ndrangheta, la mancanza di lavoro, gli innumerevoli falansteri che attendono da decenni di essere terminati …

Nel filmato non c’è l’inafferrabile proustiano, fantasma del tempo passato, ma un calarsi nella nostra realtà con i sensi e la testa, cogli occhi, il sentimento e nel contempo la lucidità dell’antropologo che osserva, scruta, rimpiange, condanna ma sempre ama questa nostra terra.

Il filo rosso che unisce immagini e racconto diventa mezzo di introspezione del sé più profondo e di un mondo che sembra scomparso ma che scomparso non è.

La mnemosine degli antichi Greci ritorna come memoria dei luoghi, degli uomini, del mondo intero; lo sguardo si allarga dalla stanza-mondo di Vito Teti, nel paesino di San Nicola da Crissa, ad un universo globale, in cui traduce le memorie di una Calabria di cui lo studioso vuole essere testimone, di cui si sente uno degli ultimi superstiti.

Nella sua vita appaiono, in controluce , tante altre vite: quelle di chi resta e di chi parte, storie di emigrazione, di abbandoni, a volte di ritorni, come quello del padre, partito per il Canada, che potrà abbracciare solo a otto anni.

Come tanti suoi compagni che negli anni cinquanta migrano in Paesi lontani….. La piaga dolorosa, secolare dell’emigrazione, che ha privato la nostra terra di braccia e intelligenze, ha spopolato, frantumato paesi di questa Calabria inquieta …di una popolazione inquieta…; così i luoghi della sua infanzia, che avevano un senso, il luogo delle ciliegie e dei funghi, delle fragole, contengono un mondo, ogni luogo contiene un mondo …

Sfilano, in un intreccio che è poesia, i riti sacri, la statua della Madonna “alluttata” portata a braccia nella processione, i salmodianti incappucciati vestiti di bianco, le pecore di un mondo contadino che in alcuni Paesi calabresi appare memoria archeologica, le mani sapienti degli ultimi artigiani della creta, le superstizioni, con le immagini delle ultime “magare“ che interrogano il futuro col rito dell’acqua e dell’olio, il suono della fisarmonica che si diffonde per le strade, il canto antico, che affonda nella notte dei tempi, di una donna, forse tramandato oralmente dai nonni e dai nonni dei nonni.

Ma anche pilastri, intonaci, case incompiute, in questa Calabria che ha una storia di rovine e di catastrofi.

La fine di una civiltà, cui non corrisponde, dice Teti, il passaggio a una storia migliore, ma che purtroppo segna il passaggio “dall’umanità a una non umanità”.

La nostalgia per quel mondo che sembra scomparso è, per l’antropologo, la chiave attraverso la proiezione nel presente e nel futuro dei valori e la bellezza di un passato che non è tutto una zavorra di cui disfarsi: una nostalgia rigenerativa che reinventi la nostra realtà, guardando anche alla storia, al paesaggio, a una natura che abbiamo devastato, respingendo i modelli omologanti di una modernità che non si traduce sempre in civiltà, mettendo in dubbio le nostre certezze nelle “magnifiche sorti e progressive”, riscoprendo le nostre fragilità.

La strategia per non perdere la strada, dice Teti, è “il viaggio”, il sogno, anche utopico, essere disponibili all’ incontro con l’altro, tenendo presente una meta.

Congiungendo quanto di bello c’è nel nostro passato al presente rinnovato , “senza ingenuità e proclami liturgici”, aprendoci all’amore per la vita, per l’Umanità tutta, per le piante, per le stelle.

Le ultime parole nel filmato mi riportano a quella parola che conclude le tre cantiche della Commedia di Dante : stelle, una parola che nel suo etimo (sidera) contiene la parola desiderio.

La Commedia è il poema dell’amore e del desiderio, che ci indica un percorso per giungere alla salvezza in senso cristiano.

Anche Teti ci indica, laicamente, la strada da seguire, quella dell’ amore per gli altri, un amore universale, che abbracci gli uomini e la Natura tutta, la nostra Terra.

Questo – dice lo studioso – dipende da noi.

Marinella Vitale 

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