Francesca e la sindrome “dell’Epoca d’oro”

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Francesca, aveva sempre sognato di vivere nell’Ottocento. Amava l’idea di vestirsi con eleganti abiti vittoriani, di passeggiare per i maestosi giardini di quell’ epoca romantica e di partecipare a sfarzose feste di corte.

Era affascinata dalla delicatezza e raffinatezza delle donne di quell’epoca, che sembravano vivere in un mondo di lusso e romanticismo. Ammirava la loro grazia e la loro capacità di destreggiarsi tra ruoli sociali ben definiti, pur desiderando una maggiore libertà e indipendenza per sé stessa.

La giovane donna trascorreva le sue giornate immaginando di passeggiare per le strade di una grande città europea, Parigi o Londra, indossando un sontuoso abito e di essere corteggiata da nobili e gentiluomini.

Sognava di essere una delle protagoniste dei romanzi romantici che amava leggere, di vivere una vita travolgente come quelle descritti nelle pagine dei suoi libri preferiti.

Ma nonostante il suo desiderio ardente di immergersi in quell’epoca tanto affascinante, Francesca sapeva che la realtà dell’Ottocento non era così idilliaca come sembrava.

Le donne erano costrette a vivere in una società rigidamente patriarcale, in cui il ruolo principale era quello di moglie e madre, privandole di molte delle libertà che lei tanto apprezzava.

Allo stesso tempo, era affascinata dai racconti della vita di quell’epoca, con i suoi abiti sontuosi, i balli , le incantevoli sale da tè e la nobiltà che dominava la scena.

Spesso indossava ,in casa da sola, abiti in stile vittoriano, con gonne ampie e corsetti stretti che evidenziavano la sua femminilità. Ogni giorno amava passeggiare nei giardini della sua città, ben curati, immergersi nella lettura dei romanzi di Jane Austen. Le pagine ingiallite dei romanzi di Jane Austen e le illustrazioni di donne con corsetti e cappelli a falda, la affascinavano e partecipava a tal proposito, a eleganti feste in maschera a Carnevale.

Francesca desiderava tanto essere una di loro, una signora vittoriana, con un segreto nascosto in fondo al cuore.

Si immedesimava, così tanto, in quel periodo storico che spesso si ritrovava a sentirsi fuori luogo nel suo mondo, quello moderno.

La sua anima era intrisa di romanticismo e nostalgia per un passato che non aveva mai vissuto.

E Francesca, trovava conforto nei piccoli dettagli che le ricordavano l’epoca che tanto amava: tè servito in porcellane finemente decorate, musica classica suonata al pianoforte e lettere scritte a mano, con inchiostro nero.

Osservava il mondo attraverso la finestra della sua dimora, un’elegante casa con tende di pizzo e mobili in legno intarsiato.

Ma la realtà era ben diversa, Francesca viveva nel XXI secolo, circondata da tecnologia e frenesia. Le donne di oggi erano libere di studiare, lavorare e scegliere i propri destini. Tuttavia, lei sentiva che qualcosa mancasse. Forse era la semplicità di un tempo passato o la bellezza delle tradizioni che la attirava.

Un giorno, mentre passeggiava nel parco con il suo cagnolino ,incontrò un anziano signore con baffi candidi e occhi saggi, sembrava appartenere a un’altra epoca. Parlava di cavalli da traino, balli in maschera, ventagli dietro i quali le donne nascondevano il viso e lettere scritte a mano.

Francesca lo ascoltava rapita, immaginando di danzare con lui sotto i lampadari di cristallo di una grande sala da ballo.

L’uomo le raccontò di una donna vittoriana di nome Lady Isabella, una pittrice talentuosa e ribelle. Isabella aveva sfidato le convenzioni sociali, indossando pantaloni e viaggiando da sola per l’Europa. Era stata ammirata e criticata, ma aveva vissuto secondo il suo cuore.

Francesca doveva trovare un modo per unire il passato e il presente.

Così, iniziò a dipingere. Creò quadri ispirati alle opere di Lady Isabella, ritraendo donne forti e misteriose. Espose le sue opere in una galleria d’arte e attirò l’attenzione di un ricco collezionista. Francesca vendette i suoi quadri e si finanziò un viaggio in Inghilterra.

A Londra, Francesca visitò dimore vittoriane, indossò abiti d’epoca e partecipò a balli in maschera. Si immerse nella cultura e nella storia che tanto amava. Ma quando tornò a casa, si rese conto che il suo cuore apparteneva a entrambi i mondi, al passato e al presente.

Continuò a dipingere e a scrivere storie di donne vittoriane. La sua casa si riempì di oggetti d’antiquariato e fotografie ingiallite. Aveva realizzato il suo desiderio di vivere nell’età vittoriana, anche se solo in parte.

Diventò una donna che abbracciava il passato senza rinunciare alle conquiste del presente. Aveva imparato che la vera bellezza risiedeva nell’equilibrio tra tradizione e progresso, tra sogno e realtà.

La sindrome dell’Epoca d’oro, è una “malattia” insita dell’animo umano, la mitizzazione di un glorioso passato ormai perduto. La proiezione della propria insoddisfazione in un tempo mai vissuto, in cui rifugiarsi e su cui fantasticare. In altre parole, è l’idea che un diverso periodo storico sia migliore di quello in cui viviamo. Questo sentimento può farci pensare che “si stava meglio quando si stava peggio,” ma in realtà ogni epoca ha le sue sfide e le sue opportunità.

Angela Amendola

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