Siamo nel 1946, la fine della Seconda Guerra Mondiale è ormai alle spalle della storia italiana, anche se le vicissitudini appena trascorse, sono ancora vive, nella carne e nei cuori delle genti, troppo presto per definirli ricordi.
Cumuli di macerie sparse ovunque lo sguardo si volge e morti da seppellire e da piangere, tanti i morti, troppi.
Miseria disseminata come campi abbandonati dalla mano del contadino, divenuti ormai aridi, che non danno più frutti.
Voglia il cielo che, l’uomo conosca tanta miseria e sventura, è inaudito!
Lo scenario che fotografa la fine del conflitto mondiale, se pur apocalittico, non mette a tacere la speranza di ricominciare, la caduta del regime fascista e la libertà appena conquistata, riaccende con determinazione la voglia di ricostruire il Paese.
Era un punto di partenza notevole, non più restrizioni e coprifuoco, non più bombe sulle case, non più la paura di manifestare le proprie idee… non è cosa da niente, come potrebbe sembrare.
La gente se pur piegata in due dalla fame e le notevoli difficoltà d’affrontare, tirò fuori lo spirito di sopravvivenza, manifestato con la solidarietà condivisa, e la pari condizione di povertà, comune alla maggior parte delle persone è stato il sentimento provvidenziale, capace di soffocare iniquità caratteriali, poco opportune al momento, bisognava rialzarsi.
Il ruolo della donna durante la guerra, così come nel periodo della resistenza e subito dopo il conflitto, fu determinante, anzi fondamentale.
Rimaste da sole nei luoghi di appartenenza a badare ai propri figli, i più piccoli, mentre i mariti e i figli maschi più grandi combattevano una guerra tanto ingiusta, quanto inutile, come tutti i conflitti del resto, non furono giorni lieti.
Mussolini, da sempre contrario al lavoro femminile, “diede finalmente il permesso” alle donne di lavorare: non vi era una posizione lavorativa, che non poteva essere occupata dal gentil sesso, questo almeno fino al 1941.
Da quel momento in poi, quando il conflitto mondiale divenne più critico, lo scenario sociale ed economico mutò drasticamente e, di conseguenza, reperire generi di prima necessità divenne difficilissimo.
Trovare cibo, medicine e riparo nei rifugi durante le ore del coprifuoco, era questa la consuetudine della donna, nelle ore del giorno e della notte, in quel periodo.
Nonostante il vivere difficile, non si sono sottratte a soccorrere feriti, leggere le lettere che giungevano dal fronte, attese dai familiari con trepidazione e paure, si adoperavano nella raccolta di alimenti di prima necessità, per chi non aveva nulla.
Un’impresa interminabile senza sosta e senza risparmio di energie.
Il compito più ingrato era quello di dare la notizia dei caduti in guerra ai familiari, pensando con forte patema d’animo al proprio marito o ad un figlio al fronte e al suo destino.
L’impegno della donna divenne ideologico e necessario nel periodo della resistenza, quando dopo il 1943 le idee antifasciste, cominciarono a concretizzarsi nella lotta armata, vista come l’unica possibilità, per ostacolare il regime nazifascista.
Durante il periodo della resistenza partigiana, la donna ebbe un ruolo importane; alcune presero parte attiva alla lotta armata, altre, foraggiavano i partigiani rifugiati sulle montagne o nascosti nei paesi limitrofi, mettendo a repentaglio la propria vita.
Trasportavano, tutto quello che riuscivano a reperire e ritenevano utile all’attività dei guerriglieri, cibo, coperte, abiti pesanti, medicine, munizioni e messaggi importanti… le famose staffette, che tutti noi ricordiamo.
Donne eroiche, pronte ad affrontare qualsiasi pericolo, per proteggere chi lottava per la libertà.
Il resto della giornata il mestiere di madre, continuava come sempre, le ore della sera, illuminate con fioche lampade a petrolio venivano impiegate a disfare vecchi maglioni di lana e rifatti da capo, nulla andava perso, l’opera di riciclo era d’importanza vitale, piccoli attimi d’amore per sentirsi utili alla causa per liberazione.
A fine conflitto, con la libertà ormai conquistata, la visione sulla donna, da parte dell’uomo cambia, il suo impegno, viene riconosciuto e per la prima volta, uomini e donne italiani, sono chiamati a partecipare alla votazione del Referendum, per l’abrogazione della monarchia e la nascita della Repubblica Italiana, che avvenne il 2 giugno 1946.
L’Italia, chiude così, un doloroso capitolo con la storia precedente, che si organizza, per darsi nuove regole, un nuovo Governo, basato sui valori democratici per stabilire e tutelare la liberta individuale e i diritti umani e civili.
Esattamente così con queste premesse, la donna, beffata precedentemente da una legge del 1925, istituita dal regime fascista, il quale pur concedendole il diritto al voto, limitato solo alle amministrative, non esercitò almeno per quel periodo, la sua conquista, poiché il regime soppresse l’anno seguente le votazioni.
Il decreto che determinerà il diritto alla donna di partecipare alle competizioni elettorali e di essere anch’essa parte integrante della vita politica, arriverà il 31 gennaio 1945, emanata dal Consiglio dei Ministri, presieduto da Ivanoe Bonomi.
Il 2 giugno del 1946, le donne votarono per il Referendum istituzionale e per le elezioni dell’Assemblea Costituente.
Bisogna ricordare che, precedentemente a questa data storica per l’Italia, le donne avevano già preso parte alle elezioni amministrative, raggiungendo un risultato discreto elette nei consigli comunali.
Inizia così una importante svolta per la storia delle donne, che le vede protagoniste nell’impegno politico e sociale.
Su 556 deputati, 21 donne furono elette all’Assemblea Costituente e al Senato della Repubblica italiana e di seguito ricordate, come madri della Costituente. Insegnanti, giornaliste, dottoresse, artigiane, casalinghe, attiviste di partito e della resistenza, contribuirono alla nascita dell’Italia democratica fondata sui principi della libertà, sul diritto al lavoro, all’uguaglianza e sulle pari opportunità tra uomini e donne.
Il pensiero femminile entra finalmente nel Parlamento Italiano.
Qui di seguito le 21 donne della Costituente:
- Teresa Noce nata a Torino, 45 anni, Operaia: PCI
- Leonilde Iotti nata a Reggio Emilia, 26 anni, Dottoressa in Lettere e Insegnate: PCI
- Nadia Gallico Spano nata a Tunisi, 30 anni, Funzionaria del Partito: PCI
- Angela Gotelli nata a Albareto (Parma), 41 anni, laureata in Lettere e Insegnante: DC
- Angela Maria Guidi nata a Roma, 49 anni, laureata in lettere e Ispettrice del lavoro: DC
- Teresa Mattei nata a Genova, 25 anni, Dottoressa in Filosofia: PCI
- Angelina Merlin nata a Pozzonovo (Padova), 58 anni, Professoressa: PSI
- Angelina Minella nata a Torino, 26 anni, Dottoressa in Lettere: PCI
- Rita Montagnana nata a Torino, 51 anni, Artigiana: PCI
- Maria Nicotra nata a Catania, 33 anni, Casalinga: DC
- Teresa Noce nata a Torino, 45 anni, Operaia: PCI
- Ottavia Penna nata a Caltagirone (Catania), 39 anni: Fronte dell’Uomo Qualunque
- Elettra Pollastrini nata a Rieti, 38 anni, Impiegata: PCI
- Maria Maddalena Rossi, nata a Codevilla (Pavia), 39 anni, Dottoressa in Chimica: PCI
- Vittoria Titomanlio nata a Barletta (Bari), 47 anni, Insegnante: DC
- Bianca Bianchi nata a Vicchio (Firenze), 32 anni, laureata in Pedagogia e Insegnante: PSI
- Laura Bianchini nata a Castenodolfo (Brescia), 43 anni, Giornalista: DC
- Adele Bei nata a Cantiano(Pesaro),42 anni, Operaia: PCI
- Elisabetta Conci nata a Trento, 51 anni, Dottoressa in lettere e insegnante: DC
- Maria De Unterrichter nata a Osanna (Trento), 43 anni, Dottoressa in lettere, Insegnante: DC
- Filomena Delli Castelli nata a Città Sant’Angelo (Pescara),29 anni, Dottoressa in materie Letterarie: DC.
Francescarita Bartoletta
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