“La casa sul confine della sera
Oscura e silenziosa se ne sta
Respiri un’aria limpida e leggera
E senti voci forse di altra età
La casa sul confine dei ricordi
La stessa sempre, come tu la sai
E tu ricerchi là le tue radici
Se vuoi capire l’anima che hai
Quanti tempi e quante vite sono scivolate via da te
Come il fiume che ti passa attorno
Tu che hai visto nascere e morire gli antenati miei
Lentamente, giorno dopo giorno
Ed io, l’ultimo, ti chiedo se conosci in me
Qualche segno, qualche traccia di ogni vita
O se solamente io ricerco in te
Risposta ad ogni cosa non capita
Risposta ad ogni cosa non capita
Ma è inutile cercare le parole
La pietra antica non emette suono
O parla come il mondo e come il sole
Parole troppo grandi per un uomo
E te li senti dentro quei legami
I riti antichi e i miti del passato
E te li senti dentro come mani
Ma non comprendi più il significato
Ma che senso esiste in ciò che è nato dentro ai muri tuoi
Tutto è morto e nessuno ha mai saputo
O solamente non ha senso chiedersi
Io più mi chiedo e meno ho conosciuto
Ed io, l’ultimo, ti chiedo se così sarà
Per un altro dopo che vorrà capire
E se l’altro dopo qui troverà
Il solito silenzio senza fine
La casa è come un punto di memoria
Le tue radici danno la saggezza
E proprio questa è forse la risposta
E provi un grande senso di dolcezza”
Francesco Guccini
La casa è come un punto di memoria ci insegna Guccini, è il luogo dove si ride e si piange, dove si nasce e si muore.
A volte luogo di dannazione e di tormento se le persone vivono rapporti turbolenti e conflittuali.
Ma è anche nido da cui spiccare il volo verso il mondo.
Ogni mobile, ogni suppellettile, ogni angolo, rimanda un ricordo e un’emozione, è un piccolo tesoro, il nostro, costruito con sudore e fatica.
Da entità fisica diventa nella nostra mente un simbolo, ricettacolo della nostra intimità, un simbolico utero che ci accoglie e in cui evolviamo.
Ma da qualche mese a causa dell’emergenza sanitaria da coronavirus, la casa rischia di fagocitarci e farci troncare i rapporti con i nostri simili, ribadirlo è retorico: l’uomo è un animale sociale e ha bisogno del contatto con i propri simili.
Uscire nuovamente dopo mesi di quarantena, ha provocato una sensazione mista di paura, insicurezza e ansia.
Questo fenomeno in psicologia è definito Sindrome della Capanna o del Prigioniero, e si tratta di un particolare fenomeno che può manifestarsi in seguito a lunghi periodi di distacco dalla realtà.
È un malessere che sta interessando un gran numero di persone in questo specifico momento di ripresa dopo il lungo lockdown.
Si parla di un milione di italiani e ci si riferisce ad uno stato di smarrimento che implica la voglia di continuare a rimanere al sicuro nel proprio rifugio, a casa.
Il fenomeno psicologico è provocato dallo stress di ritornare nel mondo, dell’angoscia di uscire da un ambiente sicuro, come quello della propria abitazione.
Questa sindrome provoca disorientamento dovuto al riprendere contatto con il mondo esterno e include la paura di poter contrarre il virus e la difficoltà a riprendere i ritmi quotidiani.
Gli psicologi sono certi che il fenomeno interesserà sempre più persone, maggiormente quelli di mezza età e anziani.
Ma capita spesso anche a me di pensare cosa ancora ci aspetta, se saremo costretti a rinchiuderci nuovamente in casa.
Quando potremo rifare le stesse cose che erano la nostra vita quotidiana prima di scivolare in questo incubo, e non vedere più l’altro come un probabile untore.
Vivere di nuovo senza nessun rischio, perchè un anno è volato così tra chiusure, distanze e maschere sul volto e per molti sul cuore…
Tutto è cambiato, chi abita il mondo ha perso la voglia di vivere.
Cosa resterà in noi di ciò che stiamo vivendo? Solo una grande cicatrice sul cuore…
Angela Amendola