Daniela Marzano incontra Giulio Peranzoni, uno dei più abili illustratori italiani

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Giulio Peranzoni, uno dei più abili e versatili illustratori italiani

Milanese classe ’52, Giulio Peranzoni è uno dei più abili e versatili illustratori italiani. La sua carriera è passata, vivendo anche in prima linea uno dei periodi più fervidi della storia italiana (era adolescente durante il periodo sessantottino), da fare l’illustratore per i giornalini e i volantini di partiti e sindacati, a realizzare le strisce domenicali del giornale La Repubblica, fino a diventare illustratore ufficiale del giornale l’Unità e disegnatore di tavole per l’editoria scolastica.

I suoi compagni di avventura sono nomi che hanno fatto la cosiddetta “Milano da bere”, da Michele Serra a Aldo di Gennaro, da Franco Malaguti ad Angelo Stano (Dylan Dog).

Non da meno coltiva anche la passione per la pittura e la scultura, oltre che una sensibilità per le innovazioni tecnologiche ed un grande attivismo politico e sociale.

Attualmente vive e lavora a Massa.

Giulio Peranzoni, vorresti precisare il ruolo del vero illustratore, in un mondo come quello attuale dove, anche grazie ai computer, ormai c’è una confusione di competenze e di ruoli?

Un vero illustratore è un disegnatore che è in grado, con il proprio stile e la propria tecnica, di rappresentare realisticamente la realtà così come riuscire a dare forma ed espressione ad una idea. Occorre una grande tecnica che solo il disegnare continuamente di permettere di farlo. Ammetto che non è facile comunque passare come ho fatto io da una vignetta umoristica ad una tavola didattica per libri di testo, ma questo sta alla sensibilità della mano dell’artista. Direi che l’illustratore è proprio un vero e proprio artista.

Infatti la tua esperienza professionale è stata molto varia…

 Io ho vissuto un periodo a Milano dove c’era un grande fermento dal punto di vista creativo ed economico. All’epoca lavoravo parallelamente come illustratore per il giornale (La Repubblica prima e l’Unità dopo), e per l’editoria scolastica (per la Bruno Mondadori Editore). Ma avevo richieste anche dalle grandi agenzie di pubblicità, anche se il ruolo dell’illustratore per loro era marginale e le prestazioni saltuarie.

In realtà ciò che mi ha davvero formato come illustratore sono state tutte le esperienze fatte per conto dei gruppi politici a cui appartenevo e per il sindacato, che usavano giornalini, fumetti e volantini illustrati per diffondere le loro idee.

Ho sempre rivestito ruoli attivi sia in politica che nel sindacato quando lavoravo nell’industria edilizia prima e metalmeccanica dopo.

Da cosa è derivata questa grande passione per il disegno e quando hai scoperto di avere un grande talento?

Da piccolo non posso dire di essere stato un grande appassionato di disegno. Durante le scuole medie poi non sono stato nemmeno incentivato dai professori (il primo anno il professore mi diede 3 in disegno), anche se poi mi si aprì un mondo quando un mio amico mi fece conoscere la pittura ad olio e iniziai a dipingere le prime tele che regalavo ai parenti. Diciamo che sono stati loro i miei primi sostenitori. Vista anche la mia bravura per la matematica, considerando che la famiglia operaia degli anni ’70 aveva il mito di un posto in banca per il figlio (cosa molto frequente in un periodo che segnava il passaggio dal periodo post-industriale al terziario avanzato), mi iscrissi a ragioneria e ottenni il diploma. Facevo caricature ai professori e vignette, scrivevo sul giornalino della scuola, ma la cosa che fece la differenza fu la preside (una ex-partigiana appassionata di pittura) che credette in me e nelle mie potenzialità.

Quando vide i quadri che portavo ogni tanto ai miei amici ha voluto che facessi una mostra all’interno della scuola e poi, essendo lei a capo di un circolo di poeti, iniziò a chiedermi di poter illustrare pubblicazioni di poesie, organizzandomi infine anche delle mostre.

Ottenni anche per una di quelle (erano gli inizi anni ’70) l’Ambrogino d’argento, un riconoscimento del Comune di Milano per la mia prima personale in pieno centro in corso Magenta.

All’epoca disegnavo molto in bianco e nero con la china, non avevo ancora l’esplosione del colore che è arrivato dopo. Finita la scuola iniziai l’attivismo politico.

Attivismo politico che ti è servito, oltre che come scuola di vita, come scuola di disegno?

Decisamente. Quando conclusi la ragioneria c’era ancora l’onda lunga del ’68 e iniziai l’impegno politico. Feci parte dei gruppi extra-parlamentari, dagli anarchici al PDUP fino al PCI.

Non avevo ruoli di punta per la mia timidezza, ma ero il creativo ufficiale di volantini e giornalini.

Era anche il periodo in cui mi ero innamorato dei murales (in pratica l’anticipo dei graffittari), affascinato dalle opere dei più grandi muralisti messicani e cubani. Poi venne la moda dei murales cinesi e dei dazibao (giornali murali). Mi esaltava l’idea di fare delle opere d’arte che venissero fruite gratuitamente dalla gente. Fu in quel periodo che iniziai a coltivare la passione dell’arte iscrivendomi al corso serale dell’Istituto d’Arte applicato all’industria, che all’epoca era nei sotterranei del Castello Sforzesco. Nei quattro anni di scuola giravo in tutti i corsi, dall’affresco al mosaico, fino a quando mi innamorai dell’aerografo.

Preso il diploma divenni prima assistente e poi ebbi la cattedra di illustratore di aerografo. Iniziai a fare parte del direttivo dell’Associazione Illustratori italiani e mi elessero presidente per due mandati, dal 1992 al 1998. Fu grazie a quell’incarico che ebbi modo di conoscere tutti i più grandi illustratori italiani e ottenni anche la cattedra all’IED – Istituto Europeo di Design di illustrazione prima e computer grafica dopo, che ricoprii per svariati anni, e anche alla Scuola di Fumetto.

Come sei passato quindi a fare il disegnatore per le testate?

Questo lo devo al mio ruolo sindacale. Nelle ditte dove iniziai a lavorare dopo il diploma, una ditta di edilizia prima e l’Ansaldo dopo, ebbi il ruolo di rappresentante sindacale. Ebbi modo di frequentare sia operai che impiegati ed infine geometri, quando mi misero a seguire i cantieri. Si disegnava molto sui giornaletti della CGIL e della Federazione Lavoratori Metalmeccanici, soprattutto vignette. Poi a metà degli anni ’70, in vista del tesseramento per l’anno successivo, decidemmo di cambiare politica comunicativa e decidemmo di trasformare il volantino in una striscia a fumetti, un linguaggio che andava molto tra i giovani all’epoca. La cosa fece scalpore al punto che avemmo critiche su tutti i più importanti giornali che, in realtà, nonostante la polemica mi fecero da cassa di risonanza. Mi contattò il direttore di Repubblica che, apprezzando il mio lavoro, mi proposte una striscia domenicale all’americana sul giornale. Da lì arrivarono le proposte dalla Mondadori ed altre case editrici scolastiche. Poi, da Franco Malaguti, arrivò la proposta di illustrare la cronaca nazionale de l’Unità. Mi diedero un ufficio all’ultimo piano, dove lavorava anche Michele Serra, ma mi capitava di girare l’Italia a disegnare eventi di cronaca dei quali non si avevano foto. Abbandonai, con il benestare dei colleghi, il mio ruolo di sindacalista e l’industria per dedicarmi totalmente al disegno. Sicuramente la scuola giornalistica è stata una grande palestra perché dovevi adattarti al pezzo. Ho anche realizzato per la Disney delle cartoline che si vendevano in autogrill.

Il settore dell’editoria scolastica è quello che ti dà maggiori soddisfazioni?

In realtà la cosa che amo fare maggiormente sono le illustrazioni realistiche. Comunque l’editoria per la scuola è un mercato molto attivo perché i libri vengono cambiati continuamente. Dopo la Mondadori, che divenne Pearson, lavorai per altri editori e iniziai la collaborazione con la Zanichelli che continua tuttora. Sempre appassionato di tecnologia, ora ho creato animazioni con la tecnica del videoscribe (i disegni che si generano da una mano animata). Comunque dal Commodore 64 ad oggi non ho mai smesso di disegnare in digitale, con Painter e la tavoletta grafica.

C’è un aneddoto che ci vuoi raccontare?

Mi ricordo la polemica con Umberto Eco a proposito delle illustrazioni scolastiche che lui riteneva inutili orpelli in un vero libro di testo. La mia risposta fu talmente significativa che venne anche pubblicata sul giornale, sebbene non ebbe mai una sua replica.

Per motivi familiari hai lasciato Milano e ti sei trasferito a Massa, dove lavori come libero professionista: cosa ti manca di quel mondo?

Quello che mi manca di più è l’insegnamento. Mi piacerebbe riprendere ad insegnare per lasciare ai ragazzi un po’ delle mie conoscenze e esperienze, nonché farli appassionare ad un lavoro che non annoia mai. Poi mi manca vedere le illustrazioni sui giornali: il mondo moderno è dominato dalle foto ma in quelle vignette c’era della poesia.

Hai abbandonato anche il tuo impegno politico?

Dagli anni ‘80 in poi l’entusiasmo politico è andato scemando, non riuscendo più a riconoscere nella moderna politica gli ideali che mi hanno sempre ispirato. Dopo aver conosciuto Daniele Biacchessi, giornalista, scrittore e conduttore, che da anni anche con una sua associazione si dedica al teatro civile (raccontando i fatti salienti della storia italiana moderna), ho deciso anch’io di impegnarmi per il recupero (e l’illustrazione) della memoria. Con lui abbiamo realizzato mostre, un film sui partigiani (“L’Italia Liberata”) e sul “L’altra America di Woody Guthrie”, ed abbiamo dato vita anche ad un teatro con disegno in sincrono degli attori sul palco.

Come sarà il Peranzoni del futuro?

Sicuramente alla ricerca delle innovazioni tecnologiche. Mi affascina la realtà aumentata che nell’editoria scolastica equivale ad un vaso di Pandora. In passato ho realizzato dei livebook (un DVD con reading dal vivo) e il Live Digital Painting (una nuova tecnica narrativa illustrata). Ho realizzato anche delle “pareidolie”, disegni nati dall’elaborazione di elementi naturalistici dove ci intravedo delle figure (es. radici di alberi). Poi continuerò con il recupero della memoria e mi piacerebbe realizzare una mostra di miei quadri, che in isolamento Covid ho ricominciato a dipingere in grande quantità.

Daniela Marzano per ScrepMagazine

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Daniela Marzano
Sono docente di ruolo da vent'anni, in congedo per Dottorato di RIcerca. Gli approfondimenti e la curiosità mi spingono sempre ad andare oltre. Sono giornalista iscritta all'ODG Toscana e scrivo per il quotidiano "Il Tirreno". Mi occupo da trent'anni di tecnologie per la didattica, editoria, grafica e comunicazione digitale, facendo formazione per molti enti e categorie professionali, principalmente per il personale scolastico. Dopo una laurea in Formazione Multimediale, ho acquisito una laurea specialistica in Cinema, Teatro e Produzione Multimediale e il Diploma di Laurea in Tecnologie per l'arte e culture digitali all'Accademia di Belle Arti di Carrara. Ho conseguito diverse specializzazioni e master nel campo del digitale, ma il cinema, la musica, l'animazione e l'arte sono i settori per i quali nutro una grande passione. Sono Presidente dall'APS Apuania Film Commission - ETS iscritta al RUNTS, che ho fondato per promuovere il patrimonio artistico, paesaggistico e culturale del mio territorio attraverso gli audiovisivi e con la quale organizzo eventi di spettacolo e di promozione culturale. www.danielamarzano.it - www.apuaniafilmcommission..it

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