Ciao Stefano. A noi restano “Solo cari ricordi”

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È arrivata venerdì sera la notizia della morte improvvisa di Stefano D’Orazio, il batterista componente dei Pooh.

Pochi mesi fa, insieme al suo amico fraterno Roby Facchinetti, aveva interpretato la canzone «Rinascerò, rinascerai», brano scritto per la città di Bergamo, martoriata nei primi mesi del 2020 dal Covid-19.

Un testo sincero e commovente, pieno di rispetto per chi stava soffrendo in quei mesi.

Stefano D’Orazio è morto in ospedale a Roma, all’età di 72 anni.

Era malato da tempo ma le sue condizioni sono peggiorate dopo essere stato contagiato da Covid-19.

Non aveva figli anche se sentiva come sua, la figlia della sua ex compagna Lena Biolcati.

Si era sposato tre anni fa con Tiziana Giardani e la testimone di nozze era stata la sua grande amica Barbara D’Urso.

Il tam tam sui social della notizia quella notte ha lasciato noi fan interdetti.

Ed è dolore e tristezza quello che noi, fan dei Pooh proviamo da due giorni.

Abbiamo tanta nostalgia dei bei momenti vissuti insieme alla loro musica, nostalgia che sto provando io ora, mentre la radio manda una loro canzone: “La ragazza con gli occhi di sole“, cantata proprio da lui.

Sono cresciuta con la loro musica, ho assistito a diversi loro concerti ed ogni volta durante alcuni dei loro brani, le mie lacrime scendevano copiose.

Le loro canzoni continuano ad accompagnare, dopo decenni, molti di noi.

Non so definire, tra le centinaia di brani pubblicati nel corso degli anni quali siano le più belle, lo sono tutte. Certo è che, i testi di alcuni brani, si sono avvicinati molto al sociale.

Nel 1976 i Pooh incisero “Pierre“, bellissima canzone scritta da Roby Facchinetti insieme al leggendario Valerio Negrini autore di quasi tutte i loro successi.

Pierre“, pubblicata nell’album “Poohlover”, racconta la storia di un amico d’infanzia che, già da piccolo, mostrava segnali di diversità rispetto ai suoi coetanei.

Era palese la tristezza di quel ragazzo che non si sentiva a proprio agio in quelle vesti. Insoddisfazione che con gli anni lo ha portato a trovare la sua vera identità solo mediante trucco e abiti femminili.

L’amico lo scopre per caso, una sera e Pierre quasi imbarazzato abbassa gli occhi per timore.

Nel brano si fa, riferimento a quelle maschere che ogni uomo è costretto a portare per farsi accettare da una collettività che non ammette diversità di alcun tipo.

Il titolo Pierre forse per rifarsi alla maschera di Pierrot, la maschera malinconica e sofferente come il protagonista.

Ma la tappa più importante per loro è datata 1990, quando i Pooh decidono di partecipare al 40° Festival di Sanremo.

Hanno un pezzo che rimarrà nella storia musicale e che non può avere palcoscenico migliore che l’Ariston, per essere presentata al pubblico.

La canzone in questione è “Uomini soli” …

La canzone tratta i temi degli emarginati e della solitudine degli uomini dovuta alle più disparate motivazioni come possono essere paure, scelte sessuali, di religione, o anche a cause relative a terze persone come può essere una madre possessiva o un amore sbagliato.

Il testo invoca anche la figura di Dio, l’unico in quanto creatore, a poter cambiare il destino di questi uomini.

Un pezzo che, accompagnato da una musica convolgente, arriva subito nella mente e nell’anima di chi la ascolta grazie anche alla profondità espressa dall’inconfondibile voce e dall’interpretazione di Roby Facchinetti.

A Sanremo stravincono.

Con questa canzone i Pooh confermano il loro nome, nella storia della musica italiana.

Uomini soli” resta, infatti, tutt’ora una delle perle più luccicanti del loro infinito repertorio iniziato nel 1964.

I versi fanno netto riferimento alla poesia più famosa di Salvatore Quasimodo, poeta siciliano e premio Nobel, intitolata “Ed è subito sera”, la seguente poesia di scuola simbolica ed ermetica.

“Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera”.

“LI INCONTRI DOVE LA GENTE VIAGGIA E VA A TELEFONARE”…

Gli uomini girano e s’incontrano anonimamente in una stazione ferroviaria o tramviaria, alla fermata di un bus o dove erano ubicate le cabine telefoniche prima dell’era dei telefonini…

Questi sono uomini senza nome e senza identità, sono uomini soli.

Pur tuttavia, sono uomini che hanno la “ventiquattrore”, la valigetta dal poco contenuto e dal tanto significato.

Sono uomini che non hanno una donna e la desiderano.

Secondo me, la canzone racconta il lato più drammatico del problema della solitudine, emerge quasi la disperazione, a tal punto da mettere a confronto l’uomo con Dio, dove, in un primo momento si mette quasi in discussione la Sua esistenza (se è vero che ci sei…), poi lo si mette al pari nostro (hai viaggiato più di noi) per poi riconoscere alla fine l’inferiorità del genere umano, dove qui sulla Terra, chi sbaglia paga (ma quaggiù non siamo in Cielo, e se un uomo perde il filo, è soltanto un uomo solo) come a dire parli bene tu, Dio delle città che sei lassù tranquillo e intoccabile, ma noi poveri mortali, noi siamo destinati a rimanere soli.

Ultima sfumatura che mi viene in mente ora, è che si riferisca al fatto che in un ambiente caotico e dove non ci si conosce, si sia ancora più soli…

E ancora, come non ricordare “La donna del mio amico“?

Il brano racconta di una forte passione tra un uomo e la donna del suo migliore amico.

Nonostante però la forte attrazione che, evidentemente, non è solo di tipo sessuale, il protagonista respinge le avance della donna per proteggere una amicizia durature, profonda e sincera.

Quell’ingiustizia, infatti, guasterebbe sia il rapporto di amicizia e sia la propria coscienza perchè l’uomo non riuscirebbe più a guardare l’amico di una vita nello stesso modo e sarebbe lo stesso anche con quella donna che diventerebbe solo l’occasionale compagna per un’ora.

Il protagonista prende questa decisione solo per per amicizia poiché sa bene che ogni volta che vedrà quella donna ne soffrirà, ma, vista la situazione, spera solo di incontrarla in un’altra vita per non perdere l’occasione di poterla amare liberamente….

Ormai si può affermare che i concerti dei Pooh tutti insieme, sono “Solo cari ricordi”.

Sì, ancora Stefano non era nella band, ma vale la pena di ricordare questa canzone.

È il racconto di un uomo che ritorna nella casa dove prima viveva con una ex di origini straniere, cercando di convincere se stesso che non ci sia niente da ricordare di quella storia finita, quando lei è andata via senza dare alcuna spiegazione.

I pochi oggetti visibili nella penombra però richiamano sprazzi di ricordi della vita spensierata da innamorati e dei viaggi fatti con lei.

Il gioco del “negare” a se stessi diventa sempre più difficile, quando anche il vedere tutte le proprie cose messe in ordine dove prima regnava il disordine, mostra ulteriore determinazione nel non voler aprire la finestra per illuminare una casa piena di fin troppi ricordi.

A riascoltarla ora ho la pelle d’oca …

Si potrebbe parlare e ascoltare i brani dei Pooh per ore, ci basta solo ricordare che sono il gruppo più amato degli ultimi 50 anni, ed ora siamo tutti orfani di uno di loro. Ciao Stefano, nei nostri cuori avrai un posto speciale .

Angela Amendola

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