Bernardo Bertolucci “l’ultimo Imperatore” del cinema Italiano

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Genio radicale, regista intimo, autore controverso. Tante le definizioni per assemblare quelle che erano le caratteristiche di Bernardo Bertolucci, il grande regista italiano, vincitore di 9 premi Oscar ( l’unico italiano ad aver vinto un Oscar per la regia)  con L’ultimo Imperatore del 1987.

Una fama a dir poco complessa quella di Bertolucci, combattente antifascista, promotore di un Cinema libero da sovrastrutture, in bilico tra cattolicesimo e marxismo.

Amava Fellini, Visconti e  Pasolini e si richiamava a loro e al cinema francese neorealista per la “verità” nuda, spogliata da schermi o abbellimenti, con la capacità di portare l’Italia e la sua dimensione in progetti internazionali.

La sua opera più controversa, Ultimo tango a Parigi, (1972), insultata per anni per l’ esplicita connotazione erotica e di “abuso emotivo , è stata successivamente definita da grandi critici come “l’evento culturale più importante “ di quegli anni di esplosione e rivoluzione sessuale,  emblema di liberazione da preconcetti e ostracismi rappresentativi della coppia e del modo di vivere e interpretare l’amore o il Non-amore, nonché visione dell’autodisfacimento dell’Uomo e della mancanza di auto-stima.

Nel Conformista (1970) spinge anche sul tema dell’omosessualità e dell’ ipocrisia borghese, sulla violenza e sulla fedeltà, con una versione potente del romanzo capolavoro di Moravia.

Novecento, interpretato dai grandissimi Robert De Niro e Gerard Depardieu è un racconto agrodolce di un’amicizia tra classi sociali opposte; nonostante non abbia avuto grande clamore immediato il Film viene ricordato tra i suoi film più “necessari”, rivalutato e riapprezzato negli ultimi  anni nella sua drammatica teatralità.

Ma, è nei suoi racconti sull’ amore che si manifesta ancora la grandezza di Bertolucci: da la Luna (1979), racconto di un ossessivo  legame edipico e di una sofferta iniziazione all’ Amore, a Il Tè nel deserto, (1990),con Debra Winger e John Malcovich, un travolgente “dipinto” della crisi coniugale e della disperata ricerca di emozioni perdute; da Io ballo da sola (1996), un delicato viaggio nel passato interpretato da un magnifico Jeremy Irons, fino al vitale The Dreamers, storia degli avvenimenti parigini  del 1968 (sulla linea di un moderno Truffaut), e di un viaggio tra amicizia e amore.

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L’iniziazione è  proprio il tema che racchiude un po’ la sua opera: una visione delicata o brutale dei sentimenti, il racconto di relazioni che annaspano e che si trascinano ma, che di colpo sembrano accendersi di una connotazione sentimentale  non banale. La perdita dell’amore e la sua riscoperta, la “conoscenza” dei sentimenti e il suo modo speciale di raccontare delle relazioni fuori dagli schemi  in modo credibile fanno del suo Cinema un unico Racconto sull’ Amore e sull’ Illusione del possesso sentimentale.

Ed è un viaggio doloroso quello che ci fa compiere il regista, un viaggio che ogni volta lascia una profonda ma necessaria amarezza finale.

Ed è proprio così che intendiamo ricordare il genio di Bertolucci: aldilà delle polemiche personali, dei giudizi politici dobbiamo fermarci ad osservare la Sua arte, soltanto quella, attraverso quella lente speciale con cui lui stesso ce la mostrava: Nuda, vuota di orpelli o del Non-necessario, sotto la luce opaca di un appartamento in città o splendente di maestosa Bellezza come la sabbia dorata del Deserto.

Sandra Orlando

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