Quando ti vidi per la prima volta,
bella come tante e radiosa come poche,
raccoglievi margherite ai bordi di una strada di campagna,
china sulle corolle arrendevoli ,
donna infinitamente ingenua e ragazzina temprata dall’esperienza.
Io mi compiacqui per l’avvento di un tiepido sole atteso da parecchi mesi
e non esclusi la possibilità che proprio tu
fossi la causa del tempo clemente e della mia conseguente allegrezza.
Credimi, mio caro amore,
essere allegri non è cosa semplice per un “sensibile burbero”:
si soffre persino innanzi ai bagliori dei tramonti,
si riesce a scorgere oltre il tumulto di luci momentanee
e si arriva, anzitempo, ad accogliere controvoglia
le tenebre brune e indesiderate,
abbandonando dietro se stessi spettacoli sublimi.
E invece quel giorno solo tu, sconosciuta e piena di grazia,
innescasti nel profondo meccanismi di gioia coinvolgenti,
invitandomi in modo inconsapevole a gustare il bello
di quei tanti spettacoli disertati.
Solo ed aggredito dalle emozioni,
perduto nei pochi metri quadrati di una terrazza inondata da gerani rossi,
mi apprestavo a spalancare le braccia alle primizie offerte
da un Aprile lieve ed incombente e a cantare le lodi
di tutte le fatali contingenze che dominano l’universo
e che sono le responsabili di questi enigmatici
assemblaggi di pezzi di vita
che mi hanno concesso il divino privilegio
di incontrare proprio te.
Lirica tratta dalla raccolta “Aliti inversi” di Maria Cristina Adragna