(via email)
Silvia Cassetta
Il chiodo fisso di una visita al MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, prima istituzione nazionale dedicata alla creatività contemporanea, era arrivato al dunque.
Grazie al “sì” a una intervista strappato all’architetto e danzatrice Silvia Cassetta, che, prima che scoppiasse lo tsunami del Covid19, mi aveva fissato l’appuntamento per giovedì, 12 u.s., intorno alle 10.00 presso il Bar del MAXXI, il chiodo finalmente si sarebbe liquefatto e avrei potuto soddisfare il mio desiderio culturale.
Purtroppo, a volte, un desiderio in via di realizzazione viene ostacolato per qualcosa che si mette di traverso…
E qui si è messo di traverso un evento imprevedibile, terribile e destinato, purtroppo, a essere citato per anni e anni da intere generazioni e nei prossimi libri di medicina e di costume del nostro Paese.
Mi state chiedendo perché il MAXXI per l’incontro? Semplice!
Per l’amore culturale di Silvia Cassetta verso l’architetto anglo-irachena Zaha Hadid progettista del MAXXI.
La storia del MAXXI inizia nell’autunno del 1997 quando Roma decide di riqualificare un’ampia area nel quartiere Flaminio di Roma, occupata dalla ex Caserma Montello, con il fine di creare un polo museale nazionale dedicato alle arti contemporanee.
Il 20 marzo 2003, con la cerimonia della “posa della prima pietra”, si dà avvio ufficiale ai lavori di realizzazione.
Il MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, terminato nel 2003, è un luogo emblematico per l’architettura contemporanea a Roma: discusso o meno è uno spazio in cui Silvia Cassetta si ritrova per studiare, svolgere le sue ricerche o vedere mostre.
Caro MAXXI, comunque non mi sfuggirai, tempo al tempo!
Per ora mi tengo molto stretto il “sì” di Silvia Cassetta!
Ed eccomi a discutere via email con Silvia per immettere voi, cari lettori di ScrepMagazine, nell’atmosfera “magica” del suo lavoro di danzatrice e architetto, che studia il “movimento danzato in una nuova destrutturazione”, allontanandosi da schemi classici e creando con la danza forme dinamiche, fluide, talvolta frammentate, ricercando espressività nella sua personale emotività.
SILVIA CASSETTA nasce ad Andria l’8/04/1979 e vive e lavora a Roma, dopo esperienze a Milano e Londra.
Architetto e danzatrice, studia e realizza pezzi di design cercando una dinamicità nelle forme con il costante riferimento alla danza, sua passione al fine di ottenere architetture che siano forme scultoree nello spazio.
Si concentra sul rapporto tra danza e architettura creando “progetti danzati”.
Fiore: Cos’è il corpo per te?
Cassetta: Il corpo è la mia matita… Disegnare attraverso il movimento è un altro strumento di espressione, probabilmente più potente e significativo se coerente con la propria interiorità.
Come architetto tendo spesso a cercare un equilibrio compositivo, ma la mia anima danzante desidera inserire la danza nell’architettura, quasi fosse uno strumento di lettura dello spazio.
Un corpo che danza fluido o spigoloso a seconda delle emozioni e delle linee con cui si confronta, a volte opponendosi a diagonali e muri, altre esaltandone, in coerenza, le linee.
È importante, però, altrimenti tutto sarebbe effimero che, nel momento in cui si crea un segno, la dinamica si svolga in successione con altri segni, se non ci si vuol trovare di fronte a un solo frammento senza movimento.
Fiore: E un corpo senza spirito?
Cassetta: Diciamo pure che la danza è un momento di espressività, ma soprattutto di rinascita. L’ho sempre studiata fin da piccola ed è stata sempre un punto di riferimento per il mio corpo.
Tant’è che in un momento di difficoltà adolescenziale per un serio problema fisico, poi risoltosi, di cui non parlo quasi mai, la danza è stata un rifugio, un metodo per ascoltare il mio corpo che rinasceva, diventava più forte e ricominciava attraverso il movimento…
Poi durante altre difficoltà superate, come succede a tutti noi, impari quanto il valore della forza stia nella voglia di ricominciare ogni volta, e sempre meglio. Se il corpo riesce ad esprimere ciò che lo spirito urla, l’autenticità espressiva è più forte, a questo vorrei avvicinarmi quando danzo, libera di esprimere qualcosa di profondo e indomito…senza uno stile, per non essere imprigionata in uno schema.
Fiore: La danza tra l’essere donna e anche architetto…
Cassetta: Una rinascita del corpo ma anche di uno spazio vorrei che consistesse nello sviluppare una serie di performance in luoghi da esplorare attraverso la danza con musiche dal vivo, quasi ad instaurare un dialogo tra il corpo e lo spazio, nella speranza che i muri possano ascoltare e che i luoghi possano far emergere il loro potenziale attraverso la danza e il suono.
Già ai tempi dell’Università mi ero occupata del tema del RIUSO architettonico, attraverso il progetto.
E allora mi chiedo: perché non farlo anche con la propria arte?
È questa la mia sfida: raccontare un dolore, un’emozione lasciandomi andare al mio suono interiore, nell’esplorazione di spazi contemporanei. Una ricerca che ha il senso della rinascita di uno spazio, contenitore, attraverso la vita espressa dalla danza.
Nel progetto ‘Pulse’ – guarda il video al fondo dell’articolo – infatti, ho cercato di danzare negli ‘interstizi’ di una architettura, lasciando libero il corpo di raccontare tutta la complessità della figura femminile nel mondo contemporaneo, danzavo me stessa; una donna che rinasce dai sui stessi conflitti in superfici metalliche e dure, metafora dell’attuale realtà sociale spesso fredda, che non risponde o non sa come rispondere ai contenuti umani.
Fiore: Mi stai dicendo che questa danza vuole essere una celebrazione di un percorso che forse non è solo individuale e quindi tua, ma comune ad ogni donna che voglia confrontarsi con una realtà, spesso dura, in cui inserirsi con una morbidezza espressiva, talvolta in contrasto con la propria corazza?
Cassetta: Sì! Le donne oggi devono danzare con tutte la loro fragilità e forza per integrarsi e non farsi distruggere dalle proprie ferite.
E’ la mia proposta di una totale cancellazione del vittimismo e di liberare la grande espressività di un corpo che celebra la sua forza attraverso introspezione e armonia.
Il corpo rinasce attraverso la danza che si oppone alla durezza, per esprimere nuove consapevolezze, per rafforzare il significato di essere “Donna”: responsabilità, amore, dolore, conforto, armonia, accoglienza, grinta, forza, passione…
Tutto in un unico ‘velo’ rosso che danza nell’architettura di oggi.
Il corpo che danza, diventa l’anima di architetture abbandonate o estremamente contemporanee.
L’esplorazione fisica dello spazio non basta a ritrovare il proprio spirito ed ecco che “dentro un suono, una parola, un passo, un vuoto, trovo il mio battito, il mio divenire” .
Fiore: La danza come ricerca?
Cassetta: Dopo studi classici e contemporanei in scuole di danza, recentemente, invece, ho avuto la fortuna di conoscere degli ottimi maestri che mi hanno fatto lavorare sempre più su una ricerca introspettiva e su dettagli del corpo che in precedenza non avevano avuto la mia giusta concentrazione. Un lavoro difficile e in continuo divenire… con tutta la poesia che tale indagine custodisce: l’esplorazione corporea individuale basata, però, sull’ascolto degli altri.
Attraverso la danza cerco una nuova espressione del sé, indago sui dettagli, sui micro spostamenti del corpo per trasformarlo in un elemento di connessione estrema e totale con l’architettura.
Mi interessa anche il rapporto con luoghi abbandonati e archeologici: ho già affrontato il tema attraverso il progetto architettonico, nella mia esperienza da architetto, ma ora desidero immensamente continuare a sperimentarlo attraverso la danza…
Inserire la Danza nell’architettura era, tra l’altro, un tema caro alla danzatrice Isadora Duncan, che si esprimeva danzando tra le pietre del Partenone, in una dimensione di evocazione sublime.
Tuttavia credo che il territorio abbia dei limiti in questo, sia per la lentezza italiana che impedisce lo sviluppo del progetto di innovazione, sia per il ruolo che l’architettura pubblica ha di ‘chiudere’ piuttosto che risolvere.
Invece si devono trovare delle soluzioni, e forse queste sono nel movimento, nella vita, nella natura, non nel cemento.
Fiore: Che significa la ricerca di movimento?
Cassetta: Il movimento è ciò che ci dona energia, ed è quella condizione che permette di conoscere e di cambiare. Nei miei progetti sia di architettura che di danza cerco una dinamica, fatta di rinnovamenti, pause, intersezioni, che si dispiegano anche attraverso la danza e cercano un luogo negli spazi tra l’edificio e la città.
Pulse è il primo progetto di un vecchio mio desiderio di produrre una serie di “pulsazioni” nelle architetture, negli spazi condivisi, tra i materiali, tra i muri, per andare oltre il progetto architettonico e far diventare il corpo “una matita che ri-disegni nuovi luoghi e speranze”.
Fiore: Progetti futuri?
Cassetta: Ho varie idee su cui sto lavorando, in questo periodo di “fermo forzato” per tutti… Mi sono buttata nella ricerca, sia teorica che danzata, nella mia stanza di Roma.
Mi manca la Puglia e gli altri luoghi d’Italia dove studio danza.
Sono sicura che la guarigione del Paese e l’estate faranno brillare i sogni che in silenzio, ora stiamo coltivando.
I miei progetti più importanti sono sicuramente in collaborazione con altre personalità artistiche, in nome di una crescita condivisa fertile e interessante.
Sono consapevole che ho ancora tanto altro da imparare, dai miei errori, dalle mie incertezze e dal mio desiderio di concentrarmi su progetti costruttivi e ”dinamici”…
Fiore: Grazie, cara Silvia Cassetta, per aver dedicato a ScrepMagazine un po’ del tuo tempo sulle ali di una intervista in tecnologico e a distanza ma ricca di valore introspettivo e di armonia musicale e architettonica.
Cassetta: E io ringrazio te per averla fortissimamente voluta e avermi dato la possibilità di entrare nel mondo di ScrepMagazine.
a cura di Vincenzo Fiore
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