l’animo e il cuore dell’Italia e un pizzico di Brasile
I numeri del contagio che si abbassano in positivo impongono in ogni caso di non abbassare assolutamente la guardia, di salvaguardare il diritto alla vita e alla salute dei cittadini, di non lasciarsi prendere dalla voglia di smantellare le strutture sanitarie create dal nulla e in piena emergenza con i sacrifici di tantissime persone ed enti ad iniziare dalle Forze dell’ordine e delle Forze Armate.
A tsunami bypassato almeno due domande, però, ce le dobbiamo porre.
La predica del pareggio di bilancio e di conseguenza il taglio delle spese sanitarie quanto ci sono già costati e quant’altro ci costeranno?
Non sarebbe stato meglio programmare, prevenire e non curare?
Nel frattempo continua il nostro viaggio sanitario ed emotivo nei meandri dell’animo e del cuore dell’Italia…
Cristina Navarra, di Augusta, Siracusa, 62 anni, casalinga
Ciao Vincenzo, qua ad Augusta abbastanza tranquillo.
Due malati non gravi in quarantena domiciliare.
La gente non esce, ci stiamo comportando abbastanza bene.
L’Ospedale Muscatello di Augusta è stato convertito quasi integralmente in Centro Covid con disappunto della maggioranza della popolazione: i reparti di chirurgia e di medicina generale sono stati chiusi in quanto mancavano i presupposti della sicurezza sanitaria.
Al momento non risulta ricoverato nessuno per COVID-19, mentre per Siracusa e Catania la situazione è più complicata tant’è che probabilmente ricovereranno qui ad Augusta alcuni siracusani e catanesi.
Del resto è giusto che sia così!
Ipotesi di cure diverse dal COVID in questo periodo dobbiamo servirci dell’Ospedale di Lentini, a mezz’ora di auto.
Da noi, devi sapere, c’è, però, un grave problema che è stata la vera causa del disappunto dei cittadini di Augusta.
Molti di loro sono sotto attacco di guai oncologici per l’inquinamento causato dalle raffinerie e non si fidano, così si dice, del reparto oncologico di Augusta.
Speriamo che Dio ci accompagni in questa prova.
Un saluto affettuoso e abbi cura di te.
Yula Canto di Palermo, 55 anni, insegnante
Tutte le emozioni sembrano essersi enfatizzate e sono accompagnate da una costante commozione: per il grande dolore nel pensare a tutti coloro che hanno lasciato la vita, a volte nella consapevolezza dell’ultimo saluto ai loro cari; per la grande dedizione di coloro che svolgono professioni a rischio; per l’ altruismo, la solidarietà e la generosità dell’uomo che è ancora capace di regalare senza ricevere; per il forte senso di appartenenza che ci fa stringere in un unico abbraccio e che si coglie tra i colori di un arcobaleno o cantando insieme una canzone.
Questo veleno mortale che ci tiene fermi ci ha reso capaci di gesti che avevamo dimenticato o che avevamo relegato in un angolo del nostro cuore.
E poi…la commozione per la vita futura che ci aspetta ancora…benevola…e che ci darà ancora tanta gioia anche se nulla sarà come prima…
Forse migliore…
Sandra Bangu, Potenza, 49 anni, collaboratrice nella sorveglianza scolastica pubblica
Momenti di severa riflessione per il mondo, per l’umanità, la necessità che ci sia più amore e comprensione tra simili.
Godersi e vivere di più la famiglia, vincere sulla vita frenetica di tutti giorni!
Mi interrogo su cosa abbiamo sbagliato e nello stesso tempo vivo momenti di grande difficoltà con lo sguardo alle tante perdite umane…
Dora Gallo di São Carlos, Brasile, Stato di San Paolo
Bom dia amigo, Vincenzo! Você está bem? Como vão as coisas em seu país?
Ciao, io sto bene, grazie…la mia Italia è ammalata
E’ muito triste tudo isso, mas vai passar…
Meu Brasil também está doente
Mas tenho fé que a cura está próxima…Que Deus nos abençoe!
Marilia Chiovari di Carini, Palermo, 59 anni, assistente amministrativa
Sono molto preoccupata, non esco dal 9 marzo.
Fortunatamente abito in una casa con giardino ed è più facile resistere a non uscire. Siamo io e mio marito.
Sono in ansia per il futuro e per il lavoro dei giovani e per come noi stessi torneremo a lavorare in sicurezza senza contrarre la malattia.
Carla Nicoloso di Udine, 57 anni, assistente agli anziani
In queste ultime settimane di isolamento obbligatorio, tanti sono i pensieri che mi passano per la mente.
Il futuro dei giovani, sempre più tecnologico ma anche sempre più difficile ed incerto.
La natura, offesa e maltrattata che sta pagando un altissimo prezzo.
Ma la mia mente è rivolta dolorosamente a chi ha pagato con la propria vita, ai nostri vecchi, che sono il nostro passato, il nostro presente e a mio avviso anche il nostro futuro, come fonte di ispirazione ed esperienza.
Loro che hanno superato avversità di ogni genere: fame, guerre, miserie ecc. senza le comodità del giorno d’oggi e che oggi l’unica cosa a cui tengono è l’amore della loro famiglia, si sono spenti soli in ospedali sovraccarichi senza nemmeno avere attorno l’amore delle loro famiglie.
Una tristezza infinita.
Tania David di Gussago, Brescia, Insegnante in pensione
Che ne sa la primavera che fiorisce e colora questo mondo, atterrito, sgomento, per l’attuale flagello?
Segue il suo corso là fuori, dove ci è proibito andare, dove la sua bellezza non possiamo ammirare.
Squarci di verde prato, fiorite magnolie, son le uniche immagini del mio giardino, carpite da dietro i vetri, nell’assordante silenzio della sera che avanza.
Quanto vorrei poter bypassare questo lugubre, doloroso periodo, dormire sonni profondi, per poi ritrovarmi in un mondo che profuma di verbene, che sa di gioie vere, dove ogni male è stato cancellato e l’amore è sbocciato, candido, puro, consolante, in un abbraccio universale suggellato.
Un altro triste giorno
È già passato.
Non un suono,
Non una voce intorno.
Il caldo respiro
Della vita s’è spezzato.
Sussurrano gli alberi
Alzando i rami al cielo
In cerca di pietà
Per la dolente umanità.
Anche un fiore
S’è precocemente
Avvizzito, con tutto
L’incanto era appena germogliato.
L’oscura sera
Ancor di più s’annera.
Lucia Rizzo di Palermo, 55 anni, scrittrice
Oggi per la prima volta, da quando sono iniziate le restrizioni, sono dovuta uscire.
È stata un’esperienza allucinante!
Intanto il mio elogio va a tutti i medici, infermieri e operatori sanitari che tengono le mascherine per tantissime ore.
Si respira all’interno delle stesse quasi riciclando il proprio respiro, provando fastidio per il calore che si forma.
Se si indossano gli occhiali, questi si appannano facendo diminuire la possibilità di una visione chiara.
E poi c’è l’attenzione continua per chi ti sta intorno, perché c’è chi è protetto e chi invece non lo è. Ho sperimentato l’apprensione di chi mi ha tossito quasi di fianco e l’assembramento immotivato per non volere rispettare regole e turno.
No, vivere così non mi piace, non voglio avere paura di chi mi sta accanto, non voglio respirare imbavagliata come se fossi una talebana.
Voglio un mondo guarito dalle ansie e dalle preoccupazioni, dal pensare che in ogni oggetto con cui si viene a contatto si possano nascondere delle insidie.
Voglio girare l’angolo di una strada e non avere paura di scontrarmi con un illustre sconosciuto.
Io sono uscita solo per estrema necessità ma vi posso assicurare che non potrei fare come chi si muove tranquillamente con arroganza e superficialità senza rendersi conto dell’attenzione che il momento richiede.
Rispettiamo noi stessi e gli altri affinché tutto ciò finisca il prima possibile perché questo non è vivere!
Cinzia Stifani di Aradeo, 42 anni, diploma di tecnico dei Servizi Sociali
Il virus ci ha rubato il presente e renderà difficile il futuro senza ombra di dubbio!
Loretta Cosseta di Asti, 64 anni, artista
Mi trovo nella difficile fase in cui sto tentando di gestire la rabbia…
Anche dopo le odierne misure eccezionali di distanziamento sociale, dettate dell’ emergenza, nulla sarà più come prima: ancora a lungo dovremo convivere con il Covid19 che sovvertirà completamente le abitudini del passato, privandoci della libertà a cui eravamo abituati.
Le mie considerazioni non sono dettate dal pessimismo, bensì da un sano realismo e sono basate su solidi studi epidemiologici: solo uno sciocco potrebbe pensare che tra alcuni mesi tutto sarà finito.
Fiorella Carbone di Bitonto, 64 anni, imprenditrice
Tutto si ripete, tutto torna ad essere nel e con il tempo.
Si dimentica ma poi si rivive, con un’energia diversa ma lo sguardo di paura di sempre.
Chi la chiama coronavirus, chi spagnola, chi cinese, chi peste ma non c’è scoperta scientifica che rende invulnerabile l’umano.
La paura è la stessa, quella per la quale la chiamiamo ‘guerra’, come avessimo un nemico da battere, quella che ci ha tolto ancora una volta la libertà per mandarci agli arresti domiciliari.
È vulnerabilità, che ci rende quasi bambini arrendevoli, docili e a volte vittime designate.
Ma terminerà e le nascoste speranze, che segretamente nascondiamo in essa, di uscirne comunque rinnovati, naufragheranno, perché non siamo capaci di vivere per vivere, ma vivere per distruggerci.
Betty Oreste di Valenzano, 56 anni, casalinga non disperata
“…Che hanno è, che giorno è?…”
Ogni mattina lo stesso ritornello che suona e riecheggia nella mia mente al posto della sveglia…
La canzone è “I giardini di marzo”, una bellissima canzone di Lucio Battisti che ascoltavo alla radio o dalla cassetta del mio registratore.
A un certo punto dice:
“…fiumi azzurri e colline e praterie / dove corrono dolcissime le mie malinconie / l’universo trova spazio entro me / ma il coraggio di vivere quello ancora non c’è…”
Tutta la canzone è poesia ma in quei due pezzi sono racchiusi la confusione che vivo ogni mattina non appena apro gli occhi, la malinconia di tutto il tempo che c’è dietro di me e che spesso non ho vissuto o ho vissuto male ma per colpa mia e il coraggio di vivere che spesso manca soprattutto adesso in cui affrontare ogni giornata è impresa non facile perché mi sembra di sentire il peso di tutto l’universo…
Amo la poesia, l’arte, la musica, la lettura e la cucina.
Già, la cucina al tempo del COVID-19, con quei profumi, quella fragranza, quegli odori a cui per la fretta del “prepari, mangi e fuggi”, per la “macdonaldizzazione” del pranzo o della cena, non eravamo più abituati e che il nostro olfatto aveva quasi dimenticato.
Profumi ed odori che ci hanno catapultati indietro di decenni… tanti decenni, per via di una sorta di flashback.
e sono tornate a bollire le pignatte nei camini per cucinare a fuoco lento lenticchie, ceci, cicerchie e fave.
Sono tornate a bollire le pentole di terracotta o di alluminio per il ragù pugliese e i suoi pezzi di carne di maiale, manzo, agnello insieme alle “brasciole” di cavallo, lasciato cuocere per ore e ore nella salsa di pomodoro fatta in casa.
E’ tornato il buonissimo e profumato pane fatto in casa con la sua morbidezza che si conserva per giorni e giorni.
E’ tornata la carne arrostita su legna “forte”, come quella di ulivo.
E’ tornato il tempo che occorre per preparare un pranzo con i fiocchi che mette i baffi anche a chi non ce li ha per farglieli leccare.
… a cura di Vincenzo Fiore