Ora che il presidente Mattarella ha firmato il “Decreto Scuola” si accende la polemica sulle modalità del ritorno tra i banchi.
Tutti con la mascherina o con la visiera?
Si utilizzerà il plexiglass per separare gli alunni?
Saranno previste lezioni all’aperto?
Per sapere con maggiore precisione cosa ci aspetterà al rientro, dovremo attendere le linee guida del ministero dell’Istruzione.
Tanti sono i punti interrogativi con cui esperti, genitori e insegnanti si stanno confrontando mentre, al momento, l’unica cosa certa è che a settembre finalmente si potrà tornare in classe.
Secondo il rapporto del Comitato Tecnico Scientifico consegnato recentemente al Ministero dell’Istruzione si andrà a scuola con la mascherina dai 6 anni in su e si dovrà mantenere una distanza interpersonale di un metro sia in classe che negli spazi condivisi.
Questa ipotesi pare accordarsi anche con quanto dichiarato da Paolo Biasci, il Presidente Nazionale della “Federazione Italiana Medici Pediatri“, quando afferma che “il criterio nella fase 2 deve essere la precauzione, cioè il distanziamento per tutti e l’uso della mascherina negli ambienti chiusi. Per i bambini è previsto un obbligo sopra i 6 anni e, con le opportune spiegazioni, facendolo sembrare un gioco, i più piccoli sono in grado di capire, accettare e imparare a usare questo strumento che ora è molto importante”.
In Belgio, intanto, l’esecutivo federale che considera basso il rischio per i più piccoli, così come la probabilità di contagio, ha inviato a tutte le scuole una circolare in cui stabilisce che per i bambini non saranno necessarie né mascherine né distanziamento sociale.
In effetti, i dati epidemiologici ci dicono che i bambini o non si contagiano, oppure lo fanno in maniera completamente diversa dagli adulti. Sintomi lievi o assenti potrebbero implicare una bassa contagiosità proprio per il fatto che sarebbero associati ad una altrettanto bassa carica virale, cioè ad una minore capacità di trasmettere l’agente patogeno.
Cadrebbe così anche la rappresentazione dei bambini come veri e propri untori capaci di infettare in un sol colpo nonni, adulti ed insegnanti, idea che non sarebbe peraltro sostenuta da alcuna evidenza scientifica o empirica.
Inoltre non è azzardato ipotizzare che i dati sanitari sul Covid-19 possano essere a settembre ancora più incoraggianti rispetto a quelli attuali che già, a detta di molti virologi, sono il segno di un fenomeno ormai in fase di esaurimento.
Fin qui ancora una volta, però, il dibattito sembra essere totalmente incentrato sull’aspetto sanitario mentre scarsa considerazione viene riservata ai risvolti educativi e didattici.
Monica Guerra, ricercatrice e pedagogista dell’Università degli Studi di Milano ricorda come oltre a stabilire le misure per la sicurezza, le distanze e i dispositivi di protezione individuale, dovremmo “chiederci continuamente che modello pedagogico stiamo veicolando con ciascuna decisione o ipotesi di soluzione”.
Se una determinata scelta è funzionale per certi aspetti all’obbiettivo di contenimento del contagio, occorre domandarsi quale messaggio veicoli ai bambini, in particolare ai più piccoli. “Dobbiamo fare in modo” – prosegue la ricercatrice – “che la risposta non sia la cosa migliore per me è stare separato dagli altri”.
In sostanza dobbiamo interrogarci circa le possibili ripercussioni sullo sviluppo della personalità dei bambini e delle loro relazioni interpersonali dal punto di vista psico-pedagogico.
Daniele Novara, pedagogista e direttore del “Centro Psico Pedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti“, ribadisce che “per tutta l’infanzia, sia la mascherina che il distanziamento rigido e costrittivo rappresentano una vera e propria crudeltà nei confronti dei bambini già fortemente segnati dall’esclusione dai loro compagni e dalle istituzioni educative che non ha pari nel resto né dell’Europa né del mondo”.
Individua poi nei giusti principi di igienizzazione e di verifica delle condizioni di salute il criterio da seguire affinché i bambini possano “tornare nei centri estivi e nelle scuole in maniera adeguata ai loro bisogni senza costrizioni che renderebbero difficili queste riaperture. Spiace, al proposito, che nei tanti Comitati Tecnici la presenza di esperti infantili, specie di area educativa, sia praticamente assente, se non irrilevante.“.
Da mamma e da insegnante, nel mio piccolo, ho provato ad immaginare come un bambino di prima elementare, potrebbe vivere l’impatto con la scuola nel caso in cui dovesse essere introdotto l’obbligo di mascherina e di distanziamento.
Ricordiamoci che abbiamo il dovere morale di prenderci cura delle nuove generazioni, di rispettarle e di amarle!