“Ma che musica che musica che musica maestro
Hai trovato la via giusta per la celebrità
Ma che musica che musica che musica maestro
Questa bella sinfonia tutto il mondo canterà
E allora dai dai dai
Viva le feste se in un mese son cento in più
Viva le feste se in un anno son mille in più”…
Le sue sono canzoni popolari che hanno dei semplici ritornelli che si ricordano facilmente e che hanno accompagnato quattro generazioni. Nel corso della sua strabiliante carriera, Raffaella Carrà ha venduto 60 milioni di dischi in ben 37 paesi del mondo.
Attraverso i suoi pezzi che sono sì leggeri ma avanguardisti, ha sdoganato pregiudizi e tabù attraverso l’allergia, l’ironia e la sua sensibilità.
Raffaella ha cantato bellissime canzoni d’amore, senza tempo, sempre attuali come Innamorata, Forte forte forte, Abbracciami, L’uomo ideale, Io ti amo, Bellissimo e Sarà perchè. Sono brani mai banali, soprattutto se pensiamo ai canoni dell’epoca.
Ci sono brani più romanici e nostalgici, nelle quali la protagonista viene puntualmente sedotta e abbandonata. Da Io non vivo senza te a E salutala per me, passando per Sei un bandito, Torna da me e Niente di importante.
Insomma, nelle sue canzoni Raffaella canta i tradimenti sia subiti che fatti. Quasi ribellandosi a chi in musica non favoriva testi di emancipazione femminile. Pensiamo a Tanti auguri, uno dei suoi più celebri cavalli di battaglia, pubblicato nel 1978.
Pensate che per la prima volta una donna si ritrovava a cantare “com’è bello far l’amore da Trieste in giù” a solo tre anni prima della cancellazione del delitto d’onore dal codice penale.
Il suo era cantare l’amore libero che esportava in giro per il mondo, anche in paesi come il Cile e la Spagna, che in quegli anni erano sotto un regime dittatoriale. Rispettivamente di Augusto Pinochet e di Francisco Franco. Lei una rivoluzionaria con note, passi di danza e testi piuttosto espliciti come armi.
Chi non ricorda la sua canzone Luca, la seconda canzone italiana della storia a trattare l’omosessualità dopo Pierre dei Pooh, anche se in modo decisamente più leggero, oppure Amicoamante, dove si anticipava di qualche decennio la figura dell’amico intimo.
Poi, ancora, Pedro, il cui protagonista (mica tanto perbenino) adesca una turista con la scusa di farle da guida per la città. Non frena i suoi istinti nemmeno in Io la colpa non ce l’ho, dove canta: “La mia mente dice no, ma il mio corpo grida un sì!”.
E che dire di Che dolor?
Brano che racconta in terza persona la storia di una donna che si ritrova un marito nullafacente, che al posto di andare a lavorare si intrattiene a casa con una infermiera biondina che rinchiude nell’armadio, con tanto di finta prescrizione medica.
Provocatrice garbata e pioniera dell’autoironia, Raffaella Carrà ha saputo selezionare un repertorio fuori dagli schemi, mettendosi più volte in gioco, ad esempio con gli Elio e le storie tese in Presidance, facendo praticamente la parodia di se stessa.
A livello musicale ha sempre amato sperimentare, dal reggae alla dance, prediligendo le sonorità latine.
D’altronde, Raffaella i tempi li ha sempre un po’ anticipati, basti pensare a quello che considerava essere il suo pezzo preferito, vale a dire Rumore, uno dei pochi esempi riusciti di disco music in italiano, insieme a Nessuno mai di Marcella Bella.
Andando indietro di un decennio, addirittura il Tuca Tuca venne considerata da molti una canzonetta, la sigla di un programma popolare e niente più, quando in realtà possedeva dei riferimenti swing.
Ma Raffaella Carrà non ha mai ostentato o sbandierato i suoi traguardi professionali.
Ma che musica maestro, Chissà se va, Vi dirò la verità, T’ammazzerei, Sono nera, Fiesta, Ballo ballo, Fatalità, Soli sulla luna, Rosso, Più forte del tempo e Vuol dire crescere, questi alcuni dei brani che meritano di essere ricordati.
Non bisogna essere necessariamente degli intellettualoidi per lanciare dei messaggi e per cercare di risultare innovativi. Perchè a volte la semplicità e il buonumore possono diventare dei veicoli immediati, mirati, efficaci e comprensibili di altri più ricercati.
Decennio dopo decennio, Raffaella Carrà ci ha insegnato a prenderci tutti meno sul serio. A spostarci un po’ più in là quando sembra che il mondo ci stia cascando addosso. “Perchè in fondo la vita è davvero come il brodo, se non c’è il prezzemolo… ma che sapore ha“.
Angela Amendola
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