L’uomo che (non) amava le donne
“Le gambe delle donne sono come dei compassi che misurano il globo terrestre in tutte le direzioni, donandogli il suo equilibrio e la sua armonia”.
“L’uomo che amava le donne” (Francois Truffaut)
Bertrand Morene. Ha un’attrazione irresistibile per le donne. Bionde, brune, giovani e meno giovani. Dovunque Bertrand si trovi, il suo sguardo si posa sempre su quel particolare: le loro gambe.
Visione che gli suscita, ogni volta, nuove emozioni.
Per Bertrand quelle gambe rappresentano l’incontro con il suo desiderio.
Un movimento emotivo ed esplorativo che si insinua nel mondo femminile, a lui sconosciuto e, per questo, significativo.
Bertrand lavora a Montpellier. Ingegnere all’istituto di meccanica dei fluidi. Si occupa di valutare l’effetto delle turbolenze atmosferiche sugli aerei o sulle navi.
Un lavoro di precisione e concentrazione. Non ama essere disturbato durante il suo lavoro, tranne quando viene chiamato da una donna. Non una donna qualsiasi.
Ma colei che, in quel momento, lui desidera e lo fa sentire meno solo.
A un certo punto Bertrand decide di scrivere un libro autobiografico. Perché teme di dimenticare i volti delle donne che ha desiderato. E le lettere raccolte negli anni.
Ricordi che sente scivolare nella sua memoria.
Ginette, Liliane, Delphine, Bernadette, Nicole, … ed altre ancora.
Incontri di una notte. O di qualche mese. Ma, sempre, emozionanti.
E poi ci sono i ricordi su sua madre.
Figlio unico di Christine Morane, Bertrand, mentre scrive il suo libro, ripensa ad episodi vissuti durante l’infanzia e la giovinezza. Un legame quello con la madre, caratterizzato da un senso di esclusione da cui non si è più affrancato.
A Bertrand vengono in mente quelle immagini in cui la madre gli vietava di giocare con gli altri bambini, di muoversi. Era obbligato a star per ore seduto. L’unica attività concessa era la lettura, purchè sfogliasse le pagine senza far rumore, per non essere disturbata.
Altre immagini in cui gli ordinava di spedire le lettere indirizzate ai suoi amanti, che Bertrand, ogni volta, leggeva e gettava nel tombino di casa.
E poi c’è Vera. La cui relazione non viene citata sul libro. I due si rivedono alcuni anni dopo a Parigi.
L’incontro avviene casualmente in un hotel della città.
Bertrand si trova a Parigi perché ha un appuntamento presso una casa editrice, disposta a pubblicargli il suo primo libro, ultimato frettolosamente.
Vera desidera parlargli, anche se lui sembra andare di fretta e si mostra poco disponibile al dialogo.
La donna ricorda il tempo trascorso insieme. Soprattutto si giustifica per come si è comportata con lui, per come l’ha lasciato.
Aggiunge che non avrebbe mai voluto lasciarlo, è stata costretta, altrimenti sarebbe impazzita.
La donna continua la conversazione. E gli spiega i motivi per cui non riusciva più a tollerare le sue continue e misteriose distanze. Il suo amore per la solitudine e l’autonomia.
Bertrand replica, ad un certo punto, con una punta di rammarico: “in realtà, avevo bisogno solo di una persona, di lei e non me ne rendevo conto. In un primo tempo l’ho amata senza saperlo e dopo ne fui cosciente. Ma per lei era finita”.
Bertrand rientra a Montpellier, è inquieto sulla conclusione del suo libro. Vorrebbe rivedere il manoscritto, si rimprovera di non avervi citato l’unica donna che avesse mai amato. Ma ormai è tardi.
Genevieve, la donna che sta curando l’uscita del libro, lo rassicura mentre parlano a telefono. Afferma che è normale sentire certe sensazioni prima della pubblicazione, accade ad ogni scrittore.
A questo proposito, Genevieve aggiunge:” Smetta di sminuirsi sistematicamente, deve imparare ad amarsi di più. Quando non si ama se stessi, si è incapaci di amare gli altri.”
Durante quella telefonata prendono accordi per rivedersi la settimana successiva.
Ma quell’incontro non avverrà mai.
Pochi giorni dopo, Bertrand mentre sta attraversando la strada per inseguire una donna, viene investito da una macchina. E muore pochi giorni dopo.
Al suo funerale, nel periodo di Natale, parteciperanno donne, ragazze, che lo hanno amato, odiato e inseguito. Fino all’ultimo saluto.
“Bertrand ha inseguito la felicità impossibile nella quantità, nella moltitudine. Perché abbiamo bisogno di cercare in molte persone ciò che la nostra educazione pretende di farci trovare in una sola?”…
Bertrand ha bisogno delle donne. Ha bisogno di conquistarle, di toccarle, di sentirle, per sentirsi meno solo.
Ma, allo stesso tempo, ricerca nella relazione – breve o lunga che sia – quel senso di libertà e solitudine.
Come tutti, anche lui desidera l’amore, che sia fisico o sentimentale.
Bertrand però non ricerca l’amore unico, che forse desidera. Ricerca quelle sensazioni ed emozioni generate dall’incontro di uno sguardo, dall’incontro fugace.
Incontro che si svela nel desiderio di conquista dell’altro. In cui ricerca l’assenso, ma non il consenso.
Incontro dove cerca, invano, di colmare quel senso di solitudine che desidera ma, allo stesso tempo, teme. Quel senso di non amabilità, che lo rende incapace ed inadeguato nel costruire relazioni intime.
Un’intimità che si crea non solo con l’altro, ma soprattutto con se stessi.
Un’intimità che gli conferma, continuamente, quella distanza emotiva ed esistenziale, mai risolta. E da cui cerca di affrancarsi.
Anche quando insegue la felicità con Vera, Bertrand non può fare a meno di confrontarsi con quel suo senso di esclusione che gli impedisce di avvicinarsi all’altro con autenticità e pienezza di significati.
Clicca sul link se vuoi leggere il mio articolo precedente:
“Potere e solitudine nella coppia” a cura della Dott.ssa Paola Uriati