«Fu la mia porzione quella donna venuta fino a me. Edificammo contentezze, lenticchie di una festa minore ma continua. Fu la mia porzione e non l’ho custodita. E’ stata poco con me, una breve durata nel corso della vita, però è venuta. […] Essere al mondo, per quello che ho potuto capire, è quando ti è affidata una persona e tu ne sei responsabile e allo stesso tempo tu sei affidato a quella persona ed essa è responsabile per te. Sette anni non furono pochi. Anche se fossero stati la metà o la metà ancora, non sarebbe stato poco. Non ci può lamentare della brevità, non è giusto, ma della lunghezza sì. Ho avuto imbarazzo a vivere ancora».
Erri De Luca, “Non ora non qui”.
Può verificarsi che le vicende della nostra vita ci carichino di responsabilità che sentiamo di non poter sostenere.
Come se fossero troppo pesanti, come se avessimo consapevolezza piena di non essere all’altezza del carico morale, come se ogni cosa ci sembrasse pregna di difficoltà insormontabili.
Ma quando ci si trova nel bel mezzo di una relazione amorosa, subentrano diverse sfumature del senso di responsabilità. Per cui non si risponde primariamente a codici morali in quanto si seguono le indicazioni dettate dal cuore.
Non ci sente presi da tante domande, perchè ci si arrende all’amore.
Tutto diviene scontato, la naturalezza, la spontaneità superano ogni barriera.
Amare è una responsabilità che non può prescindere dal bisogno di mantenere una sorta di custodia dell’altro con la promessa di essere presente nel tempo, dedicando cure e attenzioni continue.
È una responsabilità che non è mai fine a se stessa.
È un investimento, è un impegno grazie a cui il custode diviene esso stesso custodito.
Si innesca un gioco di reciprocità sentimentale nell’affidarsi l’uno alle ragioni dell’altro, una responsabilità che trova la sua più alta realizzazione nella partecipazione ad un comune destino.
Piera Messinese
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