Il 7 gennaio 2015, a Parigi, la sede del giornale satirico Charlie Hebdo fu vittima di un gravissimo attentato.
Nell’attacco terroristico, che fu rivendicato da Al-Qāʿida, persero la vita dodici persone.
Undici sono rimaste ferite.
Nonostante tutto, il diritto d’espressione del libero pensiero non ha subito danni irreversibili, sul piano di una autodeterminazione necessaria ed irrinunciabile.
Ai tempi avrei voluto poter affermare, senza esitazione di sorta, ” Je suis Charlie “, ma non ho potuto.
Io non ero e non sono Charlie.
Non lo sono perchè ho paura di morire e probabilmente non riuscirei ad anteporre convintamente un ideale a questo mio timore dilagante.
È vero, io amo profondamente ogni sfumatura che concerne la libertà e mi impegnerei a favore di quest’ultima qualora subisse una violazione, ma lo farei nella misura in cui non avessi il benchè minimo sentore di essere in pericolo di vita.
Dunque, io non assomiglio affatto a Charlie.
Credo che esista una differenza abissale e totalmente antitetica tra le affermazioni “Io sono Charlie “ ed ” Io ammiro Charlie”.
Bene, io ammiravo ed ammiro Charlie per l’impressionante tenacia, seppur irriverente ed inequivocabilmente dissacrante, avulsa persino da condizionamenti estremi.
La matita tornò infatti velocemente a produrre della satira e la minaccia di nuovi attentati fece capolino da ogni angolo.
Ma Charlie non cedette, non si prostrò, non si lasciò zittire.
Ed io non smetterò mai d’asserire che non sono e non ero Charlie!
Sono solo una spettatrice inerme che, tuttora, se ne sta seduta in penombra in mezzo a milioni di persone, in una delle ultime file del teatro degli orrori.
La matita
La matita traccia,
la matita sputa in faccia
e di fronte alle diffide
la matita se la ride.
La matita graffia il foglio,
quasi mai prova cordoglio,
ma con fare irriverente
colpirà chi “se la sente”.
La matita scarabocchia,
qualche volta ostenta spocchia,
che disegni o che lei scriva
sembra quasi che sia viva.
Raramente essa tace,
non dà tregua, non dà pace,
poi rifiuta il compromesso
e non chiede mai permesso.
È contraria alla censura
e di questa non si cura,
non per forza è verità
ma trasuda libertà.
Può apparire dissacrante,
ha un potere disarmante,
ti sputtana da insolente
e lo fa pubblicamente.
La matita a volte offende,
non è schiava e non si vende,
non le importa se è blasfema
e sbeffeggia l’anatema.
La matita si è spezzata
perchè l’hanno calpestata…
Dolorante, ma che importa?
La matita non è morta!!!
Tratta dalla raccolta “Aliti inversi” di Maria Cristina Adragna