Emma, seduta sul suo lettino da ragazza, aveva indossato sotto una leggera vestaglia di seta bianca, il completino intimo bianco di pizzo e le autoreggenti.
Aspettava Sara e Francesca per la vestizione.
La parrucchiera era andata via da più di mezz’ora.
Sentiva l’estetista ridere in cucina con la madre e le sue zie. Doveva dar l’ultima sistemata al trucco prima di uscire di casa: le lacrime di commozione avrebbero potuto rovinare il make up perfetto. Emma si specchiò nell’anta aperta del suo bianco armadio, quasi vuoto ormai. La maggior parte della sua roba era a Roma.
Accarezzò dolcemente l’abito color champagne, stretto sul busto, leggermente scollato. Il girovita era contornato da piccoli Swarovski.
La parte inferiore si allargava gradualmente e morbidamente fino ai piedi, terminando dietro a punta in una decorazione, sempre in Swarovski, di due cuori intrecciati.
Francesca si era superata nella realizzazione.
Emma si sarebbe trasferita a Roma, trovato un lavoro in qualche studio commerciale o in un anonimo ufficio.
Francesca sarebbe rimasta lì, aperto una piccola sartoria per realizzare e cucire vestiti a vecchie antipatiche signore dai gusti discutibili.
Quei pensieri la rattristarono.
Oggi però doveva essere positiva: era il suo gran giorno.
Le passò per la mente una frase che Vincenzo le leggeva spesso:
” Un po’ come giochi di luce, tutti abbiamo le nostre ombre.
L’importante è ci sia più colore segreto: è così bello l’arcobaleno!”.
Sorrise pensando a lui. Chissà se era agitato come lei…
Si spalancò la porta ed entrarono le sue damigelle, stupende nei loro elegantissimi e lunghi abiti lillà.
Sara aveva i lunghi riccioli neri fermati, in un semi raccolto, da un gioiello a forma di stellina; Francesca aveva lasciato sciolti i capelli rossi, adornati con due minuscoli fiorellini nello stesso tessuto dell’abito, fissanti ai lati dell’orecchio destro.
In un attimo Emma venne travolta e all’improvviso era vestita, velata e pronta a scendere le scale.
Prima di uscire dalla sua camera, diede un ultimo sguardo, commossa fra la confusione di voci che dal salone giungeva fin lassù.
Anna, in un semplice tubino rosso, la guardava commossa. Leggendo i pensieri della figlia, esclamò:
<<Questa sarà sempre casa tua Emma! Il tuo porto sicuro: non dimenticare. Sei bellissima piccolina mia! Dio come assomiglia a me!>>.
Uno borbottio, alle spalle di Sara, le fece sussultare:
<<Non è ora di piangere. Ho dovuto ipotecare la casa per render le mie tre donne bellissime. Su, spostatevi. Anzi, scendete che ho una principessa da portare all’altare!>>.
Scherzava suo padre ma i suoi occhi, così come la voce, tradivano l’emozione.
Attesero padre e figlia scendere le vecchie scale, addobbate di tulle bianco e calle, i fiori preferiti di Emma.
<<Emma ricorda sempre che papà ti ama>>, baciandola sulla fronte.
Scesero i gradini fra urla festanti e applausi.
Giunti sull’uscio di casa, Emma rimase esterrefatta.
Cosa era successo in poche ore al giardino della tenuta?
Alti vasi di gesso stilizzati, con fiori a cascata colorati ornavano il vialetto; le pietre rustiche sulle quali saltellava da bambina erano nascoste da un elegante tappeto rosso. Al centro del giardino capeggiava una fontana con un amorino che spruzzava acqua colorata dalla bocca.
Sara era sempre la solita!
Lanciò uno sguardo compiaciuto alla sorella, certa che non era l’unica sorpresa che avrebbe avuto quel giorno. Era brava in questo sua sorella.
Aveva trasformato l’attività della madre in un vero affare. In pochi anni la tenuta era conosciuta in tutta la regione, richiestissima grazie alle capacità di Sara di saper essere istrionica.
Chiusa una storia fallimentare dietro l’altra, Sara si gettava a capofitto in progetti dispendiosi per ingrandire, abbellire e render unici gli eventi che organizzava.
Emma, che di solito cercava di riportare Sara a una dimensione più reale, doveva ammettere che ci sapeva fare…..
Maria Luana Ferraro
Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente: