Da “La bambina di zucchero”

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Da “La bambina di zucchero

Della sua infanzia Maria aveva ricordi arruffati, ma una cosa la ricordava bene, in ogni casa in cui si erano  trasferiti il suo gioco preferito era fare l’angelo non sulla neve ma sul pavimento di casa e guardare il soffitto bianco per  farci passare come in un film i personaggi delle poche fiabe che conosceva e delle molte che invece s’inventava, l’urlo della madre le trapassava i timpani, “Alzati Maria ti sporchi”, lei allora si alzava e si stendeva come una statua sul divano e ricominciava a proiettare le sue fiabe.

Di notte controllava sempre le sue scarpette sotto il letto per paura che il  buio le inghiottisse, a quel tempo le piacevano  le fiabe le facevano compagnia davano un senso alle sue fragilità, ma non c’erano Principesse e Re, c’erano invece gatti, bimbe con cui giocare alle giravolte o lupi che non mangiavano nessuno, oppure sognava la neve candida vista qualche volte sul monte .

Le piaceva frugare nei cassetti e travestirsi da signora, allora erano guai, perché non sapeva più rimettere tutto a posto come prima e la madre la sgridava sempre, ma da sola non riusciva a giocare in altri modi era sempre chiusa in casa.

All’asilo non era voluta andare le facevano paura quelle suore con quei vestiti svolazzanti e poi tutte sorrisi e moine davanti alla mamma e non appena lei andava via, erano così sgarbate e severe non poteva neanche muoversi, volavano schiaffi.

Così non ci andava e guardava alla finestra gli altri giocare in strada, aveva chiesto se poteva uscire  ma non se ne parlava proprio… c’era solo un gatto un gattone nero che lei chiamava Nerone, si faceva vedere qualche volta era un lampo nero che correva sui tetti, non la guardava nemmeno…

Sandra Mirabella

foto dal web 

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