Au revoir Monsieur Delon

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Addio Alain

Stamattina il mondo del cinema ha subito una grande perdita con la morte di un attore di straordinario talento, Alain Delon, il cui lavoro ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema. La sua carriera, caratterizzata da interpretazioni memorabili e da una versatilità senza pari, ha ispirato generazioni di attori e appassionati di cinema.

Oltre al suo indiscusso talento recitativo, era conosciuto per il suo impegno umanitario e per la sua dedizione a cause sociali. Questo aspetto della sua vita ha aggiunto un ulteriore strato alla sua personalità, rendendolo non solo un grande attore, ma anche un esempio da seguire.

La notizia della sua scomparsa ha colpito profondamente i suoi fan e colleghi, che hanno condiviso ricordi e tributi sui social media.

La sua eredità vivrà attraverso i suoi film e le storie che ha raccontato, continuando a ispirare futuri artisti. La morte di questo grande attore segna la fine di un’era, ma il suo contributo al cinema rimarrà per sempre nel cuore di chi ama quest’arte.

Alain Delon: l‘uomo più bello del mondo che non riusciva a capire le donne.

Sguardo tenebroso, volto forte e affascinante come pochi hanno saputo essere prima e dopo di lui, l’attore francese Alain Delon è nato a Sceaux, vicino Parigi, il giorno 8 novembre 1935.

Già da bambino, in un’infanzia di quelle non molto facili, mostra a scuola il suo carattere ribelle, che condiziona inevitabilmente la sua condotta e i risultati.

All’età di 17 anni Alain Delon si arruola come paracadutista nel corpo di spedizione francese in Indocina. E’ all’età di 23 anni che avviene il suo debutto cinematografico: dopo aver fatto un provino a Roma viene scelto per il film “Godot” (1958).

Nel 1960 il grande regista italiano Luchino Visconti lo vuole nel film “Rocco e i suoi fratelli”(con Burt Lancaster e Claudia Cardinale) la tappa è una di quelle importantissime per la carriera dell’attore francese.

Negli anni successivi Delon lavora con altri registi importanti del cinema italiano, basti citare Michelangelo Antonioni (“L’eclisse”, 1962, con Monica Vitti). Nel 1963 Alain Delon è ne “Il Gattopardo”, ancora di Luchino Visconti, dove interpreta il seducente principe Tancredi, indimenticabile nella sua prova, soprattutto per il pubblico femminile.

Dopo una lunga storia d’amore con l’attrice Romy Schneider, nel 1964 Alain Delon sposa Nathalie Barthelemy, modella e madre del suo primo figlio, Anthony.
Nel 1966 è in “Nè onore nè gloria” (con Anthony Quinn) e nel 1967 è interprete nel film “Frank Costello faccia d’angelo” (1967, di Jean-Pierre Melville), una delle sue performance più riuscite.

Negli anni ’70 il sex-symbol francese ha interpretato diversi ruoli sul grande schermo in alcuni film: “La piscina” (1968), “Borsalino” (1970, di Jacques Deray) in cui recita insieme a quello che da tempo tutti consideravano il suo più grande rivale, Jean-Paul Belmondo. Nel 1985 Alain Delon interrompe la carriera dicendosi disposto a riprenderla solo se dovesse capitare di partecipare ad un film a fianco di Marlon Brando.

Dopo il divorzio con la modella Nathalie Barthelemy, inizia una lunga storia con l’attrice Mireille Darc e dopo di lei è la volta della giovane Anne Parillaud, la “Nikita” di Luc Besson .

Negli anni ’90 Alain Delon diventa nuovamente padre di due bambini, avuti dalla modella olandese Rosalie Van Breemen ma dopo quindici anni la signora Delon se ne tornò dalla mamma, in Olanda.

Bella e infelice, ricca e frustrata, a 35 anni Rosalie lasciò l’ ideale maschile del secolo, il mito che non ingigantiva ma schiacciava la sua vita, e lo ha lasciato stordito nel languore, come tutti gli eroi che sono stati rovinati dalle donne, da una donna, come Astolfo e Giocondo nell’ Orlando furioso.

La fuga di Rosalie ha talmente depresso Alain Delon che gli provocò idee di suicidio come dichiarò nel 2002 a Paris Match e, peggio ancora, da fargli confessare che proprio lui, l’ uomo più bello del mondo, non capisce le donne, da fargli rimpiangere di non averle mai capite.

Confessa Delon: «Alla luce della mia esperienza posso dire che non capisco le donne, non le ho mai capite e morirò senza capirle».

Proprio lui che tutti abbiamo invidiato perché non gli era necessario capire le donne per averle, lui che le ingombrava di sé senza mai riempirle, e gli bastava posare da maledetto per portarle a letto, proprio lui, da vecchio, vorrebbe ora capirle e si dispera e si contorce come un ragazzo alla prima delusione.

Invece di ammettere che è duro, troppo duro, diventare il nonno della propria moglie, Alain Delon si ripropone come l’ eterno Ganimede, il giovane che piace agli dei.

Dimentica d’ essere un bel mito un po’ in carne, un prosperoso e gioviale monumento, e ancora e sempre si identifica con Rocco, con Tancredi, con Zorro e mister Klein, pensa di avere i brufoli, non si rende conto che c’è una sola cosa più triste di invecchiare: rimanere acerbi, incompiuti.

Eccolo identificarsi con i personaggi tutti passione dei suoi drammoni contorti dove l’amore è un’acqua benedetta che brucia quando ci si asperge.

In questo contesto da Traviata, la partenza di Rosalie diventa la morte delle illusioni «e non si può passare una vita a rifarsi una vita». Del resto la vita non vale più nulla ai suoi occhi: «Io chiamo ma non sono chiamato, io aiuto ma non sono aiutato».

Il maschio più desiderato del secolo non è più niente senza Rosalie, non si trova bene da nessuna parte, e l’ unica cosa che gli rimane è se stesso, ma purtroppo non può fare come la moglie e abbandonarsi:

«Quando guardo le foto di Delon, quello non sono io, io rivedo le lacrime della mia infanzia e in rapporto a quel che sento, perdo il filo. Alain è superato da Delon».

Perciò la voglia di suicidio si accresce come una macchia d’ olio in fondo al suo pensiero, essere o non essere: «Sparire o restare? E per mia figlia è meglio che io muoia o che io viva?».

Chiuso senza rimedio nella sua prigione circolare, Alain Delon ha ricordato il suo passato, per Rosalie aveva smesso la vita spericolata ed eccessiva e si era ritirato in famiglia, l’eterno errabondo si era costruito un focolare, l’amante libertino era diventato fedele come un diavolo, l’ amico dei gangster faceva beneficenza e come un banchiere aveva preso il passaporto svizzero, e gestiva il proprio mito facendo affari colossali che arricchivano la famiglia, e sempre discuteva appassionatamente dell’ educazione dei ragazzi, Alain-Fabien e Anouchka:

«Ho avuto mia figlia a 55 anni e mio figlio a 59. Li avevo sognati tutta la vita. Essi sono la mia forza, il mio equilibrio, la mia indistruttibilità. E un giorno tutto questo è andato in fumo».

Ora ci ha lasciato, è partito nel suo ultimo viaggio senza ritorno, quello anelato negli ultimi anni. La sua dipartita è stata voluta fortemente, Alain Delon non si riconosceva più, era diventato un uomo comune, un “vecchio” e non più l’incarnazione della bellezza che tutto il mondo ha amato .

Lui non capiva che noi lo abbiamo amato fino all’ultimo istante della sua vita, pieno di acciacchi rughe e sofferenze.

Au revoir Monsieur Delon❤️

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