“a tu per tu con…” Mimmo Mancini e il suo Ameluk

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Mimmo Mancini e il suo Ameluk

A Mariotto, un piccolo paese della Puglia, sta per svolgersi la tradizionale Via Crucis del Venerdì Santo.

L’interprete di Gesù, il parrucchiere Michele, si siede sulla corona di spine e si ferisce.

Non può più fare Gesù!

Attimi di smarrimento, anche perché la processione è in uscita e non può subire ritardi.

Nel piccolo paese c’è Jusuf, famoso per la sua disponibilità nei confronti di tutti, nonché collaboratore dell’amico parroco Don Nicola come tecnico audio, delle luci e altro.

Don Nicola, vista l’emergenza e non avendo altri per le mani, lo chiama e gli dice di sostituire Michele nella parte di Gesù: si tratta, però, di un musulmano a cui spetta, suo malgrado, di impersonare Cristo e di portare sulle sue spalle la croce nella Via Crucis.

È l’inizio del Calvario: la storia fa il giro del mondo e Mariotto si spacca in due, tra sostenitori e calunniatori.

Parallelamente si svolge la campagna elettorale per scegliere il nuovo sindaco.

La battaglia si fa sempre più accesa, partecipata e ingarbugliata, dà il via a una esilarante commedia all’italiana tra religioni, costume e politica e offre innumerevoli spunti di riflessione, ricordando sotto sotto, forse, un vecchio evento elettorale svoltosi tempo addietro a Mariotto, quando la popolazione, in protesta per alcuni servizi essenziali mancanti, si divise tra chi voleva andare a votare e chi no.

https://www.youtube.com/watch?v=Owl6AYD6NM0

Questa la sinossi del film Ameluk, che segna l’esordio di Mimmo Mancini alla regia del lungometraggio e lo vede anche interprete e sceneggiatore.

Ma chi è il nostro regista?

Mimmo Mancini nasce a Bitonto il 18 maggio 1960.

A diciassette anni frequenta a Bari un corso teatrale a indirizzo professionale e debutta con alcune compagnie locali.

Nel 1984 la sua prima tournée nazionale con Le allegre comari di Windsor di William Shakespeare, con Carlo Hintermann e Bianca Toccafondi per la regia di Nucci Ladogana.

Trasferitosi a Roma dopo varie esperienze di teatro cabaret, televisione e radio, scrive a quattro mani con Paolo De Vita ed interpreta due spettacoli teatrali: Non venite mangiati e Vi faremo sapere“.

Non venite mangiati segna il debutto a Roma della coppia dei Fratelli Carlo (De Vita) e Cosimo (Mancini) Capitoni e viene rappresentato per la prima volta al Teatro Trastevere nel 1990 e ripreso al Teatro dei Satiri.

Lo spettacolo annovera più di cento repliche in tutta Italia.

Vi faremo sapere viene rappresentato per la prima volta nel 1992 al Teatro dei Satiri e ripreso al Teatro Argot di Roma.

In teatro ricopre vari ruoli in molti spettacoli di successo tra cui: Buio Interno, per la regia di Marinella Anaclerio; Notturno di donna con ospiti, di A. Ruccello, con Giuliana De Sio, per la regia di Enrico Maria La Manna, con il quale firma anche la regia del monologo Lo Zì, scritto in collaborazione con Pietro Albino di Pasquale e rappresentato anche presso il River Side Studios di Londra.

E’ nel cast anche di film per la televisione, come: L’attentatuni, nel ruolo dell’agente Orso, per la regia di Claudio Bonivento; La guerra è finita, nel ruolo del sergente Donati, con Alessandro Gassman, per la regia di Lodovico Gasparini; L’uomo sbagliato nel ruolo del detenuto Poldo, con Beppe Fiorello, per la regia di Stefano Reali; Distretto di Polizia 7, nel ruolo del cattivissimo Morace, per la regia di Alessandro Capone; l’ultima serie del Maresciallo Rocca, con Gigi Proietti e continua. Partecipare in molte altre fiction Rai e Mediaset.

Per il cinema partecipa a: Arriva la bufera di Daniele Luchetti; Colpo di Luna di Alberto Simone (menzione speciale al Festival di Berlino 1995); A domani di Gianni Zanasi (in concorso alla 56ª Mostra di Venezia); Ospiti di Matteo Garrone; Lacapagira  di Alessandro Piva; Il Caimano di Nanni Moretti.

Ha all’attivo la regia di quattro cortometraggi, di cui ha curato anche il soggetto e la sceneggiatura: Sul Mare LuccicaArroganti girati in pellicola, U su’  e Direzione Obbligatoria  girati invece in HD.

Recentemente lo abbiamo visto, accanto a Cesare Bocci e Nino Frassica, nella fiction televisiva Fratelli Caputo dove ha dato, ancora una volta, uno splendido saggio della sua versatile arte d’attore nelle vesti dell’onorevole Valente.

Ma torniamo ad Ameluk, sbarcato da poco su Amazon Prime Video, una delle più famose piattaforme di film in streaming, grazie all’intervento della Draka Cinematografica di Corrado Azzollini che ha sdoganato il film da una situazione difficile e rischiosa.

Questa ennesima rinascita del film, che sembrava ormai dimenticato, ha scatenato l’orgoglio e la soddisfazione del regista e del suo creatore, di tutti coloro che ne furono attori e protagonisti anche dietro le quinte o semplici comparse e degli abitanti di Mariotto, dove la febbre da Ameluk non è mai passata.

Grande anche il mio entusiasmo che mi ha fatto rivivere i momenti delle riprese del film che seguii molto da vicino, guadagnandomi anche una mini apparizione a testimonianza di essere stato uno dei primi a essere stato messo a conoscenza del progetto in itinere.

E ora, in una sorta di flashback, acquattato dietro le quinte del set, approfitto di  un momento di pausa  e corro in soccorso di Mimmo Mancini per aiutarlo a togliersi, a distanza di anni, qualche sassolino dalla scarpa…

Mancini – C’era una volta un figlio di nessuno che ha dedicato 10 anni della propria vita per realizzare un film dove ti fai un gran sedere come sceneggiatore, per giunta gratis…

Fiore – Gratis?

Mancini – Sì, gratis! Inizio con un minimo contributo di circa 5000 euro dell’imprenditore Pietro Marseglia di Monopoli, al quale sono e sarò sempre grato. Se non fosse stato per lui forse non sarei mai partito a scrivere quel minimo per mettere pepe al progetto e voglia di fare all’altro sceneggiatore Carlo Dellonte, che con me ne ha viste di tutti i colori.

Fiore – Certo, ti assumesti una bella responsabilità?

Mancini – Tutta, anche perché fare un film, opera prima, dove sei regista, attore e sceneggiatore, richiede protezione, lavoro di squadra e una forte equipe che ti supporta e sopporta…

Fiore – E invece?

Mancini – Al contrario mi sono ritrovato a fare di tutto dal casting al finto produttore senza mai esserlo per davvero e per legge, senza avere il potere di dire questo si fa e questo non si fa. Per mia filosofia di vita non avrei mai lasciato nessuno con l’amaro in bocca, per usare una metafora. In ogni caso per chi fosse interessato il nome della produzione e del produttore sono scritti nei titoli di testa e di coda e sul manifesto del film.

Fiore – Anche se a volte gli autori di Ameluk vengono confusi per i produttori.

Mancini – Certo! Ma questa  è un’altra storia e, per essere gentile, scelgo di dire che chi fa questa confusione è assolutamente disinformato. Andiamo per ordine, però, perché vorrei innanzi tutto ringraziarti per l’opportunità che dai al mio Ameluk di occupare una piccola nicchia di SCREPMagazine e poi esprimere la mia gioia per averlo visto finalmente sbarcare anche su Amazon Prime, dopo tante tristi peripezie. Così chi sinora non ha avuto la possibilità di visionarlo a cinema, e sono tanti ,vista la sua risicata distribuzione, può farlo standosene comodamente seduto sul divano di casa, perché alla fine questo conta, quello che la gente vede sullo schermo. 

Fiore – Assolutamente vero! Quello che conta è il numero degli spettatori che hanno visto un film. Il resto è una fanfaluca che vola.

Mancini – Com’è vero che, se un figlio di nessuno vuole provare a sfidare la sorte nella terra dei giganti del cinema, tutto si complica e il film diventa un film nel film…

Fiore – Quando e perché decidesti di scrivere Ameluk?

Mancini – Decisi di scrivere Ameluk perché alle soglie del terzo millennio i mezzi d’informazione facevano previsioni su cosa sarebbe stato il futuro  dell’umanità, cioè l’oggi.

Allora non si poteva prevedere una simile catastrofe sanitaria per colpa di un virus. In quegli anni, tra i vari argomenti che dominavano i media e la politica, ce n’era uno che, in particolar modo, occupava le prime pagine dei quotidiani: le guerre di religione.

In quei giorni “casualmente”, nulla è mai casuale, mi capitò tra le mani il Messaggio di Sua Santità il Dalai Lama per il nuovo millennio.

In quella lettera il capo spirituale del Buddismo tibetano spiegava che tipi di sforzi avrebbe dovuto compiere l’umanità per rendere il mondo così come lo si desidera e non per come è.

“Questa possibilità è nelle mani di tutti, ma soprattutto nelle mani delle giovani generazioni.

“Per quanto riguarda l’educazione, che generalmente opera soltanto sul versante accademico, dobbiamo sviluppare nelle menti delle giovani generazioni, che studiano nelle varie istituzioni educative,         più altruismo e un senso di responsabilità e di solidarietà nei confronti degli altri. Si potrebbe allora chiamare questo tipo di educazione etica secolare, poiché, di fatto, essa consiste in qualità umane basilari quali la gentilezza, la compassione, la sincerità e l’onestà.”       

Così scriveva il Dalai Lama.

Fu così e per altre ragioni ancora, che, allo scadere della mezzanotte del 1999, espressi il desiderio e feci promessa di fare qualcosa nel mio piccolo per il prossimo, ignaro di tutto quello che mi sarebbe stato riservato nel realizzare un film a casa mia, specialmente quando hai la convinzione che a casa tua tutti ti vorranno bene.

Fiore – E non è stato vero?

Mancini – Quanto meno non vero del tutto, anche se, sia chiaro, sono molte di più le persone a cui devo dire grazie, come te, caro Vincenzo.

La lunga lista è nei titoli di coda: a loro dico ancora grazie.

Ogni cosa ha una sua ragion d’essere, come aver avuto una produzione con un alto tasso di negatività addolcita dalle tante persone gentili, amorevoli e amiche vere che  ostacolarono quella forte negatività.

Nella vita occorre vera pazienza e autentica fiducia. Poi tutto torna.

Pensa, ho coltivato bonsai per più di vent’anni, sai perché?

Mi addestravo all’attesa, ad avere pazienza, io che ne ho sempre avuta poca, essendo di carattere fumantino.

Toccava attendere le quattro stagioni per dare forma a una pianta e, se per fretta e nervosismo tagliavo a casaccio un ramo, dovevo aspettare due anni per riparare  quel danno.

Fiore – Non male come scuola.

Mancini – Già, se sono riuscito ad alimentare e far lievitare la mia poca pazienza. Facendo così, ho imparato ad avere pazienza anche nel dare le giuste risposte a tempo debito, come sto facendo ora, grazie al tuo blog e al tuo aver saputo cogliere il momento giusto per questa intervista.

Ho imparato ad agire senza fretta e senza sentimenti negativi, ma a chiarire con animo più sereno, senza paura, senza temere il giudizio di nessuno e senza girare la testa dall’altra parte.

Non sono mai stato un tipo che ha mollato, ho lasciato a diciotto anni l’agiatezza e il benessere della casa dei miei genitori per tuffarmi nel caos, la fame, il disagio, l’avventura e l’inferno di Roma. Esperienza che mi consente di non avere paura di nulla e meno che mai della cattiveria, dell’invidia e dell’ignoranza.

Scelsi di tuffarmi nella vita romana per fare quello che da bambino avevo sempre sognato e che sentivo nel cuore. Ecco perché conosco bene i miei sentimenti e la mia morale, che  oggi mi fa rispettare il lavoro altrui ed evitare pettegolezzi inutili!

Fiore – Dai, acqua passata. Andiamo avanti…

Mancini – 11 settembre 2011 è la data d’inizio del lungo viaggio di Ameluk, cui segue l’apertura di una pagina Facebook per cercare collaboratori.

Tra le tante iniziative, scrivo una lettera all’allora Sindaco di Bitonto, Dott. Raffaele Valla, tu caro Vincenzo, eri assessore alla comunicazione e partecipazione, con richiesta di patrocinio per il film, che avrei girato nel 2013.

La presento a nome di due società, che poi non avrebbero partecipato al film, e da autore del film spiego il taglio e il contenuto artistico del film.

Fiore – E se ricordo bene anche il motivo per cui il film avrebbe avuto come titolo “Ameluk”.

Mancini – Hai buona memoria.

Ricordavo che Hameluk era il nome di un venditore ambulante che, negli anni sessanta, girava per le piazze e le sagre di paese della Puglia, e vendeva pastiglie “contro” il fumo.

Un omone con i baffi da turco e il classico “fez” marocchino di colore rosso, con i cordoncini neri che ciondolavano al movimento del suo testone e che accanto al banchetto colmo di confetti, con i baffoni che gli davano un’aria da “Mangiafuoco” musulmano, cercava di convincere contadini e passanti che le sue bianche e magiche pastiglie avrebbero risolto il problema delle sigarette, della   nicotina e del fumo.

In effetti non c’era nulla di miracoloso, erano semplici caramelle con zucchero e menta che non hanno mai fatto smettere nessuno dal fumare.

Mettendo da parte la storia del baffone ambulante, l’etimologia della parola “ameluk” potrebbe derivare da “mamelucco”, etnia di origine egiziana.

Così giocando con il dialetto pugliese, “mamelucco” diventa “mammalukke”, poi “ammelukke” e quindi “Ameluk”, che sarà il soprannome di Jusuf, il protagonista del film, in linea con l’uso in voga dalle nostre parti di dare un soprannome a tutti, specialmente a chi viene da lontano.

Fiore – Ma chi è  Jusuf-Ameluk?

Mancini – Jusuf-Ameluk, il nostro protagonista, mette su famiglia in un piccolo centro, Mariotto, a ridosso della Murgia barese, pietrosa e arida come le colline che si estendono tra Giordania, Cisgiordania e Israele.

Quelle brulle e pietrose colline lo fanno sentire un po’ a casa.

Jusuf, pur essendo musulmano, ha sposato una ragazza del paese, italiana e cattolica.

Ma per lui non è facile inserirsi in quest’angolo della nostra Italia con  gente abituata a un secolo di emigrazione e che oggi si trova a dover far fronte all’immigrazione e a un confronto religioso, politico e sociale, in una realtà ben diversa da quella dinamica delle grandi città.

Mariotto, nome del centro agricolo scelto e voluto a tutti i costi, è un luogo dove le contaminazioni avvengono con ritmi più lenti, dove gli scenari per una nuova convivenza tra persone possono essere paradossali, assurdi, così come accade a Jusuf nel film che parte da una situazione paradossale e controversa: un musulmano che si ritrova a interpretare Cristo durante la Via Crucis.

Fiore – Una commedia…

Mancini – …una commedia amara, scomoda e mi lascio scappare questo termine spesso impropriamente utilizzato “per il sociale”, una storia seriamente divertente.

Infatti il film ha un tono leggero da commedia, con momenti toccanti e drammatici perché alla base dei contrasti sociali e sui grandi temi ci sono sempre l’essere umano e la sua difficile ricerca della felicità.

Ameluk è un film corale che parla dell’Italia e degli italiani e che prova ad affrontare un tema universale come il confronto-scontro tra fedi e culture diverse.

E’ un film contro i pregiudizi religiosi e etnici.

Ecco perché per far questo ho scelto un tono seriamente divertente: l’attualità va di pari passo con il livello parodistico sotteso a tutta la vicenda.

Il tema del film è molto chiaro: venirsi incontro è il modo migliore per vivere in pace e imparare l’uno dall’altro è il modo migliore per crescere.

Per far trionfare questo valore bisogna prima sconfiggere egoismi, timori, ignoranza, campanilismi e la paura del diverso.

E di tutto questo, da quel 2011, è cambiato pochissimo: ecco perché Ameluk sembra un film scritto ieri, se non oggi.

Fiore – Comunque ti devo dare atto che per il tuo Ameluk ti sei battuto su vari fronti difendendoti, attaccando e lottando con tutti i mezzi…anche con le unghie e i denti!

Mancini – Infatti ha ottenuto il contributo da Apulia Film Commission e dal Ministero dei Beni Culturali – dipartimento cinema, in quanto film di interesse culturale, contributo mai riscosso per la “fantastica gestione” della produzione.

Le riprese, come tu sai, previste per l’estate 2012, slittarono per ragioni produttive nel 2013, per la durata di cinque settimane, che poi divennero quattro, tra Mariotto, Bitonto, Ruvo di Puglia, Castel del Monte e Trani.

Per la realizzazione del film mi ero battuto affinché la produzione si avvalesse di attori e maestranze del luogo, per sviluppare le potenzialità espressive e le connotazioni peculiari della cultura e del sentimento del popolo pugliese, per la diffusione culturale del suo territorio a livello nazionale ed internazionale.

Le mie intenzioni erano state serie e estremamente corrette nei confronti di quella gente, tra i quali alcuni amici e mi sono sempre speso affinché tutti fossero trattati bene e pagati fino all’ultimo centesimo.

Da sognatore di “sogni sognati” dissi che io dovevo essere l’ultimo ad essere pagato perché mi ritenevo il capitano della nave.

E infatti mi presero in parola.

Non ho mai ricevuto un euro per tutto quello che ho fatto in dieci anni, se non la soddisfazione morale del pubblico, di chi ha apprezzato il film e di alcuni suoi premi.

Il film infatti ha girato in lungo e in largo da Montreal a Telaviv, da New York alla Tunisia oltre che in vari festival italiani.

Fiore – Puoi esserne fiero, caro Mimmo!

Mancini – Sì, ne sono fiero perché con le parole e le scene del film sono riuscito a comunicare idee, sentimenti ed emozioni vere, quotidiane dando un segnale preciso e puntuale: il rapporto tra gli uomini deve essere impostato sui binari della lealtà e del rispetto reciproco.

Fiore – Altro?

Mancini – Sì, la soddisfazione, come avrai potuto evincere dalle mie parole, di aver finalmente trovato una persona, te, caro Vincenzo, che mi ha tirato fuori il dolore che in silenzio mi porto dietro dal 2013 e mi dà la possibilità di chiedere scusa a quei pochi che, come me, meritano giustizia, una giustizia che purtroppo non arriverà mai, viste le vicende in cui è incappata la produzione.

Resta però la pietra miliare dell’orgoglio di aver fatto qualcosa di buono, di aver realizzato un buon film, di aver costruito amicizie e conoscenze che hanno messo la museruola alla sfortuna di aver avuto a che fare con persone poco credibili, ma forti solo del loro fatuo ego, che purtroppo mi hanno fatto giocare quegli euro che avevo da parte.

Un’ultima riflessione.

Ho scelto ScrepMagazine per parlare, perché finalmente ho raggiunto una serenità d’animo che non mi fa dimenticare, ma ha assopita la rabbia nei confronti di chi ha abusato della mia bontà e della mia grande voglia di far nascere Ameluk.

Grazie ancora, caro Vincenzo, per avermi dato questa opportunità, questa finestra che solo un amico come te poteva aprirmi.

Ogni bene a tutti!

Mimmo Mancini e il suo Ameluk

… a cura di Vincenzo Fiore

Siate desiderio! Lettera al cuore dei giovani…

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Vincenzo Fiore
Sono Vincenzo Fiore, nato a Mariotto, borgo in provincia di Bari, il 10 dicembre 1948. Vivo tra Roma, dove risiedo, e Mariotto. Sposato con un figlio. Ho conseguito la maturità classica presso il liceo classico di Molfetta, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Bari con una tesi sullo scrittore peruviano, Carlos Castaneda. Dal 1982 sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti, elenco Pubblicisti. Amo la Politica che mi ha visto fortemente e attivamente impegnato anche con incarichi nazionali, amo organizzare eventi, presentazioni di libri, estemporanee di pittura. Mi appassiona l’agricoltura e il mondo contadino. Amo stare tra la gente e con la gente, mi piace interpretare la realtà nelle sue profondità più nascoste. Amo definirmi uno degli ultimi romantici, che guarda “oltre” per cercare l’infinito e ricamare la speranza sulla tela del vivere, in quell’intreccio di passioni, profumi, gioie, dolori e ricordi che formano il tempo della vita. Nel novembre 2017 ho dato alle stampe la mia prima raccolta di pensieri, “inchiostro d’anima”; ho scritto alcune prefazioni e note critiche per libri di poesie. Sono socio di Accademia e scrivo per SCREPMagazine.

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