LILLA ANAGNI
I desideri sono sempre stati, almeno sino a questo momento, le spinte più forti e potenti della mia vita e si sono affacciati nel mio quotidiano per fare il pieno del meglio e connettersi al mio io più profondo per migliorarlo ed eliminare le scorie costruite sulle lacune del non sapere e del non conoscere.
Tra queste lacune e scorie sino a qualche giorno fa c’era il non conoscere la città di Ragusa.
Sì, sino a qualche giorno fa, quando la lettura del romanzo “Vittoria, una vita da espiare” e le forti emozioni provate mi hanno dato la spinta per raggiungere Ragusa, dove risiede l’autrice Lilla Anagni, intervistarla e scoprire le bellezze naturali e architettoniche di un luogo il cui barocco, fiorito a seguito del terremoto del 1693, non poteva, per la sua estrosità e per la ricchezza dei suoi elementi decorativi, essermi ancora sconosciuto.
Ed ecco, dopo essere stato raggiunto da Lilla, attraversare Ragusa da un capo all’altro Ponte Vecchio o Ponte dei Cappuccini, costruito nel 1843, Ponte Nuovo costruito nel 1937 e Ponte Giovanni XXIII o Ponte San Vito costruito nel 1964 per poi proseguire per Piazza San Giovanni, la Cattedrale di San Giovanni Battista e il Palazzo Vescovile, la più grande costruzione tardo-settecentesca di Ragusa.
Proseguiamo per Corso Italia e giungiamo a Palazzo Bertini, dove la mia “guida”, invitandomi a ben guardare la facciata, fa scorrere la mia attenzione sui tre personaggi della cultura barocca sotto forma di mascheroni in pietra: un mendicante, un nobile e un mercante.
Con i tre mascheroni in pietra sulla facciata del nostro fisico appare e si fa sentire la stanchezza… ecco allora prendere corpo, prima di avviare l’intervista alla mia guida Lilla Anagni, la necessità di un boccone recupera forze!
E già… siete curiosi e volete conoscere il nostro menu!
Eccovi accontentati!
Un primo di cavati e ravioli di ricotta al sugo di maiale, del cucciddatie ovvero del pane fatto in casa condito con un po’ di capuliatu, il pomodoro secco tritato.
Altro? Sì, ci siamo lasciati sedurre da un assaggio di alcuni tipici dolci locali come torroni di mandorle, cubbaita e ‘mpanatigghie, il tutto innaffiato da un ottimo bicchiere di vino in omaggio alla Sicilia, a Ragusa e alla protagonista del romanzo di Lilla, l’ottimo Cerasuolo di Vittoria.
Lilla Anagni è una scrittrice, docente e blogger appassionata di storia e letteratura, nata a Messina ma residente dal 2007 a Ragusa.
Laureata in Lettere Moderne con una tesi dedicata all’attività politica di Caterina Benincasa ovvero Santa Caterina da Siena, ritenuta dalla lettura delle 381 lettere pervenuteci non solo una leader del bene sociale ma anticipatrice del pensiero politico di Machiavelli anche se fondato su opposti principi, Machiavelli punta sul bene “particulare”, la santa, donna invitta, sostiene il primato del bene comune, Lilla ha pure conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia Medievale.
Docente di Italiano e Latino al Liceo Scientifico di Ragusa, è impegnata politicamente in un movimento civico e svolge attività di socializzazione e diffusione della lettura anche attraverso incontri pubblici con diversi autori.
Ricca la sua verve culturale ed editoriale che si esplica attraverso il suo blog www.lillatrailibri.it corroborata dalla pubblicazione di Rosario Gregorio, storico del Medio Evo Siciliano per la rivista di storia e cultura Incontri Mediterranei e il racconto Il coraggio di ricominciare sulla violenza di genere per la rivista Historica.
Nel 2016 con Racconto di Natale si aggiudica il terzo posto al concorso di scrittura estemporanea “Improvvisa…mente” di Modica.
Nel maggio scorso è riapparsa alla ribalta della letteratura ed editoria italiana con il romanzo “Vittoria, una vita da espiare” senza il quale io non avrei potuto esaudire il feroce desiderio di conoscere Ragusa e voi, cari lettori, non sareste stati oggi a leggermi su ScrepMagazine.
Il segno che il destino non sempre è cinico e baro…
Fiore – Ed eccoci a noi, cara Lilla…Come mai in famiglia ti definiscono una lettrice patologica?
Anagni – L’espressione “lettrice patologica” è stata coniata da mio figlio, qualche anno fa, commentando il mio rapporto con i libri. Si tratta di una dipendenza che, naturalmente, non ha effetti collaterali negativi, ma solo positivi. Ti posso dire che le mie giornate acquisiscono un senso profondo soltanto quando posso dedicare qualche ora alla lettura. Quando questo non accade mi sembra di non aver vissuto pienamente e liberamente il mio tempo.
Fiore – Altro dato certo dei tuoi interessi culturali l’universo femminile, come prova la tua tesi di laurea su Caterina Benincasa. Quale la causa scatenante?
Anagni – Negli anni universitari ho scoperto autrici quali Oriana Fallaci, Alba de Cespedes a cui, in anni meno lontani, si è aggiunta Annie Ernaux. Tutte hanno raccontato la condizione di minorità cui la donna è stata costretta per secoli. Non è un caso che per incontrare un’autrice nelle antologie scolastiche bisogna attendere il Cinquecento e leggere qualche sonetto di Gaspara Stampa o Vittoria Colonna. Per quanto riguarda la letteratura latina è ancora peggio: mentre nel mondo greco si staglia la figura di Saffo, a Roma bisogna attendere l’età di Augusto per leggere qualche accenno alla poetessa Sulpicia e alle sue poesie d’amore. Sono le uniche poesie composte da una donna romana che, però, sono giunte fino a noi nel corpus di Tibullo. Quasi a volere cancellare l’identità dell’autrice che, comunque, era una privilegiata essendo vicina a Messalla Corvino e, di conseguenza, avendo avuto la possibilità di frequentare poeti come Tibullo e Ovidio.
Fiore – Come mai nel passato c’è stato poco interesse per la cultura al femminile?
Anagni – Penso sia stata la conseguenza dell’egemonia (posso definirla invereconda?) maschile nelle espressioni culturali, ma non solo. Le donne sono state tenute lontane nel nome di un’inferiorità che, di fatto, non esisteva. Piuttosto, quante riuscivano ad emergere venivano temute e spinte ai margini, quando non addirittura uccise. Pensiamo a Ippazia, filosofa ma anche astronoma e matematica, uccisa violentemente per invidia…
Ripensandoci, quello di Ippazia può essere considerato un femminicidio, essendo stata uccisa perché donna che brillava nello studio e nella ricerca ed era (penso che lo sia ancora oggi, almeno per molte donne) esempio di libero pensiero.
Fiore – Come riesci a conciliare l’insegnamento con la scrittura e l’impegno per il tuo blog Lillatrailibri così ricco ed interessante?
Anagni – Penso si tratti di un unicum, in quanto tutta la mia attività, pur nelle varie sfaccettature, deve essere riportata al mio modo di essere e di concepire la mia relazione con il mondo. A fondamento di tutto c’è il desiderio di darsi, di proporsi agli altri. Considero l’insegnamento condivisione, ma per condividere, per dare, bisogna prima essere.
L’essere va alimentato continuamente, perché non viene mai raggiunto una volta per sempre. Purtroppo, viviamo un tempo in cui siamo bombardati (non solo sui social) da personaggi improvvisati che si ritengono capaci di pontificare su qualsiasi argomento, riciclando informazioni racimolate in giro e scimmiottandosi a vicenda.
Ricordo sempre a studentesse e studenti l’antico adagio latino: primum esse, deinde philosophari. A me mette ansia sentire filosofare chi non si impegna a coltivare se stesso, la propria intelligenza, la propria anima…
Fiore – Pietra miliare del tuo “fare” e “diffondere” cultura è la violenza di genere. Quali le cause principali di tale violenza?
Anagni – Certamente, non tocca a me individuarle, non essendo un’esperta, ma una semplice cittadina che cerca di comprendere quanto avviene interno a sé. Posso, pertanto, limitarmi a condividere la mia sensazione. Penso che la questione sia culturale, scaturisca tanto dalla cattiva educazione che dalla mancanza di Cultura (con l’iniziale maiuscola); dall’incapacità di commuoversi davanti a un tramonto, di lasciarsi incantare da un’opera d’arte, di abbandonarsi ascoltando un concerto di musica classica…
A fronte di queste carenze, il cui elenco è certamente più lungo, vi è l’ansia di apparire, di mostrarsi, di imporsi senza chiedersi cosa si è in grado di dare, a cosa si è capaci di rinunciare. Piuttosto, si pretende di avere tutto e subito, come se il possesso di oggetti e persone rendesse più forti e capaci. Chi è schiavo di tale visione è incapace di accettare un rifiuto che ridimensionerebbe l’immagine di sé, costruita su falsi miti e falsi valori.
Fiore – Come il linguaggio sdogana la violenza nei confronti delle donne?
Anagni – Purtroppo, nel nostro tempo è stata cancellata ogni forma di pudore per cui molti (purtroppo, non solo i giovani) sono convinti di poter dire qualunque cosa a chiunque. Un contributo in questa direzione è stato dato dai social dove chiunque si sente libero di criticare, anche pesantemente e in maniera offensiva, l’altro, in nome di competenze che non sono chiare a chi legge e che di fatto non esistono.
Le donne, in particolare, divengono spesso bersaglio di apprezzamenti o critiche legate al proprio sesso. Hai mai sentito una osservazione rivolta a un uomo per l’abbigliamento o la pettinatura? O per volere scegliere liberamente chi e come amare?
Fiore – Quanta prevenzione viene fatta nei luoghi scolastici ed educativi per abbattere la violenza maschile contro le donne?
Anagni – L’attenzione è continua e costante sia durante lo svolgimento delle attività didattiche che in contesti più informali, quando osserviamo e rileviamo comportamenti sessisti e osservazioni poco pertinenti. Devo dire, comunque, che a scuola studentesse e studenti vivono relazioni perfettamente paritarie, pur nella diversità del loro essere. Io ti parlo, comunque, da un osservatorio privilegiato, quale può essere considerato quello liceale, ma sono convinta che, generalmente, gli adolescenti si relazionano tra loro serenamente. Come insegnante di Lettere, inoltre, attraverso lo studio degli autori del passato o di quelli contemporanei, mi ritrovo spessissimo ad affrontare tematiche legate alla relazione uomo/donna.
Da Catullo a Leopardi, passando per Cicerone o Boccaccio l’amore, non sempre vissuto felicemente, diviene motivo di riflessione e confronto per tutti.
Fiore – Cosa pensi della giornata internazionale contro la violenza sulle donne?
Anagni – Penso che sia importante proporre momenti di riflessione, durante i quali ascoltare le figure istituzionali e le testimonianze di donne e uomini che sono stati protagonisti di episodi di violenza. Questi momenti, infatti, possono rivelarsi fondamentali per comprendere e divenire consapevoli dei rischi e di comportamenti ritenuti normali.
Fiore – Quanto questo tuo impegno civile e sociale ha contribuito alla nascita di “Vittoria. Una vita da espiare”?
Anagni – Come scrivo nella nota conclusiva del romanzo, “Vittoria” non avrebbe mai visto la luce se non avessi ascoltato o letto storie di donne il cui vissuto è stato drammaticamente segnato da episodi di violenza. Testimonianze che ho potuto ascoltare durante incontri pubblici o che ho letto. Mi è capitato anche, in alcuni contesti, di assistere a episodi di violenza verbale mascherati di normalità, ma che mi hanno lasciato un profondo turbamento.
“Vittoria” non sarebbe mai nata se non avessi visto le lacrime di qualche mia studentessa correre fuori dall’aula perché tradita, per l’ennesima volta, da un fidanzato che mortifica ed umilia…
Con “Vittoria”, inoltre, vorrei spingere alla riflessione le tante adolescenti che, quotidianamente, vedo intorno a me, tutte desiderose di essere accolte e ammirate, ma non tutte consapevoli delle proprie fragilità.
Fiore – Lo so… te lo leggo negli occhi! Mi vuoi chiedere cosa penso della tua ultima fatica letteraria…
Anagni – Esatto!
Fiore – Il mio è un giudizio oltremodo positivo e per come affronti vicende molto particolari e dolorose e per come offri elementi fondanti di un segmento di vita siciliana…
Anagni – La Sicilia è la mia patria. È il ventre che mi ha nutrita, cullata e formata.
Non a caso, è presente nei luoghi, nelle tradizioni, nei proverbi che, per secoli, per i nostri avi hanno rappresentato la cultura trasmessa oralmente, espressione di saggezza e di appartenenza.
Fiore – Una positività, la mia, sprigionata anche dalle emozioni che nascono dale vicissitudini attraversate e vissute da Vittoria e dalla sua mamma per il fare e l’essere cattivo, dispotico e violento del padre in nettissimo contrasto con la dolce e premurosa nonna.
Anagni – La nonna paterna, tra l’altro. Una donna forte e determinata, come le donne siciliane sono sempre state, pur nell’apparente remissività. Io l’ho immaginata consapevole dei limiti del proprio figlio e solidale con la nuora, la mamma di Vittoria. Accanto a questa nonna, ci sono anche i genitori della mamma di Vittoria e lo zio. A Palermo, Vittoria avrà modo di vivere in una famiglia allargata, amorevole e attenta ai suoi bisogni. Ho voluto tessere una trama di relazioni familiari che fino a qualche decennio fa era ancora possibile, ma che nel nostro tempo sembra sfibrarsi sempre più.
Fiore – Un romanzo, il tuo, ricco di colpi di scena che tengono sempre viva l’attenzione di chi lo legge senza alcuna soluzione di continuità…
Anagni – Si. Il romanzo è il racconto fatto da Vittoria, attraversa tutta la sua esistenza, fatta di amarezze, ma anche di successi professionali, di affetti, amicizie, amori…
Fiore – Già… non sei ancora soddisfatta! Vuoi sapere altro…
Anagni – Mi piacerebbe…
Fiore – I tuoi sono sì personaggi inventati e raccolti dalla fantasia ma in effetti sono donne e uomini reali vissuti in un particolare periodo storico della Sicilia quando l’orgoglio, la gelosia, l’impeto d’amore e d’odio, la fedeltà e la vendetta, la lealtà e la generosità ne facevano i tratti proverbiali e caratteristici. Ecco allora il lettore non leggere ma incamminarsi per i luoghi più caratteristici di Palermo e passeggiare accanto ai protagonisti per vivere le loro ansie, le loro gioie, le loro angosce, i loro problemi, i loro sorrisi, le loro lacrime.
Anagni – Palermo è stata a lungo la mia patria ideale. La patria dell’anima, direi. È stata la prima città in cui ho vissuto, pur se per periodi brevissimi, in assoluta autonomia, durante gli anni in cui studiavo per il dottorato di ricerca.
Avendo studiato a Messina, non ho avuto la possibilità (come accade oggi a molti giovani, dopo avere ottenuto la maturità) di studiare lontano da casa. Sono stata, quindi, figlia a lungo, accudita e protetta. I viaggi periodici a Palermo e i brevi soggiorni mi hanno permesso di prendere atto della capacità di stare da sola, ma soprattutto mi hanno dato la possibilità di scoprire una città bellissima, che amo.
Fiore – Altra bellezza del tuo romanzo? Lo stile! Uno stile asciutto, diretto, privo di artifizi, di ridondanze e superfluità con un narrare lucido che riprende ed esplora la violenza di genere e del patriarcato senza mai scadere nella retorica e nelle frasi ad effetto o negli inutili slogan…
Anagni – Ritengo sia il frutto del rigoroso “labor limae” cui ho sottoposto il romanzo dopo la prima stesura, passando, di volta in volta, dalla lettura digitale a quella in stampa. Nella mia libreria, giacciono cinque copie del romanzo, stampato in tipografia, e corretto. Insomma, come dico sempre scherzando, si potrebbe fare un’edizione critica.
Fiore – Insomma un libro, un romanzo che si inserisce a pieno titolo nella biblioteca della violenza di genere per contribuire senza giri di parole a debellarla…
Anagni – Mi auguro che sia così e che venga letto e utilizzato con questa finalità.
Fiore – Soddisfatta, gentilissima “passionaria”? Mi merito un caffè ragusano?
Anagni – Anche tu? “Passionaria” è il termine utilizzato da un mio carissimo collega (che considero il mio terzo fratello, in aggiunta ai due germani) quando osserva le mie reazioni d’impeto. Comunque, il caffè lo hai meritato, senza se e senza ma.
Fiore – E allora andiamoci a prendere questo caffè e grazie per l’opportunità offertami per visitare ed apprezzare Ragusa…
Anagni – Grazie a te per l’attenzione che hai dedicato alla mia “Vittoria”, per la sensibilità e la profondità della tua lettura.
Vincenzo Fiore
Bellissima intervista.Complimenti alla carissima amica Lilla e, ovviamente, a Vincenzo Fiore.