Uomini soli

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Era Ferragosto, e mentre il mondo si riempiva di festeggiamenti e allegria, Marco si trovava nel suo appartamento di città, immerso nel silenzio. Le strade, di solito affollate, erano deserte; le finestre chiuse, i rumori lasciati fuori. Per lui, quel giorno era un promemoria della solitudine che lo accompagnava da tempo.

La mattina si svegliò tardi, il sole filtrava attraverso le tende, creando strisce di luce sul pavimento. Non c’era nulla da fare, nessuno con cui condividere il giorno. Gli amici avevano tutti pianificato gite al mare o pranzi in famiglia, mentre lui si era ritrovato a casa, incapace di unirsi a loro, bloccato da un malessere che sembrava crescere in lui come un’ombra.

Decise di uscire, di prendere una boccata d’aria. Uscendo dalla porta, il calore del sole lo colpì come un abbraccio inaspettato, ma la vista della città vuota lo fece sentire ancora più isolato. Camminò senza meta, osservando le famiglie che si dirigevano verso le spiagge, i bambini che correvano ridendo. Ogni sorriso che incontrava sembrava un promemoria della sua solitudine.

Si fermò in un parco, dove un gruppo di amici stava organizzando un picnic. Le risate e la musica si diffondevano nell’aria, ma Marco si sedette su una panchina distante, cercando di nascondere il suo disagio. Prese il telefono, ma non ci fu nessuno da contattare. Un messaggio per chiedere un incontro sembrava impossibile. Così rimase lì, osservando il mondo che continuava a girare intorno a lui, come un film in cui non era il protagonista.

Dopo un po’, decise di tornare a casa. La solitudine era diventata un compagno familiare, ma quel Ferragosto sembrava particolarmente pesante. Entrando nell’appartamento, il silenzio lo accolse come un vecchio amico. Si sedette alla finestra, guardando il sole calare all’orizzonte, tingendo il cielo di arancione e rosa.

Mentre le ombre si allungavano, Marco rifletté sulla sua vita. La solitudine non era solo l’assenza di compagnia, era anche la mancanza di connessione, di momenti condivisi. Si sentì sopraffatto dalla tristezza, ma in quel momento di introspezione, qualcosa cambiò. Decise di scrivere.

Prese carta e penna e iniziò a mettere nero su bianco i suoi pensieri, i suoi desideri, e le sue paure. Scrivere divenne una liberazione, una forma di comunicazione con se stesso. Raccontò di come si sentisse invisibile, di come desiderasse ardentemente condividere la sua vita con qualcuno, ma anche di come la scrittura lo facesse sentire vivo.

Quando la notte calò, Marco chiuse il quaderno e si sentì un po’ più leggero. Nonostante la solitudine, aveva trovato un modo per esprimere ciò che portava dentro. Ferragosto non era stato come per gli altri, ma quella giornata lo aveva portato a una nuova consapevolezza: la solitudine, anche se pesante, poteva diventare un’opportunità per scoprire se stesso.

E così, mentre il mondo festeggiava, Marco abbracciò la sua solitudine, trasformandola in un viaggio interiore, un passo verso la connessione che tanto desiderava.

Angela Amendola

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