Camminavamo nel grande giardino, tra le orchidee, a passo lento, come se i movimenti dei nostri corpi corrispondessero all’intensità dei nostri pensieri, lenti anch’essi per lo scavare nel profondo delle nostre anime.
Dal silenzio profumato di un pomeriggio di primavera inoltrata, il suono della tua voce iniziò a sgorgare simile ad un piccolo ruscello in piena armonia con tutta la bellezza che ci circondava.
“Non è vero che i drammi del mondo, che il dolore dell’umanità, che le sofferenze vicine e lontane alle nostre esistenze, che le guerre e le conseguenti atrocità, migliorino i singoli essere umani, i quali, spesso, continuano a vivere chiusi nel loro triste quotidiano, nelle loro ipocrisie generatrici di ingiustizie, nella mediocrità delle loro invidie, nel cemento armato delle loro false certezze. Questi esseri calpestano, forse inconsapevoli o forse ignoranti di vita vissuta autenticamente, le altrui sensibilità. Il loro cuore indurito non viene scalfito da alcun palpito spirituale, farisei del duemila, tutto gli scivola addosso, vestiti, come sono, di coperte trapuntate di insensibilità, svuotando Dio con le loro vuote preghiere“.
Poi la tua voce tacque, io guardavo oltre una piccola casetta situata al confine del giardino, già solo, prima che tu guardassi verso la parte opposta.
Noi in bilico, certo, ma pronti ad affrontare un qualsiasi domani, interrogando quel che rimane del cuore.
Tommaso Cozzitorto
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