Nella società contemporanea si tenta ostinatamente di promuovere e divulgare il senso di inclusione, gentilezza, pace, nessuna distinzione di genere e onestà intellettuale e morale. Ma in tutto questo peregrinare si contrappone una seconda categoria: gli spietati che si divincolano e si muovono nell’ombra come lupi travestiti da agnelli, giustificando lo sbranare la vittima come effimera difesa e paura di ciò che avrebbero potuto subire, occultando le vere motivazioni.
Interessante questo trasmigrare di ruoli a vantaggio degli spietati. Spietati: entità moderne che assumono varie forme, tra le più disparate, da giovane amante, ambientalista o promotore di eguaglianza; ma ricordiamo che spietato è disumano, feroce, impietoso.
Spietati moderni si diramano in vari settori e a ogni livello sociale, predatori di vittime di cui usurpare identità morale e intellettuale con le stesse dinamiche della “macchina del fango:” il peggio lo rigetto su vittima per brillare di luce altrui.
Riprendo una frase dal romanzo “Belletti e il Lupo” di Paolo Scardanelli (Carbonio Editore):
“Gli uomini si nutrono della luce per meglio illuminare l’oscurità”
Inesorabili predatori del tutto e del niente in questa continua lotta tra bene e male, che si esplicitano dalle piccole cose quotidiane, come un buon vicinato che diventa assedio di guerra, per motivazioni malsane che sfociano in situazioni d’orrore, insomma quel principio di isolare chi è portatore di luce per far dilagare l’oscuro.
Illusione, apparenza o realtà, come una metafora che si muove in una terra di mezzo senza una reale combinazione di ciò che è, come un pensiero solo popolato da fantasmi.
Attraverso le culture, i luoghi le epoche tutto si tramanda e si trasforma adattandosi alle nuove forme. Elemento atavico e trascendentale per l’individuo che non si è liberato da secoli di orrori ed errori ,che si riporta come parte indivisibile di tutto ciò che lo circonda: guerra, istruzione, eguaglianza, un perpetuo rincorrersi in un’alternanza senza fine. Il contesto sociale sembra ricco di buoni propositi e cambiamento, ma tutto è reso difficile dalla contaminazione della relazionalità.
Saper essere in relazione con ciò che circonda o con chi fa parte della centratura del tutto per un buon cambiamento, questo a confermare il valore immenso di una sana comunicazione, il valore della parola e della giusta scelta di esse nel comunicare un pensiero che poi diventa azione e ancora realtà. Si è alla continua ricerca delle radici della vita, della famiglia, del territorio, di sé, in una valenza filosofica come principio o causa di tutte le cose. Radici profonde: culturali, etniche, geografiche che riconducono a un tutto comune, un filo conduttore che si ingarbuglia solo nella fase di lotta tra bene e male.
Parole e azioni inespresse intrappolate in un groviglio emotivo, un silenzio assenso da cui tutto si origina; anche le parole hanno radici così forti che assumono un potere nuovo che può dare forza al cambiamento.
Simona Trunzo