“Qua si campa d’aria”

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Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. 

Cesare Pavese

Non so se ciò che sto per dire è una cosa comune ma credo che il legame con la propria terra natale sia di fondamentale importanza per la vita di ognuno.  Per vita intendo quella profonda e intimamente individuale.
A volte può capitare che questo legame non è dei più idilliaci, anzi è conflittuale. Ma lo si voglia o no, i luoghi da dove veniamo e siamo cresciuti ci plasmano e influiscono su di noi fino al nostro essere più profondo e contribuiscono a renderci quelli che siamo .
Per questo è fondamentale, quando si è lontani, ogni tanto tornare ai propri luoghi dell’infanzia per ritrovare dentro di noi quelle parti originarie e autentiche di noi stessi che nel lungo viaggio del mondo e della vita abbiamo messo da parte e dimenticato per un po’, per ritrovare noi stessi insomma…
L’estate  non è solo la stagione delle vacanze, dei bagni nelle acque cristalline della nostra Regione, per molti è anche la stagione del ritorno nei luoghi natii, dove sono rimasti i propri avi ,con i quali si è trascorsa la prima parte della vita. Ed è nei luoghi dove siamo cresciuti, dove siamo stati felici con poco, che ritroviamo il sapore delle cose perdute. Il legame con la propria terra, con le tradizioni contadine, con il folklore, sono il patrimonio di una cultura che si conserva di generazione in generazione e diviene arte  poetica e musicale.
La vita rurale dei paesi, i rapporti tra i componenti della comunità, l’amore, l’amicizia e l’affezione verso gli animali, nostri compagni di esistenza, è trasfuso in meravigliose poesie. Chi non ha letto almeno una volta una poesia del poeta” paesologo” Franco Arminio.

“Prendi un angolo del tuo paese
e fallo sacro,
vai a fargli visita prima di partire
e quanto torni.
Stai molto di più all’aria aperta.
Ascolta un anziano, lascia che parli della sua vita.
Leggi poesie ad alta voce.
Esprimi ammirazione per qualcuno.
Esci all’alba ogni tanto.
Passa un pò di tempo vicino ad un animale,
prova a sentire il mondo
con gli occhi di una mosca,
con le zampe di un cane.”

O cantato in macchina una canzone folkloristica? Canzoni tramandate da gruppi folklorici che le conservano e le propongono anche ai giovani che non ascoltano questo genere musicale. I giovani tramite le canzoni folk, scoprono la cultura, le convinzioni, gli usi e i sentimenti dei loro nonni ,bisnonni, che probabilmente non hanno nemmeno conosciuto ma con i quali sentono un legame ancestrale. E a proposito di folklore ,una settimana fa è morto un protagonista indiscusso,una figura cardine della musica folkloristica calabrese, Otello Profazio. Se chiedete ad un ragazzo chi era, di sicuro non saprà rispondere, ma riconoscerà di sicuro le sue canzoni. Canzoni non sempre facili, molte erano di “protesta” della gente costretta ad emigrare per vivere. Giovani costretti ad andare al Nord per trovare un lavoro, per poter dare da mangiare ai propri figli, o genitori rimasti nei paesi. Era uno dei folksinger italiani più noti, vincitore,  del Premio Tenco e unico artista folk ad aver venduto un milione di copie con un singolo disco. Profazio è un nome che, sebbene forse non sia noto a livello nazionale, ha scritto pagine importanti nella Storia della Cultura popolare italiana, grazie alla sua enorme ricerca nelle radici e nelle tradizioni del Sud Italia, che cercava di raccontare. E le sue opere sono state anche rilanciate, qualche anno fa da quello che considerava il suo erede, ovvero Peppe Voltarelli.

Lo hanno chiamato il “principe dei cantastorie”. O anche l’Omero di Calabria. Titoli e soprannomi a  cui Otello Ermanno Profazio, non dava grande peso. L’unico epiteto a cui teneva era quello di cuntastorie, , raccontatore di pezzi di vita, con musiche e vicende che affondavano le radici nella cultura popolare non solo della Calabria, a cominciare dalle “confinanti” Basilicata e Sicilia, a cui dedicò parte del suo impegno e della sua ricerca. Un calabrese che aveva saputo raccontare la sua terra e tutto il Sud per come sono, senza ipocrisia.

Angela Amendola

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