Negli ultimi tempi è particolarmente acceso il dibattito in merito all’impiego della neolingua dello schwa ( si pronuncia shiuaà).
Ma cos’è lo schwa?
È rappresentato dal suono fonetico “ə” per il singolare e “ɜ” per il plurale”.
Si tratta di una desinenza finale neutra che dovrebbe sostituire quelle maschili e femminili nei sostantivi, negli aggettivi, nei pronomi.
Il nostro raffinato idioma ci ha abituato a rendere tutto al maschile.
Sembra, però, che con questa vocale intermedia “ə”, ci si avvicini maggiormente ad un suono che sta a metà strada tra il maschile e femminile.
Questa “ə” ha un suono indistinto.
Per pronunciarla, bisogna rilassare i muscoli della bocca che va, quindi, aperta con minimo sforzo, al fine di ottenere la vibrazione delle corde vocali.
Ne verrà fuori un suono naturale, proprio come accade quando ci si trova a dover rispondere ad una domanda mentre si è colti di sorpresa e si cerca di prendere del tempo.
A proposito del suo suono, per semplificare ogni cosa, è sufficiente sapere che la sua pronuncia equivale a quella della prima vocale della parola inglese “about”.
Oltre alla “ə” si possono usare l’asterisco finale oppure la “u” al posto della vocale finale.
Altri Paesi hanno già avviato esperimenti linguistici di “convivenza delle differenze”.
Negli Usa si usa la “x” , la lingua inglese adopera il “singular day”, quella spagnola la @, la lingua svedese il pronome hen per differenziarsi da han ( lei) e hon (lui).
Dopo questa lunga premessa viene naturale porsi una domanda: ma da dove nasce l’esigenza di rivoluzionare una lingua?
L’obiettivo è quello di rendere la lingua italiana più inclusiva per costruire un linguaggio più aperto.
Il cambiamento linguistico dovrebbe essere più ossequioso delle diversità, per identificare le cosiddette identità non binarie, che non si riconoscono né nel pronome lui, né nel lei.
Così come è legittimo chiedersi se la schwa possa essere considerata una forzatura ideologica, è anche giusto interrogarsi sulla necessità di modificare il nostro modo di esprimerci, adottando strategie linguistiche per infrangere alcuni pregiudizi.
Perché si parla anche di sessismo linguistico, di riconoscimento dei diritti delle donne e delle persone LGBT+.
Ci sono molti sostenitori dello schwa, che partono dal presupposto che le lingue nel tempo vanno incontro a trasformazioni strettamente relazionate ai mutamenti sociali e alle conseguenti evoluzioni culturali.
Per cui i sostenitori reputano ci possa stare un linguaggio più gender neutro, al passo con i tempi.
Ma esiste anche una folta schiera di oppositori. Molti linguisti, scrittori, accademici, hanno dichiarato una guerra aperta contro lo schwa.
L’Accademia della Crusca sostiene che lo schwa sia inaccettabile.
“Problemi grafici, nel parlato, difficoltà per le persone con dislessia e opacità tra plurale e singolare. Usiamo in modo consapevole il maschile plurale come genere grammaticale non marcato“.
Mi chiedo come reagiranno la tastiera di un PC o di un cellulare a questa rivoluzione? Saranno preparate?
Per quanto riguarda la tastiera di un PC, le cose sono un po’ complicate, ma si possono trovare facilmente delle risoluzioni.
Per il cellulare è tutto più semplificato perché basta tenere premuto il tasto “e” per trovare una selezione che si apre a diverse simboli tra cui “ə” e “ɜ”.
Il 5 febbraio sul sito Change.org è stata lanciata una petizione dal titolo “Lo schwa? No, grazie. Pro lingua nostra” promossa dal linguista, sociologo della comunicazione, Massimo Arcangeli, secondo cui se si adopera lo schwa, si potrebbe arrivare ad “una pericolosa deriva dell’italiano spacciata per anelito di inclusività“.
Perché si deve percorrere questa strada che porta ad una mortificazione della lingua italiana?
Questa emancipazione grammaticale nuoce fortemente alla salute del nostro idioma.
Dobbiamo tutelare la nostra lingua da chi ha la presunzione che l’inclusione debba necessariamente passare attraverso una rivoluzione grammaticale.
Chissà se Dante, padre della lingua italiana, si starà rivoltando nella tomba!
Piera Messinese
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