Le anime dannate o anime pezzenti, sono quelle anime dimenticate e spesso, senza nome venerate dal popolo napoletano che ha sempre avuto un rapporto molto particolare con la morte, un’importanza reverenziale, con cui spesso si è dovuto confrontare.
Il popolo napoletano ha una spiritualità forte e viscerale e la storia del culto riservato ai morti, è antica e affascinante. Sono i morti qualunque, anime dimenticate che non hanno avuto la possibilità di redimersi e sono rimaste imprigionate nel Purgatorio.
A loro è dedicata la chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio, ad Arco.
Sulla facciata della chiesa c’è uno dei questi teschi.
Esistono altri luoghi, meno sacri in apparenza, che per secoli hanno nascosto nelle viscere della città, preghiere sussurrate ai poveri teschi senza famiglia e senza nome. Il cimitero delle Fontanelle è il luogo deve riposa “Pascale”, la capuzzella che aiuta nelle vincite al lotto o “Donna Cuncetta, la capuzzella che suda.
L’ipotesi è che in questo luogo, vi siano sepolti ancora quattro metri di teschi, questa forma di devozione ha origini antichissime e probabilmente ha a che fare con le miserie e le catastrofi che la città di Napoli ha subito nei secoli.
È un’affascinante sacralità profana, un’antica religiosità greco-romana. E non è un caso se il Cimitero delle Fontanelle e la Chiesa del Purgatorio, sorgano proprio in luoghi dove, in epoca greco-romana, si tenevano funzioni sacre.
Si pensava che la peste fosse una sorta di punizione per i peccati commessi dalla popolazione e quindi, il rapporto con la morte, divenne fonte di speranza. Le capuzzelle avevano il potere di esaudire le preghiere, la guarigione da una malattia o una grossa vincita in denaro o addirittura, il desiderio di concepire un figlio. Ognuno ha la sua “capuzzella” dove nascondere, in un messaggio, la sua richiesta personale.
Come ignorare il messaggio della famiglia Lista, il cui figlio, a seguito dell’armistizio, non tornava a casa? Nel messaggio datato 3 aprile 1944, si chiedeva la grazia che il figlio Ciro, silente da otto mesi, desse notizie di sé.
È in questo modo che nasce il culto delle anime “pezzentelle”: nel caos generato dalla pestilenza e dai successivi provvedimenti che vietavano l’inumazione nelle chiese per ragioni di igiene e, secoli dopo, nello sgomento provocato dalla guerra, tantissimi furono i morti che non ebbero degna sepoltura.
Per lo più, coloro che in vita non erano stati abbastanza ricchi o importanti da guadagnarsi un posto di rilievo anche dopo la morte: anime “pezzenti”, abbandonate, dimenticate.
La superstizione crea una forte empatia tra i vivi e i pezzenti, un legame così forte da far credere che pregando per loro, chi se n’è preso cura, riceverà grazia o perdono. L’adozione di una capuzzella è un rito centrale, gli altarini e i fiori e spesso, piccoli doni, mirano a donare una pietà che in vita non hanno avuto.