“La minaccia della guerra” di Jacopo Giuseppe Saturno

199619

“La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”.

Albert Einstein

Il conflitto ha da sempre caratterizzato la storia dell’uomo fin dalla nascita delle più antiche forme di civiltà.
Già Eraclito sosteneva padre di tutte le cose fosse il “polemos” e che il mondo non si fondasse sulle placide acque, né sulla volubile aria ma sul “fuoco”, fonte di distruzione e requisito del cambiamento.

Per molto tempo la partecipazione attiva alla guerra è rimasta riservata alle classi superiori, in sostanza a coloro che avevano le risorse per procurarsi un buon equipaggiamento, dai cavalieri medievali ai samurai giapponesi e, in effetti, molte sono state nella storia le categorie di nobili guerrieri che hanno dato vita a leggende sulle loro imprese belliche.

Tuttavia nella cruda realtà essa ha sempre significato povertà e dolore per tutti i popoli coinvolti; ideologia, interessi economici, religione indipendentemente dalla causa…la guerra non cambia mai i suoi connotati di morte e devastazione! Non è un caso che nell’immaginario collettivo “Guerra” fosse uno tra i 4 cavalieri dell’Apocalisse.

Ed è del resto innegabile che proprio dalla distruzione, arrecata dalle fiamme della guerra, nascano enormi cambiamenti nella società e nel pensiero umano.

Dalla guerra sono nati Stati e Imperi che hanno cambiato per sempre (nel bene o nel male) la storia del mondo, dall’Impero Romano all’Unione Sovietica e molte nazioni sono state edificate sulle fondamenta della guerra, dall’antica Sparta alla Prussia: proprio in quella che Voltaire definì “una grande caserma”, nacquero le più importanti teorie filosofiche del diciannovesimo secolo, da Kant a Hegel, i filosofi prussiani che, cresciuti osservando parate militari, hanno maturato le proprie teorie e riflettuto sulla guerra come negazione stessa dell’istinto umano di autoconservazione, giungendo poi a conclusioni diverse.

Per Hegel la guerra è necessaria, al fine di evitare la fossilizzazione dei popoli. Per Kant, invece, essa è un male e gli uomini e le nazioni dovrebbero unirsi per evitare la reciproca distruzione.

Le avanguardie del Novecento si avvicinarono con le loro radicali idee al pensiero di Hegel, spingendosi a considerare la guerra come fonte di progresso, o addirittura igiene del mondo (basti pensare ai Futuristi) in un’epoca in cui l’avanzamento tecnologico e sociale era visto come l’unica via per migliorare la condizione umana, ma le loro aspettative si scontrarono con la brutale realtà della prima guerra mondiale e vennero così silenziosamente smentiti dai milioni di cadaveri ammucchiati nel fango delle trincee.

Ma non fu Hegel il primo a giustificare la brutalità della guerra come un male necessario, visto che già alle origini della filosofia Platone riteneva che il conflitto tra le nazioni fosse inevitabile e necessario, motivo per cui ogni nazione aveva il dovere di prepararsi al meglio: non è un caso, infatti, che tra le “stirpi”, in cui Platone divideva la società perfetta nella sua “Repubblica”, rivestisse un ruolo di primo piano la cosiddetta stirpe argentea, formata dai guerrieri con il compito di difendere la città.

Persino Sant’Agostino ammetteva la guerra se posta al servizio della “Provvidenza divina” e, giungendo poi al Cinquecento, Machiavelli, statista e stratega, scriveva “Arte della Guerra”.

Innegabile constatare, pertanto, che la guerra ha sempre suscitato non solo la paura ma anche l’interesse dei più saggi tra gli uomini, che in essa hanno intravisto una componente fondamentale della natura umana: lo stesso Hobbes riteneva che alle loro origini gli esseri umani vivessero in uno stato di natura caratterizzato da “bellum omnium contra omnes” e che quindi la spinta al conflitto fosse endemica e insita nella natura umana, basti ricordare il suo “homo homini lupus“.

Ora, al di là dell’excursus storico- filosofico, ciò su cui vale la pena riflettere è il fatto che la guerra porta con sé enormi quesiti etici:
in quali occasioni può essere giustificato uno scontro che si fa, comunque, portatore inevitabilmente di morte?
Qual è il limite al progresso, se esso porta a nuove terribili creazioni di armi di distruzione? Quali confini devono essere imposti alla scienza?
Meno di un secolo fa questi problemi vennero accantonati quando sul mondo si prospettò una nuova terribile minaccia e la più grande delle guerre sconvolse ogni equilibrio, la potenza distruttrice dell’uomo raggiunse il culmine e per la prima volta l’uomo ebbe non solo il potere di fare la storia, ma anche di mettervi fine.

In epoca recente gli Stati hanno provato a creare Organizzazioni Internazionali, a stipulare accordi e alleanze, ma le fiamme della guerra continuano a bruciare nel mondo, dal Congo ai Balcani, dalla Siria all’Afghanistan, solo per citare alcuni luoghi simbolo di confltti noti ma spesso dimenticati, nei quali gli innocenti oggi come mille anni fa continuano a morire.

Ora che le fiamme del conflitto bruciano nuovamente nel cuore dell’Europa, il mondo ricorda ancora una volta che una pesante spada di Damocle incombe sull’umanità minacciandone l’autodistruzione.

Jacopo Giuseppe Saturno

Classe Quinta Sezione B

Liceo Classico Artistico “Francesco Fiorentino

Lamezia Terme

 

DISCLAIMER

Materiale originale come realizzato dall’autore, privo di copyright e concesso a titolo gratuito nell’ambito di una collaborazione col Liceo Classico Artistico “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme curata da Piera Messinese.

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