Ci troviamo nei giorni della merla, 29,30,31 gennaio secondo alcuni, 30, 31 gennaio e 1° febbraio secondo altri.
Questi giorni sono ritenuti i più freddi dell’anno e sono chiamati “della merla” da una leggenda che racconta di una merla che, per sfuggire il freddo intenso di questo periodo, cercò riparo con i suoi piccoli accanto al comignolo di un camino per stare al caldo. Quando, dopo tre giorni, uscì dal suo rifugio, le piume del corpo erano diventate grigie per la fuliggine.
Questo spiegherebbe perché i merli sono neri, lucenti e con il becco giallo e le merle sono grigie nelle piume e nel becco. In diverse zone d’Italia il racconto varia leggermente ma in tutti questi il grande freddo e la merla sono presenti.
Inoltre, si dice, che se i giorni della merla sono freddi, la primavera sarà bella, se invece sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.
Naturalmente, in tutto ciò non c’è niente di provato scientificamente, siamo solo di fronte ad una credenza popolare.
Le credenze popolari, basate su miti e leggende tramandate, spesso, oralmente, costituiscono un legame significativo tra i membri di una comunità, ne fissano le caratteristiche che diventano poi il modo di essere e di agire comune.
Le credenze popolari risalgono a tempi lontani quando accanto al pensiero logico – razionale, usato per risolvere problemi pratici, si sviluppò un modo più spontaneo e mistico di relazionarsi con gli altri nello stare insieme nel mondo. Le credenze, diventando tradizione, determinano le nostre posizioni e i nostri comportamenti.
Lévi Strauss, famoso antropologo, scrisse che “la tradizione costituisce quell’inconscio collettivo senza il quale l’opposizione tra me e gli altri non potrebbe essere superata e non si darebbe alcuna possibilità di comprensione”.
Le antiche credenze, le tradizioni consentono ad una generazione di passare all’altra un patrimonio culturale, quindi, raccontiamoci le antiche storie e facciamolo in questi giorni, accanto al camino acceso… cosa c’è di meglio?
Gabriella Colistra