Leonardo a Milano

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Quinta parte

La figura, instabile e viva come il paesaggio,si confonde con esso, mentre lo “sfumato” raggiunge un grado di massima elevatezza formale e coloristica.

Ma la caratteristica di quest’ora è l’inafferrabile fascino dell’atteggiamento interiore della donna, di quel lieve trascolorire dal sorriso alla tristezza, di quel sapiente mutamento delle forme sotto l’azione molecolare della luce, che lascia intravedere l’eterno mistero del “divenire”.

Il senso di un’emergente, fascinosa “presenza” fa di questa immagine leonardesca, lo specchio della sua anima ansiosa, tesa alla continua ricerca. Malgrado Leonardo, come si è detto, accetti l’invito del Moro, soprattutto per attuare con calma e tranquillità economica, i suoi studi scientifici e tecnici, fu proprio a Milano che dipinse alcuni dei suoi capolavori, come “La Vergine delle Rocce”, oggi al Louvre, commissionatogli nell’aprile dell’83 dai frati della Concezione, molto discussa dai critici è l’originalità del dipinto, di cui esistono tre esemplari: uno al Louvre, uno alla National Gallery di Londra e l’ultimo, nella chiesa degli Affori, alle porte di Milano. Concordemente la critica considera di Leonardo, l’opera del Louvre, mentre quella di Londra, sarebbe solo in parte di Leonardo ma finita dal De Predis, l’opera degli Affori viene invece assegnata a Bernardino Luini.

Con la “Vergine delle Rocce”, Leonardo portò a compimento l’evoluzione della sua tecnica pittorica, iniziata all’epoca del catone dell’”Adorazione dei Magi dove l’Illuminismo è vibrante, teso ad esprimere il finissimo trapassare di ombre e di toni immersi nell’atmosfera umida della grotta.

Sfumato e dolcezza di penombra, prospettiva “aerea”, creata dal diradarsi della luce, naturalismo panteistico, spazio centralizzato: tutti gli aspetti più propri della pittura leonardesca, son qui congiunti.

Le figure della Madonna, del Bambino, del San Giovanni e dell’angelo, disposi a croce greca ed inclusi in uno schema piramidale, sono collocate sulla soglia di una caverna.

Fra loro un muto scambio di gesti e di sguardi, sul cui significato, si sono fatte molte ipotesi, ma non importa ai fine dell’arte, conoscere la più verosimile, poiché non è il racconto, il nucleo narrativo che interessa Leonardo, ma l’armonia compositiva e cromatica dell’intera composizione.

In quest’opera l’artista parla con un linguaggio unitario che crea la lenta vibrazione delle tinte, i mille bagliori della luce che si infrange nel vano semibuio della grotta e fa palpitare la natura dei grovigli d’erbe e nelle foglie, nei confusi contorni delle rocce lontane, come sui capelli finissimi della Vergine e nella sua vibrante mano protesa.

Un’altra opera capitale del periodo milanese è il “Cenacolo”, eseguito da Leonardo nel Refettorio del Convento di S. Maria delle Grazie. In essa Leonardo, seppe fondere mirabilmente le ricerche pittoriche di profondità spaziale-luministica con le ricerche compositive di una nuova monumentalità dell’immagine.

La tecnica usata non è quella dell’affresco, ma una tempera all’uovo, un arriccio duro e levigato, quasi uno stucco in due strati, di cui il superiore è sottilissimo. Tecnica che non durò a lungo, anzi, si rivelò un fallimento e deperì velocemente, tanto che dopo pochi anni, l’opera era già in cattive condizioni. Malgrado la sua degradazione, l’affresco esprime un’impressione di forza e di affascinante bellezza.

Le scoperte fatte durante gli ultimi restauri, sono significative ai fini della comprensione del dipinto: alcune barbe degli Apostoli di destra, sono risultate aggiunte da successivi restauri, quelle che fino ad ora, si credeva fossero finestre, si è scoperto essere finissimi arazzi, inoltre son stati portati alla luce anche i resti della cena, le bucce di frutta nei piatti e, sono risultati più trasparenti e ricchi di riflessi, i vetri dei bicchieri.

La costruzione dell’ambiente riprende in parte quella dell’opera omonima di Andrea del Castagno, per la grande tavola bianca in primo piano. Leonardo ha però ideato per questo affresco, un’architettura semplicissima ma di grande effetto prospettico, chiara negli effetti d’illuminazione che proviene dalla finestre aperte sulla campagna. Gesù ha appena detto agli Apostoli, seduti accanto a lui, che uno di loro lo tradirà.

Leonardo immagina l’aspetto fisico di questo momento essenziale del messaggio cristiano: l’agitata angoscia degli a Apostoli, a contrasto con la calma sublime del Cristo. Alle parole del Cristo, gli Apostoli si avvicinano, scostandosi da Cristo che rimane isolato, al centro, e si dispongono in gruppi di tre, come per confrontarsi e, nello stesso tempo cercare la risposta al loro dubbio, nella figura di Dio. Lo spazio prospettico ‘400 esco si permea qui di nuova vita, grazie allo “sfumato”, divenendo dinamico ed atmosferico, per l’azione capillare e dissolvente della luce.

I moti degli Apostoli, così diversi l’uno dall’altro, come è diversa la reazione fisica di ognuno alle parole di Cristo, si susseguono rapidi, scanditi dalla luce. Il contrastato gioco di masse plastiche crea un’animazione generale che si quieta solo nella nobilissima figura di Cristo, simbolo della “Verità Eterna”.

Nel 1499, caduta la signoria sforzesca, Leonardo rientrerà a Firenze: tornerà a Milano nel 1506, chiamato dal Maresciallo d’Amboise, dove si fermerà per alcuni anni, proseguendo i suoi studi di scienza e portando a termine varie commissioni pittoriche. Ma questo soggiorno non sarà come il primo.

A Milano, alla corte sforzesca, Leonardo aveva trovato il luogo ideale per esprimersi liberamente. Abbiamo visto che grandio furono l’aiuto e le opportunità che questa corte offrì all’artista, ma incomparabilmente maggiore è stato il frutto che la cultura milanese, ha ricevuto dal pensiero e dall’attività di questo “genio”, “faro per l’umanità intera, di arte e di scienza”.

Fine

Fonti:

NUOVA ENCICLOPEDIA VOL. 6°

Editrice italiana di cultura

ROMA

LEONARDO DA VINCI

Martin Kemp

MONDADORI

LEONARDO

Classici dell’arte

RIZZOLI MILANO

LEONARDO DA VINCI VOL. 1-2

Istituto geografico De Agostini

NOVARA

STORIA DELL’ARTE ITALIANA VOL. 2-3

  1. C. Argan

SANSONI- FIRENZE

STORIA DELL’ARTE ITALIANA

Mazzariol-Pignatti Vol. 3

MONDADORI

MILANO

LA VITA DI GIORGIO VASARI, nuovamente commentata e illustrata

Con 200 tavole

FIRENZE 1919

  1. GARIN “il problema delle fonti del pensiero di Leonardo”

In “la cultura filosofica del Rinascimento”, pag. 388-401

FIRENZE 1961

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