Il delitto di Lord Arthur Savile, di Oscar Wilde
Il delitto di Lord Arthur Savile di Oscar Wilde, edito Biblioteka in questa rinnovata edizione della versione del 1908 di Federigo Verdinois, ricorda i paradossi del noto scrittore che invitano ad argute riflessioni, che si è portati a declinare per superficialità, come in un gioco dei contrari. Una trama sagace che sviscera il costume e pensiero di una società londinese vittoriana, periodo in cui il delitto è di moda, anzi si può osare affermare che il crimine è un’opera d’arte, poiché l’assassino ne è l’artista, come evidenzia Roberto Barbolini nella sua nota di lettura.
“La società, certo, presentava uno strano miscuglio: superbe mogli di Pari e violenti radicali discorrevano insieme affabilmente: predicatori popolari e scettici famosi faceano gruppo. Uno sciame di prelati incalzava da un salone all’altro, quasi dandole la caccia, una prima donna vistosa. Sulla scala eran raccolti vari membri dell’Accademia reale, travestiti da artisti, e la sala da pranzo, fu un momento zeppa di geni”.
Sin da questa iniziale descrizione Oscar Wilde presenta un gioco di contrapposizioni finalizzate non solo alle differenziazioni sociali, ma di pensiero e cultura, in ciò che apparentemente si evidenzia come omogeneo, ma che spicca per le sue antitesi. Moderazione/eccesso, un binomio che accompagna l’essere umano, ormai in un retaggio ancestrale di emozioni e quindi comportamento, determinato sin dai tempi lontani quando in occasioni di abbondanza di cibo non vi era limite sino ad abbuffarsi proprio come conseguenza alle fasi di carestia e questo valeva anche per l’ozio, che sopraggiungeva dopo lunghi periodi di attività stancante.
In effetti ruota tutt’intorno alla moderazione, la capacità del senso della misura già nei piccoli dettagli, come bere, mangiare o fumare, o una moderazione di pensiero, parola e gesti, che determinano capacità di giudizio e controllo. Allora perché è così difficile essere moderati, come se il cervello si ribellasse a ogni tipo di divieto! Il giusto equilibrio potrebbe essere la soluzione, ma tutto parte da una profonda conoscenza di sé, che consentirebbe di percepire i limiti emotivi, mentali, fisici.
La stessa moderazione che caratterizza il protagonista del racconto Lord Arthur Saville, gentiluomo dell’alta società londinese, diventa vittima della premonizione di un cartomante, che scompiglia ogni suo equilibrio e nell’astrattezza più assoluta riuscirà a giustificare con “moderazione” ciò che compirà in nome dell’amore, anche se tutto è tranne che moderato.
L’atroce dilemma del presagio: le linee della mano possono realmente disvelare avvenimenti futuri, essere premonitori di ciò che avverrà? La narrazione ruota intorno a questo elemento: farsi anticipare il destino per evitare ciò che non va fatto e quindi modificarne la premonizione.
“Fortunatamente, non era un semplice sognatore, un ozioso dilettante. In tal caso, avrebbe esitato come Amleto e permesso alla perplessità di mandare in rovina il disegno concepito. Era invece essenzialmente pratico. Per lui la via era azione anzi che pensiero. Possedeva la rarissima fra le doti, il senso comune”.
Il senso comune, altro spiraglio di riflessione che dona Oscar Wilde al lettore; questo pensiero, conoscenza resa veritiera dal fatto di essere condivisa dai più, ma non verificata, una sorta di “conoscenza condivisa” che segue in modo incondizionato scelte e azioni quotidiane, che si basano per lo più sul sentito dire o dire comune: “scientificamente falso ma socialmente vero”.
Il senso comune diventa una terra di mezzo che rassicura il pensiero e le sue percezioni, credere in qualcosa che accomuna e che rappresenta basi di partenza d’insieme: questo dona la sensazione di poter controllare e prevedere il mondo circostante. Ciò che diventa fondamentale è un giusto equilibrio tra pensieri e azioni determinate da un’individualità consapevole ed equilibrata nella sua indole.
“Il mondo è un teatro, ma le parti del dramma sono assai mal distribuite”.
Simona Trunzo