Cosa faremo nel 2025?

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Quando si parla di “fare rete” si considera una strategia di lavoro comune tra organizzazioni diverse, tra loro interconnesse per il raggiungimento di obiettivi comuni, che singolarmente ognuna di quelle organizzazioni non sarebbe in grado di raggiungere, attraverso regole formalmente definite, a diverso grado di strutturazione e di vincolo.

Nell’ambito della progettazione vuol dire la capacità di soggetti simili e/o di varia natura di unire risorse, persone e conoscenze per raggiungere risultati comuni più importanti .

È una caratteristica chiesta, peraltro, da molti bandi perché rende più efficaci le attività,  quindi facilita il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Nella pratica fare rete vuol dire:

  • condividere obiettivi comuni;
  • concertare le azioni da svolgere;
  • coinvolgere tutti i partner nella realizzazione del progetto.

Per essere onesti, dobbiamo ammettere che ogni associazione nasce pensando di essere l’unica se non la migliore a svolgere una determinata attività e gli stessi singoli soci, spesso, ritengono di “essere prime donne” a cui tutti gli altri devono “inchinarsi” e mettersi a disposizione.

Queste convinzioni rappresentano uno degli ostacoli principali al mettersi in gioco, sia nell’ambito della stessa organizzazione, sia fra organizzazioni.

Oltre a questo, i problemi più comuni del lavorare in rete sono:

  • mancanza di preparazione e abitudine/attitudine a lavorare insieme;
  • resistenza dei singoli e dei gruppi a riconoscere persone più idonee a coordinare le attività progettuali;
  • difficoltà a mantenere la concretezza e costanza durante il lavoro.

C’è un altro punto critico, sul quale voglio spendere qualche parola in più.

Collaborare con altre organizzazioni è faticoso e dispendioso, non solo in termini di risorse.

Raggiungere un accordo vuol dire mettersi in gioco, confrontarsi, ascoltare l’altro e accordare fiducia alle sue idee, anche nell’ottica di verificare poi i risultati effettivamente conseguenti e conseguiti.

D’altro canto vuol dire anche imparare cose nuove, pratiche diverse per lavorare meglio, per risparmiare o per accedere a nuove partnership e nuove relazioni.

A ben vedere, questa modalità di rapporto e di connessione tra aziende, istituzioni, soggetti del Terzo Settore, … trova una sua ragione sia nelle tante e positive esperienze che si sono consolidate nel corso degli anni (in particolare in progetti innovativi), sia in quelli che sono i contesti relazionali naturali, che costituiscono gli scenari del nostro quotidiano: le reti familiari, le reti amicali e quelle professionali che, “costituiscono l’ambiente in cui gli umani svolgono le azioni quotidiane, che da quelle relazioni e da quei contesti traggono il loro senso e il senso stesso d’essere umani”.

La consapevolezza dell’importanza del “lavoro di rete” si è ormai consolidata in molti ambiti sia dell’intervento sociale che della produzione economica; nei servizi sociali si sperimentano forme di integrazione degli interventi che prevedono la collaborazione di una molteplicità di figure professionali e di enti al fine di offrire prestazioni più efficaci rispetto alla complessità crescente dei bisogni sociali, familiari e personali.

Il valore aggiunto della logica di rete sta nella possibilità di valorizzazione le specifiche competenze di ciascun attore coinvolto con la necessità di condivisione di strategie ed azioni per il perseguimento di obiettivi comuni.

Le reti sono quindi un adeguato modello organizzativo ove si tratti di affrontare situazioni caratterizzate da una o più fra le seguenti esigenze:

  • risposta a problemi complessi, attraverso l’integrazione fra ruoli specifici;
  • efficienza nell’uso delle risorse;
  • flessibilità di azione, sulla base delle esigenze emergenti, agendo in modo trasparente e condiviso.
  • adattabilità, intesa come la capacità di adattamento al cambiamento;
  • apprendimento per condivisione ed esperienza.

Tutto quanto evidenziato, rende evidente l’importanza della precisa definizione di un passaggio: al centro della costruzione delle reti vi è la condivisione dei protocolli comuni, da vedersi non solo e tanto come regole fisse e prescrittive, ma come processo orientato e guidato di co-costruzione partecipata.

In particolare, occorre rendere sistematica, disciplinandone l’ambito di applicazione e le modalità operative e di collaborazione promuovendo lo sviluppo dei singoli come agenti attivi di sviluppo e coesione sociale delle comunità locali e dell’intera rete.

È proprio il caso di dire che l’unione può fare la forza, perché i benefici del lavorare in rete sono veramente tanti.

Ecco quelli principali:

  • arrivare dove non saremmo mai arrivati da soli, sia in termini di accesso ai bandi che di qualità delle azioni proposte;
  • essere in grado di intervenire in più settori;
  • scambiare informazioni e buone pratiche, cioè evolvere;
  • costruirsi una reputazione nei confronti di enti finanziatori e di eventuali donatori, spendibile in altre attività future;
  • costruire relazioni stabili con altri soggetti (profit e non profit), utilizzabili per altre attività future (non solo progettuali);
  • ottimizzare le risorse umane ed economiche.

Trovare un comune denominatore con enti ed aziende anche di diverso settore, vuol dire valorizzare il filo che unisce tradizione, storia, cultura, territorio: la stessa passione per il lavoro, per il fare bene, per l’italianità, per la cura e l’attenzione dei dettagli, può  farci “ritornare tutti più umani.

Fare rete è importante perché permette di ribadire e dare sostanza con ancora più forza ai valori tipici del nostro Paese e del nostro operato: la ricchezza del Made in Italy, l’artigianato italiano, la nostra cultura, l’arte, la musica, l’importanza delle nostre tradizioni, il nostro cibo, i nostri libri, la nostra lingua, le radici da cui proveniamo…

E poi, il territorio: tutta l’Italia fin nelle contrade più piccole e remote, è una terra magica e chi ha scelto di rimanere, lo fa perché cosciente delle grandi peculiarità di ogni singolo pezzo di questa terra.

Fare rete di eccellenze italiane vuol dire unire le forze e la voce per raggiungere obiettivi nuovi e sempre più stimolanti: condividere idee, cambiare punto di vista, mettersi in gioco, sperimentare.

In conclusione, crediamo che le collaborazioni con le diverse realtà associative del territorio siano fondamentali per costruire una società più inclusiva e solidale.

Per questo nel 2025 lavoreremo intensamente, con impegno e passione, per creare e rafforzare questi legami e dare vita a nuove opportunità di collaborazione, condivisione, relazione.

Lo faremo attorno a eventi musicali, culturali, educativi, … per valorizzare nuovi talenti, per scoprire persone e territori, per dare voce a questa Italia fin dalle sue “cellule” più piccole, perché questa democrazia tecnocratica rischia di costruire cittadini lavativi e pigri.

La democrazia non può essere un click o un like o un “condividi”…la rete internet è solo uno strumento che diventato fine, sta impoverendo moralmente il cittadino e le reti relazionali.

La democrazia, quella vera, si costruisce con il dialogo ed il confronto tra persone che si guardano in faccia, col cantare, cucinare, mangiare, correre, discutere…insieme.

La democrazia è dare corpo alle nostre idee ed alle nostre proposte, partendo sicuramente dalle nuove generazioni, dalle scuole: nelle scuole tutti noi, impegnati nel mondo associativo, dovremmo portare questi discorsi su partecipazione, rappresentanza e democrazia.

E questo sarà un altro nostro obiettivo per il 2025…perché senza giovani non esiste futuro.

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