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#Stare in casa#

In questi giorni in cui la diffusione del coronavirus consiglia di stare in casa, ho sentito più volte dire in televisione che non si trovano le mascherine per proteggersi in qualche modo dal contagio, qualora si debba uscire per qualche motivo importante.

Mi è venuto in mente I. Kant, sì, proprio Kant, il grande filosofo tedesco nato a Könisberg nel 1724, autore della famosissima Critica della ragion pura.

Kant era un grande filosofo ma i suoi biografi lo descrivono come un tipo un po’ eccentrico e raccontano che, quando usciva di casa per la passeggiata quotidiana, camminava a testa bassa per non veder alcuno ed essere costretto a salutare e parlare con lui.

Tutto ciò, a detta del filosofo, per non contagiarsi, qualora il suo interlocutore fosse malato.

Ancora più significativa di questa, mi sembra un’altra sua peculiarità, non essere mai stato fuori dalla sua città natale che era un luogo adatto <<all’ampliamento sia della conoscenza degli uomini, sia di quella del mondo>> perché per lui la conoscenza <<si può acquisire anche senza viaggiare>>.

Così scriveva nel Settecento il filosofo che ha abbattuto confini di sapere e di umanità e noi che abbiamo i mezzi per conoscere con un click il mondo da casa, stando comodamente seduti in poltrona, piagnucoliamo perché non possiamo andare al bar, a prendere un aperitivo o l’orrendo rito anche per le orecchie, “apericena”.

Il caso di Kant ci dimostra, inoltre, che la grandezza non ha bisogno di vetrine, se c’è brilla da sola, sfida i secoli, diventa immortale come i grandi classici che potremmo leggere per vincere la noia. Molti filosofi avrebbero affrontato con serenità l’obbligo di stare a casa senza soffrirne.

Già Eraclito, accogliendo ospiti nella sua cucina, diceva loro: <<Anche qui è pieno di dei>>. Anche in una piccola cucina possiamo trovare motivo di gioia se trascorriamo il tempo con le persone di famiglia che amiamo, se coinvolgiamo i piccoli a fare con noi semplici dolcetti, se insegniamo ai più grandi a giocare a carte, a dama o altro gioco che faccia trascorrere il tempo.

L’imperatore romano Marco Aurelio nei suoi Pensieri scriveva: <<Scava dentro di te: dentro è la fonte del bene>>. Proviamo a stare un po’ con noi stessi a ricordare le cose belle fatte, le migliori che faremo, quando, ritemprati da una lunga sosta dagli affanni quotidiani, potremo respirare il piacere della libertà riconquistata non dimenticando che la libertà è prima di tutto la libertà del nostro pensiero che non conosce confini, che sa immaginare, sognare.

Anche Seneca, nel De otio, che scrisse dopo essersi allontanato dalla vita politica, sostiene che: <<Possiamo servire anche vivendo ritirati, e forse anche meglio, cercando cosa sia la virtù>>. Il filosofo ci invita a cercare nella vita in solitudine quale sia la nostra virtù e ci ricorda che la libertà è una condizione interiore che può appartenere a chiunque dandoci, anche, una bella lezione di Umanità: <<Che significa cavaliere, liberto o schiavo? Sono parole nate dall’ingiustizia. Da ogni angolo della terra è lecito slanciarsi verso il cielo>>.

Nelle Epistole a Lucilio, ritorna il tema della solitudine, all’amico più giovane ricorda:<<Raccogliti, quanto più puoi, in te stesso>> e ancora: <<Tu mi chiedi cosa tu debba ritenere da evitare in modo speciale: la folla>>. Seneca suggerisce il ritiro dal mondo non per misantropia ma per amore dell’umanità e ciò mi fa pensare che l’amore per l’umanità ci faccia sopportare serenamente le lunghe ore di intere giornate trascorse in casa.

Avremmo voglia di fare un bel viaggio?

Non serve neanche viaggiare, sostiene Seneca, se l’animo non è sereno. Nel viaggio, non faremo altro che portare con noi la nostra tristezza, dobbiamo prima deporre il peso che ci opprime. Il “taedium vitae” di cui ci parla Seneca è la noia di cui, a volte, soffriamo noi moderni, noia che forse ci attraversa in qualche momento della giornata e che si può combattere ascoltando musica, guardando un bel film o imparando a guardare, per tornare a Seneca, le cose dall’alto.

Guardare le cose dall’alto è un esercizio stoico: prendere le distanze dalla vita comune e immediata, liberarsi dai legami troppo stretti con i bisogni del corpo e rivolgersi ad altro. L’altro che propone Seneca è l’osservazione della natura come se ci trovassimo in alto e vedessimo le cose di quaggiù nella loro piccolezza. Vedremmo una piccola terra e un piccolo uomo, solo un frammento cosmico che però fa parte di un tutto ed è in armonia con esso; piccolo uomo, tuttavia capace di pensare e di conoscere e perciò grande.

Forse ciò ci fa comprendere che non siamo soli, non siamo isole ma parti di un tutto e di questo tutto, oggi, dobbiamo aver cura. Una alba, un tramonto, il sublime cielo stellato, che affascinò perfino l’algido Kant, sono momenti di un mondo meraviglioso di cui facciamo parte, che abbiamo vissuto e che vivremo ancora.

Tutto ciò che oggi ci manca, sarà apprezzato di più domani.

Concludo con le sagge parole di Seneca:

<<Quando non si può correggere una cosa, il meglio è accettarla e sopportarla conformandoci senza mormorare al volere del dio che dispone il succedersi di tutti gli eventi: cattivo soldato è quello che segue il suo generale lamentandosi>>.

Il generale ha detto: RESTATE A CASA!

Gabriella Colistra

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