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Né vincitori né vinti

Ci è stato insegnato a guardare la guerra in una posizione di mezzo, sistemando i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, diametralmente opposta alla precedente.

Non abbiamo quasi mai la giusta attenzione per tutte quelle dinamiche che potrebbero spianare la strada ad uno scontro, per le avvisaglie di un conflitto, per le motivazioni scatenanti una guerra, sia che esse siano vicine o lontane nel tempo.

Siamo, però, particolarmente interessati a fare un distinguo tra chi si armerà per primo e chi imbraccerà le armi perché costretto a difendersi.

Due opposti schieramenti, nettamente definiti.

Ci è stato insegnato che i buoni hanno sempre ragione e che i cattivi sono dalla parte del torto.
Non ci pone neppure il problema di dubitare della bontà dei primi oppure della cattiveria dei secondi.
Viene dato tutto per partito preso.

Siamo costantemente vittime di pregiudizi e i nostri pensieri sono viziati da condizionamenti.

La propaganda, la censura, le ragioni economiche.

Dove sta la verità?

Una sola certezza sembra esserci nelle coscienze di tutti: è sempre la morte a trionfare, con il suo carico di dolore, disperazione, miseria.

Una bandiera nera che porta morte dappertutto.

Nelle case, nelle strade, in fila per prendere un pezzo di pane, nei rifugi segreti, negli ospedali. Immagini raccapriccianti che rimangono negli occhi e nel cuore.

Morte di vincitori e vinti.

Non serve, quindi, schierarsi pro Putin o contro Putin.
Non serve sprecare tempo per scegliere da che parte stare.
Così come non serve riflettere sull’eroismo e il sacrificio di chi combatte per la propria patria.

Piuttosto, è arrivato il momento di pensare come riuscire a fermare questa guerra.
Ci vogliono solo parole di pace.

“Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” 

La guerra è un male che semina radici profonde.

Cosa consegneremo al futuro?
Un’umanità sempre più smarrita, ferita, spezzata che si è ulteriormente allontanata dal bene, dalla verità, da Dio.

Piera Messinese

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