Nel lungo corridoio antistante il Santuario di S. Francesco di Paola, un bambino di circa dieci anni, attende i suoi genitori che si attardano all’interno di uno degli empori, dove intendono acquistare immagini raffiguranti il Santo e libri che raccontano la sua vita.
Mentre il piccolo si guarda intorno con aria scanzonata, gli si avvicina un vecchio che lo guarda con tenerezza e gli accarezza il faccino paffuto, il bimbo lo guarda stupito, poi gli chiede:
“Sta piovendo, non hai freddo con quelle scarpe tutte rotte?”
“No, non ho freddo!” Risponde il vecchio.
“E il tuo vestito è tutto strappato! Come ti chiami?”
“Io mi chiamo Francesco e tu?”
“Anch’io!” Risponde sorpreso il bambino, poi continua: “Io vengo ogni anno qui, con i miei genitori e non ti ho mai visto…”
“Sai, piccolo, io vengo da molto lontano ma in realtà, è come se non mi fossi mai mosso da qui. Se mi darai la mano e avrai la pazienza di ascoltami, ti racconterò una storia fantastica.”
Così, il vecchio e il bambino, tenendosi per mano, cominciano a camminare attraverso il tempo e quei luoghi, tra grotte pungenti e sorgenti d’acqua fresca, tra vecchi muri scrostati e mosaici lucenti.
Da un pezzo camminano, solo lo scroscio dell’acqua rompe il silenzio, attraversando quei luoghi senza tempo ma il bambino vuole delle risposte alle sue domande, non ha pazienza, vuole sapere tutto e subito:
“Sei molto vecchio, quando sei nato?”
“Lo vuoi proprio sapere?”
“Sì, dimmelo, per favore…”
“Sono nato qui, a Paola, il 27 marzo del 1416.”
Il bambino esterrefatto, con lo sguardo di chi si sente preso in giro ma non ha il coraggio di dirlo, gli guarda il volto rugoso, quasi del tutto coperto dalla lunga barba bianca, mentre la pioggia continua a cadere sempre più forte.
“Vieni, ti porto all’asciutto, così ti mostrerò un po’ di cose!”
Lo conduce in un antro buio, il bambino timoroso, lo segue lo stesso, continuando a tenere la sua mano dentro quella dello sconosciuto alto, magro, e vecchio, tanto vecchio.
“Non temere, non ti farò del male, voglio solo mostrarti i luoghi in cui è vissuto S. Francesco e dove ha sviluppato la sua santità, se veramente vuoi sapere!”
Alle parole di questo strano frate, il bimbo sempre più incuriosito, fa cenno di sì con la testa.
“Non preoccuparti, non ti prenderò in giro ma ti tratterò col rispetto che meriti. Sei un bambino e i bambini sono sempre visti di buon occhio dal Padre Celeste, poiché sono i veri portatori di amore e di pace e solo i bambini, solo loro possono salvare questo mondo malato!”
Il piccolo, allora, sempre più fiducioso, si appresta ad ascoltare tutto quanto il vecchio ha voglia di raccontare, come in una meravigliosa fiaba.
“I genitori di S. Francesco, si chiamavano Giacomo e Vienna e per anni, si erano angosciati nella ricerca di un figlio che però non arrivava. Si votarono così a S. Francesco d’Assisi, il quale ascoltò le loro preghiere, così nacque quel figlio tanto desiderato e, per ringraziare il santo, gli imposero lo stesso nome.
Purtroppo però, a pochi mesi dalla nascita, una brutta malattia, colpì l’occhio sinistro del neonato e la sua mamma, sorretta da una grande fede, ancora una volta si rivolse al santo, chiedendo la guarigione per il suo bambino ed in cambio, lo avrebbe vestito con l’abito votivo e per un anno intero, lo avrebbe lasciato presso il convento francescano, privandosi per amore, della sua presenza.
Ottenne la guarigione, così all’età di tredici anni, per adempiere alla promessa fatta, fu accompagnato dai genitori al convento dei Frati Minori di S. Marco Argentano. Il giovane Francesco, divenne ben presto uno strumento nelle mani del Signore, difatti il fervore religioso si impadronì presto di lui, così decise di andare in pellegrinaggio a Roma e poi ad Assisi.
Aveva quindici anni quando si ritirò in una grotta, proprio qui vicino, dove viveva una vita di penitenza e di preghiera e nelle stesso momento, era consolato da visioni ed estasi.
A diciannove anni, decise che era giunto il momento di fabbricare il primo convento dove accogliere i primi discepoli che si accostavano a Dio.
Un’apparizione di S. Michele Arcangelo, gli diede ispirazione e fondò la “Congregazione degli Eremiti” che viveva in assoluta povertà, castità, penitenza, obbedienza e umiltà. Successivamente a Paterno Calabro, fece edificare il secondo convento.”
“Eremita? Ma non si sentiva solo?”
“No, mai! Aveva sempre Dio accanto a sé! Vedi, figliolo, nessuno è mai solo veramente, anche chi non ama Dio o non crede in Lui, a maggior ragione, è trattato come un figlio bisognoso di cure più di chiunque altro e gli resta sempre accanto!”
“Come quando i miei genitori si preoccupano per me?”
“Sì, è proprio così, figliolo…”
Camminano lentamente, ha smesso di piovere e soffia un sottile venticello.
Per un po’ restano zitti, quasi per meglio assorbire la pace di quei luoghi sacri.
C’è tanta gente che va e viene, cammina per antri e scale consumate dal tempo e dai passi, ma pare che nessuno si accorga di loro, ignorano quel vecchio e quel bambino, quel ponte invisibile, che unisce il presente al passato. Il bimbo, con gli occhi spalancati, guarda ogni cosa come se la vedesse per la prima volta. Il frate riprende a raccontare:
“Ogni persona che arriva al Santuario, ha dentro una grande fede e spesso, una grande pena nel cuore. Sai, era così grande nel santo, il desiderio di servire il Signore che, quasi subito, fondò due nuovi conventi, uno a Spezzano e l’altro a Corigliano Calabro. Voleva che l’ordine si diffondesse per correre in aiuto ai fratelli bisognosi! Un giorno successe che, dovendo andare in Sicilia, il santo chiese ad un barcaiolo di accompagnarlo attraverso lo stretto. Francesco non aveva denaro con sé e non poteva pagare per quella traversata ma il barcaiolo gli rispose in malo modo, così, innervosito da quei modi sgarbati, si levò il mantello e lo pose sull’acqua, vi salirono, lui e il suo compagno e così, riuscirono ad attraversare quel lembo di mare!”
“Forte! Allora era un mago!”
“No, non era un mago, ma un uomo! Il mago ha bisogno di esibirsi, lui no, lui agiva solo con l’aiuto del Signore, al punto che, quando vide la gente dalla costa siciliana si era accorta di quanto stava facendo, lui atterrò in un punto nascosto.
Arrivato in Sicilia, vide un giovane che penzolava da un capestro ormai da tre giorni, così lo colse la pietà: cosa poteva aver mai commesso, per fare una fine così orribile e restare sospeso sotto gli occhi di tutti, privo anche della dignità?
Con la convinzione che nessun uomo può togliere la vita ad un altro uomo, Francesco afferrò quel corpo ormai rigido e lo appoggiò al suolo per l’estrema unzione e seppellirlo, ma non appena quel corpo toccò terra, il giovane si risvegliò e con gratitudine prima, e con convinzione poi, rimase insieme a S. Francesco fino alla fine, indossando anche lui il saio. Giunto a Milazzo, avviò la costruzione del quinto convento, nel 1470.
Al ritorno in Calabria, ricevette la visita di un messo del papa, il quale voleva accertarsi dei suoi miracoli, visto il pullulare di imbroglioni. Suo malgrado, il messo divenne testimone del miracolo dei carboni ardenti, che Francesco gli porse senza scottarsi le mani. Dopo questo episodio, il Vescovo di Cosenza, Mons. Pirro Caracciolo ed il Papa Sisto IV, riconobbero l’ordine degli Eremiti, divenuto poi Ordine dei Minimi e fu il papa stesso a nominare Francesco: Superiore Generale a vita!”
“Guarda, dalla teca mancano i vestiti di S. Francesco!” Urla d’improvviso il bambino.
“Silenzio, non si urla nella casa del Signore!” Risponde bonariamente il frate: “È normale che non ci siano!”
“Normale? E perché gli altri non se ne accorgono?”
“Perché questo è solo un segreto tra te e me. In te è scesa la grazia divina e presto farai grandi cose, non sarà facile, percorrerai una strada lunga e tortuosa, ti studieranno come un fenomeno da baraccone ma tu non cedere mai.
Combatti le ingiustizie e sorreggi i deboli e il tuo, diventerà un cammino sublime che ti ripagherà di tutte le offese ricevute. Ora ti prego, continua ad ascoltare: quando il Re di Napoli, Ferrante d’Aragona, mandò i suoi soldati ad arrestare Francesco, egli li accolse con immensa bontà e si lasciò condurre davanti al re.
Davanti a Ferrante, Francesco prese delle monete, le spezzò in due, dicendo che quello era denaro insanguinato, perché ottenuto vessando i contadini e i poveri derelitti. Come le ebbe spezzate, dalle monete sgorgò il sangue che esse contenevano.
Quando il Re di Francia, Luigi XI, lo chiamò presso la sua corte, perché lo guarisse dal male che lo stava distruggendo, Francesco non aveva molta voglia di andare, non certo per la cattiveria del sovrano di cui era a conoscenza, ma solo perché preferiva stare con i suoi poveri, i quali riteneva più meritevoli di aiuto e i miracoli, bisogna anche meritarseli ma fu obbligato comunque ad andare in Francia.
Di fatto non riuscì a sanare quel corpo ammalato ma almeno riuscì a guarire il cuore cattivo. Il sovrano divenne devotissimo alla Vergine Maria, e Francesco, con le sue preghiere, chiese ed ottenne dal Signore che il re morisse di sabato, giorno dedicato alla Vergine. San Francesco sapeva in cuor suo, che mai sarebbe tornato ai luoghi tanto amati, nel suo eremo di Paola, anzi sapeva con certezza che sarebbe morto in Francia, non prima però, di essersi fatto amare ed apprezzare anche in quel lontano paese, dove parlavano una lingua diversa, sconosciuta, ma il linguaggio dell’amore, è universale e così, anche i francesi, ben presto, riposero la loro fiducia in S. Francesco.”
“E questo bastone? Non te ne separi mai? A me sembra quello di S. Francesco, anzi mi sembra di vedere proprio lui!”
“Questo?” Chiede il frate, sollevando il bastone che stringe tra le mani.
“Sì, questo!”
“Sai, mi è indispensabile e non me ne separo mai. Non mi serve per camminare, è il buon Dio a sorreggermi, mi serve per individuare l’acqua sotterranea, come quella che scorre da quella fonte, la vedi? Proprio lì, dove vedi tutte quelle persone che bevono, quella sgorgò con un semplice colpo del mio bastone sul terreno.
Anche se considerata miracolosa, non capisco perché la gente, porti il suo bicchiere da casa, perdendo il senso della condivisione e fratellanza, caratterizzato proprio dallo stesso utensile per bere. Tutti hanno paura del contatto con l’altro, come se tutti fossero portatori di chissà quale male.
Quella è una fonte miracolosa e nulla di male può accadere bevendo dallo stesso mescolo dello sconosciuto che ti ha preceduto. Potrei raccontarti di tutto, tante cose fatte, ma sono davvero poche le cose che non siano già state scritte. Molti miei contemporanei hanno raccontato e trascritto le mie opere, persino quegli affreschi, raccontano parte della mia vita terrena !”
“Ma chi sei? Sei tu S. Francesco?”
“Silenzio!”
Disse il vecchio frate, ponendo il dito sulle labbra, nel tentativo di placare l’entusiasmo del bambino che ora mette a fuoco, capisce il perché di quelle date, quella dovizia di particolari, quella presenza rassicurante di quel vecchio sconosciuto.
“È così, io sono Francesco di Paola, protettore della Calabria e della gente di mare!”
“Perché non me l’hai detto prima?”
“Forse perché volevo che tu avessi la conoscenza di quello che è stato l’uomo e non il Santo.
Gli uomini mi hanno eletto santo ma sono stato prima di tutto un uomo. Vedi, piccolo mio, nessun uomo nasce santo, tutto dipende da come sviluppa la propria spiritualità. Anche tu da grande o anche adesso potresti compiere un miracolo, perché non sei tu, è la mano del Signore a guidare le tue opere, dopo che gliene avrai dato la possibilità, dopo che tu gli avrai aperto il tuo cuore.
Solo così Egli potrà entrare e fare di te il suo strumento e se non mi sono rivelato prima a te, è stato solo per osservarti e capire se il tuo cuoricino era ben disposto e non mi sono sbagliato, tu mi hai concesso la grande gioia di potervi entrare. Fra poco le nostre mani si separeranno ma i nostri cuori resteranno uniti per sempre. Ricorda sempre questi momenti che abbiamo vissuto insieme. Portali con te nel tuo lungo e tortuoso cammino. Il mio vuole essere solo un messaggio di pace e di speranza!”
Il frate scompare, il bambino si volta a guardare alle sue spalle e vede solo una sedia a rotelle vuota e bagnata, lui adesso può camminare!