“L’ETÀ FRAGILE” recensione

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“L’ETÀ FRAGILE” di DONATELLA DI PIETRANTONIO

“C’è un momento preciso, quando ci buttiamo nel mondo, in cui siamo esposti e nudi, e il mondo non ci deve ferire”

Un fatto di cronaca di cruenta violenza, a cui si intrecciano il quieto vivere di un paesino e dei suoi abitanti, in particolari i protagonisti del romanzo “L’età fragile” di Donatella Pietrantonio edito Einaudi Editore nel 2023 e vincitore nel 2024 sia del Premio Strega sia del Premio Strega giovani. L’autrice si ispira a un fatto di cronaca realmente accaduto, il delitto del Morrone.

Un ritorno, quello di Amanda, che superata la chiusura del periodo causa covid, abbandona l’università e Milano, tanto agognati come via di libertà ed evoluzione, per rifugiarsi nella casa d’origine, anzi nello specifico nella sua cameretta, in un abbandono di sé lento e silenzioso. Ad attenderla la madre Lucia, che percepisce subito che qualcosa in lei si è spento.

Ma questo viaggio di ritorno scatena un effetto domino, una reazione a catena di ritorni nascosti di eventi passati che i protagonisti sono costretti ad affrontare. La prima a subirne l’effetto è proprio Lucia che sino a quel momento ha vissuto una rappresentazione ingannevole della realtà, uno stato illusorio che l’ha condotta a una vita falsata, vittima e schiava di eventi che hanno segnato fortemente il suo percorso di vita. Mentre adesso è giunto il momento del cambiamento: affrontare e vedere la verità dei fatti, quegli stessi fatti che hanno coinvolto i suoi cari: genitori, marito, figlia, amici e che sono stati rimossi e cancellati dalla memoria comune in un silenzio paralizzante e che ne ha condizionato le vite.

Un quieto vivere interrotto dal rientro di Amanda che svela animi e tormenti di sé e delle persone che fanno parte della sua sfera emozionale, proprio nel momento in cui si attiva a ritrovare sé stessa. Luoghi abbandonati perché ricordano la tragedia di cui non si deve parlare, ma l’atroce violenza non è stata commessa dal luogo bensì per mano di essere umano.

Così in questo continuo peregrinare tra passato e presente Lucia uno per volta snoda tutti i nodi delle sue verità nascoste: dal rapporto con sua figlia, marito, genitori e amiche, tutte vittime degli eventi.

In questa narrazione l’autrice Donatella di Pietrantonio conduce il lettore verso riflessioni che impongono il superamento di confini dettati per lo più da paure, sensi di colpa e a quesiti di non poco conto: cosa lega l’essere vittima-complice-carnefice e quanto i silenzi rendono complici o vittime di sé stessi.

Un continuo interrogarsi sui fatti e di come potavano non verificarsi se non si fosse fatto o detta quella determinata cosa e quanto può essere forte l’istinto di sopravvivenza, questo istinto primordiale che si scatena tenace e prepotente e porta a prendere decisioni a volte oscure, che si attiva in situazioni di pericolo o eventi traumatici, ma la cosa più importante è riuscire a sopravvivere.

Poi subentra il senso di colpa, che da vittime rende complici, le scelte fatte sono quelle corrette? E ancora il salto nel vuoto della memoria, voler rimuovere a ogni costo tracce dell’evento, in un silenzio assordante che smuove gli animi: tutti sanno ma nessuno parla, solo sguardi o brevi cenni del capo, ma il sipario è stato chiuso e nessuno lo vuole più riaprire. Un luogo o meglio il luogo dove tutto si svolge, uno scenario che non è protagonista esclusivo del crimine, perché in esso affondano radici e ricordi che non devono essere comunque calpestati e rinnegati.

L’intreccio generazionale ed emotivo delle famiglie e persone coinvolte rinascerà a nuova vita così come i protagonisti grazie alla ricerca della verità sociale e verità individuali che affronteranno spinti da motivazioni differenti, ma di egual forza motrice, un perdersi per poi ritrovarsi, in un percorso che la regia della vita ha imposto inesorabile.

Scegliere sé stessi in un cammino sconosciuto che è quello della vita.

Simona Trunzo

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