Monte di Pietà

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Al tempo del Coronavirus siamo stati abituati a vedere scorrere sullo schermo della nostra TV immagini raccapriccianti per la loro drammaticità.

Credevamo di aver visto già abbastanza perchè la lunga fila di autocarri militari con i feretri dei morti ha turbato profondamente il cuore di tutti gli italiani e creato una ferita insanabile nella nostra coscienza.

È una morte crudele che non dà neppure il tempo di un estremo e dignitoso saluto a questa vita terrena!

Eppure non è bastato questo.

Da giorni, invece, altre immagini che non avremmo mai voluto vedere, hanno colpito l’opinione pubblica.

Non sono passate inosservate le lunghe file di persone davanti al Monte dei Pegni a Torino, Palermo e altre città.

Da Nord a Sud si assiste a questo triste spettacolo: per essere primi alcuni iniziano a presidiare il Banco dei Pegni fin dalle prime luci dell’alba.

Osservano le distanze di sicurezza e sono silenziosi perchè non hanno voglia di parlare, con lo sguardo perso e il numerino della prenotazione stretto tra le mani.

Ci sono giovani, adulti, anziani.
Questa lunga colonna umana di disperati è il ritratto di una grave pandemia sociale ed economica.
Dopo l’emergenza sanitaria, dopo il lungo lockdown, c’era da aspettarselo.

Ci sono disoccupati da sempre, lavoratori in nero, persone che hanno perso il lavoro e aspettano da mesi la manna dal cielo, gli aiuti promessi dal governo centrale e che non sono mai arrivati.

Non ce la fanno più a sbarcare il lunario, non possono più sfamare i loro figli, pagare le utenze domestiche, mutuo, pigione dell’abitazione.

Sono pronti ad impegnare gli oggetti più cari per avere in cambio liquidità e poter sopravvivere.
La gara di solidarietà che si è attivata in questi mesi tra le persone è stata encomiabile, ma non basta.

Il virus semina morte e fame.

Quando accadono queste gravi calamità naturali, a rimetterci sono sempre i più deboli.

È sempre il ceto sociale più povero, più disagiato a pagare il prezzo più alto.

Nei momenti difficili l’uomo sente di essere solo, di essere abbandonato al proprio destino.

Ma Papa Francesco durante l’omelia a Santa Marta ha sottolineato che ci vuole coraggio per pregare quando si è in grave difficoltà:

Ci vuole, infatti, coraggio per stare lì, chiedendo di andare avanti andando avanti. Anzi, quasi minacciando il Signore, non vorrei dire una eresia. Ma mi viene in mente il coraggio di Mosè o il coraggio dimostrato da Abramo quando negozia la salvezza. In questi giorni è necessario pregare di più. Il Signore non delude, magari ci fa aspettare, prende il suo tempo, ma non delude“.

Con questo messaggio di speranza si chiude questo articolo.

Le Chiese sono, purtroppo, chiuse, ma la fede rimane, comunque, l’unico sostegno, l’unica certezza in un momento di grande buio.

Piera Messinese

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