La polemica, quell’atteggiamento litigioso, da attaccabrighe, di chi ha sempre da ridire su tutto e su tutti, non è nelle mie corde.
Per prenderne le dovute distanze, è sufficiente ricordare che polemico deriva dal greco Πόλεμος che, nella mitologia greca, era il demone della guerra.
Quand’anche vi fosse stato qualche episodio in cui mi si vedeva indossare le vesti di protagonista in una sorta di invettiva polemica, sicuramente sarà accaduto perché fiduciosa che potesse essere un atteggiamento costruttivo e, quindi, foriero di positività.
Detesto ogni forma di polemica perché si rivelano tutte sterili, in quanto inutili.
Generalmente, quando mi capita di essere trascinata nelle sue fitte maglie, non vedo l’ora di far perdere le mie tracce.
Per alcuni la polemica è un campo di battaglia quotidiano per cui non passa giorno in cui non ci si senta autorizzati a cimentarsi in sgradevoli battutine, allusioni, velati o franchi riferimenti.
La polemica, spesso e volentieri, è figlia della provocazione.
E a me non piace assolutamente cadere nella trappola della provocazione.
Ancora più fastidioso della polemica in sé è orientare la stessa sempre verso il medesimo argomento.
Perché a questo punto la situazione può diventare pure patologica.
Sinceramente, io preferisco usare il mio tempo in modo intelligente.
Se ci si trova dinnanzi ad una situazione verso cui si è insofferenti, che non è facile riuscire a gestire, basta semplicemente imboccare la strada opposta, con il proponimento di metterci, però, una pietra sopra, con un comportamento coraggioso e responsabile, valutando anche gli eventuali rischi che la scelta comporta.
Piera Messinese
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