L’opinione di Vincenzo Fiore
La gratitudine è un peso che gli uomini non vogliono portare
“La gratitudine non è solo la principale virtù, ma anche la madre di tutte le altre”, diceva duemila anni fa Marco Tullio Cicerone.
E’ una forma di emozione che consente l’unione di due spiritualità e fa sì che diventi, come dice Lao Tse, “la memoria del cuore”.
Almeno così dovrebbe essere…Sì, dovrebbe…
Perché se dovessimo dare retta all’aforisma del mio amico Michele, “la gratitudine è un peso che gli uomini non vogliono portare”, aforisma che fece marchiare a fuoco da uno scultore di Chieti Scalo, l’arch. Giustino Fusco, su una mattonella di ceramica e appendere a muro, alle spalle della sua scrivania, ci troveremmo di fronte a una sorta di “educazione al contrario” che sfocerebbe nell’ineducazione e nella chiusura completa delle emozioni positive per entrare nel territorio del rancore e della frustrazione.
E oggi, anche per dirette esperienze, credo proprio che la filosofia ciceroniana, a tutto vantaggio dell’aforisma del mio amico, sia stata messa in soffitta e abbia lasciato il campo libero alla virtù della irriconoscenza, del rancore e della freddezza nei rapporti per quanto concesso, avuto e dato in modo assolutamente disinteressato, addirittura fra padri e figli.
Insomma siamo a Satana de “Il paradiso perduto” di John Milton che si ribella a Dio per il peso insopportabile della riconoscenza e per una sorta di invidia che lo porta a non sopportare più l’essere un subordinato nella graduatoria dei valori e non idoneo a fare gioco di squadra.
Di conseguenza irrompe altra riflessione: “Mai mettersi troppo in mostra”!
Se lo fai scateni l’ira invidiosa di chi ti gira attorno.
Assenza di riconoscenza e mancanza di gratitudine non sono dovute però solo e soltanto all’invidia, ma anche a un dono.
Un dono fatto a qualcuno in maniera assolutamente disinteressata e generosa provoca reazioni similari.
Hai mai provato dopo una tua esagerata generosità ad “auscultare” il senso di imbarazzo del ricevente e le domande maliziose che si pone?
E perché questo regalo?
E cosa vuole da me?
E ora come ricambio?
Hai mai provato dopo aver “auscultato” queste domande a non fare più regali?
Cosa ti è arrivato in cambio?
Critiche e accuse per i mancati doni comunque ancora attesi, come se fosse un tuo dovere donare e un diritto ricevere.
Con i termini giusti e senza menar troppo il cane per l’aia alla tua generosità si risponde con la mancanza di riconoscenza con il seguito: la perdita di chi si spacciava per amico.
La gratitudine è libertà, spontaneità, sincerità.
La ricezione di un dono non può e non deve essere ritenuto un debito da restituire con un grazie forzato in quanto la gratitudine non ha il carattere e il vestito dell’obbligo, ma solo e soltanto di una emozione positiva.
Di riflesso chi si appresta a donare qualcosa, ad aiutare qualcuno perché possa sviluppare le sue potenzialità lo deve fare solo e soltanto per ragioni morali in quanto giusto e rispondente al proprio essere generoso e puntuale con i propri principi etici e le proprie abilità emotive.
E un figlio d’oggi è in grado di apprezzare con gratitudine il dono della intera vita che un padre e una madre gli fanno, giorno per giorno, nel silenzio e nel sacrificio?
Non altro.
Vincenzo Fiore
Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:
Ottima analisi ma la gratitudine non si insegna scuola dovrebbe essere spontanea come un empatia fatta senza pensarci. Comunque è in via di estinzione proprio per quel sospetto che crea domande assolutamente ingenerose nei confronti di chi la esterna spontaneamente.
[…] La gratitudine è un peso? […]