Quando acquistai il libro scritto da Giuseppe Tornatore dal titolo “La corrispondenza”, non avevo ancora visto il film e credevo si trattasse di un romanzo epistolare.
La scelta di leggere prima il romanzo e poi di guardare il film, si è rivelata per me vincente.
Il film è stato adattato in chiave letteraria e tale esperimento ha arricchito sia il film che il libro stesso.
Era un sentimento grande, una di quelle passioni travolgenti che capitano una sola volta nella vita.
“Ricordo esattamente l’istante in cui nel mezzo della folla annoiata mi sono accorto del tuo sguardo incantato. In quel momento ho capito cosa deve provare un’anima sperduta quando, tra tanti corpi, riconosce quello in cui sceglie di reincarnarsi…”
Era fatto così il legame tra Ed ed Amy, lui un astrofisico molto famoso, sposato con due figli, lei una giovane donna, studente, che nel tempo libero lavorava come stuntwoman nel ruolo di controfigura cinematografica.
Galeotta fu la scienza e galeotto fu l’amore siderale: fu questa la “strategia di cui Cupido si servì” per colpire il cuore dei due amanti…
Si trattava di una relazione clandestina poichè l’uomo era sposato, ma anche perchè aveva dei doveri pubblici.
Si incontravano raramente in quella casa sull’isola che era il loro nido d’amore.
Tutto il tempo che trascorrevano senza potersi guardare negli occhi, lo utilizzavano per scambiarsi frasi d’amore, messaggi ed e-mail.
Era affidato, quindi, ad una corrispondenza virtuale quotidiana il compito di mantenere viva questa loro singolare empatia intellettuale.
Ma la scomparsa improvvisa di Ed mise a dura prova questo sentimento che dovette lottare per sopravvivere.Accadde, infatti, che, dopo la morte dello scienziato, alla donna continuassero ad arrivare messaggi ed e-mail che risultavano tutti datati il giorno della sua morte.
Il professore era un malato terminale ed aveva pensato di aver trovato il rimedio per poter lenire la sofferenza certa a cui sarebbe andata incontro la sua amante alla sua dipartita.
Aveva pensato di darle l’illusione di un legame che potesse mantenersi vitale “sine die”.
Aveva cercato solo di sfidare le leggi del tempo, di superare i limiti della condizione umana e di lasciare un segno, una traccia a colei che lo aveva amato, affinché custodisse per sempre questo sentimento, non solamente come un ricordo.
La giovane donna cercò di capire da dove arrivassero tutti i messaggi.
Nel frattempo, però, aveva oramai maturato la consapevolezza che esistesse un filo sottilissimo, che la legasse a lui, attraverso quel loro intimo linguaggio, grazie a cui il loro amore avrebbe brillato in eterno come una stella.
Sí, perchè possiamo continuare a vedere le stelle morte benché esse non esistano più.
Anzi è proprio la loro disastrosa fine a rivelarcele.
La stella continua a vivere grazie allo sguardo di chi la osserva per questa speciale corrispondenza.
Proprio come accade allo scienziato quando cerca un contatto con ciò che non c’è più.
“Il mio errore è stato non averti incontrato prima…”
Piera Messinese
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