Artemisia Sanchez
l’eroina di Seminara e la battaglia dell’olio lampante
Dal 1700 in poi gli intellettuali europei danno vita ad una nuova forma di pensiero definito “Illuminismo”, dove la critica, la ragione e la scienza, diventano motore propulsivo di ricerca, per svecchiare la mente degli uomini ottenebrata dall’ignoranza e della superstizione, ritenuti ingombro di un passato oscurantista e medievale.
Il movimento culturale nasce dall’esigenza quindi, di rimuovere la consuetudine, le rigide tradizioni, le idee fatte di pregiudizi e gli abusi di potere, i quali soffocavano ogni sorta di cambiamento possibile, per mantenere lo status quo inalterato nel tempo. Secondo gli illuministi tutto andava ridiscusso, vagliato, organizzato, per rimettere in piedi la macchina sociale, politica ed economica dell’intera Europa, per raggiungere l’ideale della perfezione e di felicità attraverso lo strumento del sapere.
“ Sapere Aude. Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza!”
In questo scenario rivoluzionario e innovativo, le idee illuministe raggiungono anche quell’angolo sperduto, quale era considerata la Calabria.
In quel tempo l’intellighenzia, come la chiameremmo oggi, amava riunirsi in case private altolocate dove membri di famiglie blasonate, artisti, intellettuali, politici e uomini di scienza, si confrontavano, dibattevano e si scambiavano informazioni, ritenuti importanti, per la crescita del territorio e del tessuto sociale, il quale ancora lambiva sotto i tentacoli del potere feudale ed ecclesiale, costringendo il popolo allo sfinimento e alla miseria.
I luoghi d’incontro venivano decisi e gestiti dalle donne, era loro premura scegliere gli invitati e i temi di cui discutere, da questa particolarità i salotti venivano battezzati con il nome delle padrone di casa. Il periodo storico dettato dalle idee illuministe, era davvero fonte di continue novità e il fervore tra gli animi favoriva la nascita della necessaria curiosità che diventava fonte di sapere.
Artemisia Sanchez, marchesa di Seminara, di origine spagnola apparteneva ad una nobile dinastia, giunta a Seminara ne 1495, al seguito del capitano Consalvo di Cordoba, donna di intelletto fresco e intuitivo, si lasciò travolgere dal fermento illuminista e apre anche lei la sua casa alle novità che giungono per lo più dalla Francia e da Napoli, considerata nell’epoca Borbonica, il punto nevralgico della cultura e delle più avanzate tecnologie.
La storia si svolge a Seminara, un piccolo paesino della provincia di Reggio Calabria, posto ai piedi dell’Aspromonte, una suggestiva macchia verde di uliveti intensificati per quantità di numero alla fine del ‘600, in sostituzione delle piante di gelso, usati per la produzione del baco di seta, a causa della crisi che colpì il settore manifatturiero.
I grandi latifondisti piantarono piante d’ulivo ovunque in Calabria, soprattutto nella zona di Gioia Tauro e Rosarno, senza un progetto ben preciso a sostegno della conversione del rimpianto e investimenti necessari per garantire la qualità dell’olio.
A fare luce sulla cattiva gestione sul prodotto ricavato dagli impianti olivicoli, fu il Conte Domenico Grimaldi, nato a Seminara, membro di una famiglia nobile genovese, laureato in economia a Napoli, ospite gradito nei conviviali di Artemisia, che fino ad allora poco sapeva sulla realtà olivicola e molto si entusiasmò quando il suo caro amico le fece intendere il vantaggio economico che poteva trarre un territorio dalle risorse se bene utilizzate, tanto da poter cambiare le sorti dell’intera Calabria.
E’ bene specificare che, fino a quel momento l’olio calabrese godeva di una cattiva reputazione per quanto riguarda l’uso domestico, e per le grandi quantità che venivano prodotti, veniva esportato ed usato per ingrassare le macchine delle industrie inglesi, dai saponifici marsigliesi e come carburante per illuminare le città, veniva per questo chiamato “Olio lampante”.
Durante i vari confronti culturali di genere agroalimentare, Grimaldi mette in evidenza le vecchie tecniche di coltura, che determinano un prodotto scadente dal sapore “rancido”, dovuto al mantenimento del frutto oltre il tempo della maturazione sulla pianta, lasciato cadere a terra e poi raccolto.
Quando il frutto passava alla fase della spremitura era ormai lievitato.
Anche le tecniche di potatura erano ritenute da Grimaldi obsolete e comunque raramente venivano eseguite, come pure la concimazione facendo mancare alla pianta l’apporto benefico del letame.
Inizia così per Artemisia, la voglia di attuare un cambio di passo nella cultura olivicola, sostenuta dal fratello maggiore Gaspare, dall’amico Grimaldi e per pura facciata dal marito il principe Spinelli, sposato per ragioni d’interesse, dopo essere rimasta vedova di Michelangelo Monizio.
Ma ciò che sembrava essere un processo logico e naturale, al contrario si rivelò una lotta difficile, ardua e pericolosa.
Era da ritenersi urgente liberare i terreni da logiche legate ai privilegi e allo sfruttamento della manodopera, che nulla avevano a che fare con il progresso, quanto pure era inesistente l’intenzione dei ricchi latifondisti di investire denari sulle nuove tecnologie. Logge massoniche mascherate dal pensiero progressista e illuminato, minavano sotto banco ogni tentativo di cambio di passo. Fu così che, non a caso si parla di lotta, ardua e a volte cruente.
Il principe Spinelli, insieme ad altre figure di simili vedute, mettono in atto una congiura contro la moglie e i suoi fidati.
In quel periodo fece ritorno a Seminara, il conte Angelo Falvetti, il primo amore di Artemisia, che già in tenera età si promisero eterno amore, interrotto drasticamente dalla fuga del ragazzo, a causa dell’improvvisa morte del padre, ucciso in circostanze misteriose da mani oscure.
Il giovane per sfuggire alla morte si rifugiò presso un convento, dove in seguito prese i voti.
Il ritorno di Angelo fu di conforto per Artemisia, era sicura di poter contare sulla devozione di Angelo, in nome del loro passato amoroso e per le circostanze ostili che si erano create intorno a lei, sentiva la necessità di circondarsi di persone fidate a sostegno della sua causa. Certo avrebbe preferito ricevere il suo grande amore da uomo libero e non da prete, d’altronde nemmeno lei era una donna libera, e poco importava se rivederlo aveva riaperto vecchie ferite.
Inizia per l’ardita compagine la messa in atto della strategia, usata per convincere le menti recalcitranti dei latifondisti restii al cambiamento, era necessario un esempio concreto pensarono, i fatti contano delle parole…
Fu Grimaldi, che per primo mise in pratica le nuove tecniche di coltura, importò macchine e manodopera specializzata direttamente da Genova, sperando di essere considerato il faro nel buio, ma i latifondisti calabresi radicati ai vecchi sistemi di coltura, ancora una volta mostrano disinteresse alla sua iniziativa, palesano che, non avevano nessuna intenzione di investire tempo e denaro per la loro attività, scoraggiando inoltre quanti al contrario si mostravano interessati.
Serviva un esempio più convincente pensò Artemisia e chiese ad Angelo nella autorità di prete, di occuparsi della gestione delle terre di proprietà della sua famiglia, impiantando sul terreno il nuovo trappeto, adatto alla lavorazione dell‘olio commestibile.
Tutto sembrava filare liscio, la produzione e la qualità dell’olio era buona, tanto da raggiungere i mercati genovesi.
Nel frattempo la complicità sul lavoro e il continuo sostegno morale che Angelo mostra ad Artemisia, alimenta giorno per giorno quella fiamma mai spenta e che ora era divenuto amore, sentimento che non sfugge al principe Spinelli, tanto da oscuragli la mente.
Era giunto il momento di vendicarsi dal successo ottenuto dalla moglie, amata anche dai contadini oltre che da Angelo; la popolarità della moglie lo destabilizzava.
Pensa così di assoldare mercenari senza scrupoli e punire Artemisia, distruggendo giare colme d’olio pronte per l’imbarco e scoraggiare l’amore del giovane prete verso sua moglie, il quale per conto suo si era già spontaneamente allontanato da Seminara, per trovare pace e fare luce sui sentimenti che provava verso Dio e per Artemisia.
La donna scossa dal dolore per la partenza di Angelo e della morte improvvisa del fratello Gaspare, si butta anima e cuore nell’attività di ammodernamento degli uliveti, divenuto ormai motivo di rivalsa per la sua gente e contro le angherie del marito ritenuto oramai, suo acerrimo nemico.
Le forze fisiche pian, piano l’abbandonano.
Artemisia non si rende conto che, il marito con la complicità di una cameriera, le somministra giorno per giorno un potente veleno.
La storia scritta da Santo Gioffrè, scrittore e medico di Seminara, conclude con la salvezza di Artemisia, salvata da un antidoto miracoloso, e la fuga del marito e dei suoi complici per evitare la galera, accusato di tentato omicidio della moglie, non sfugge però al terribile terremoto che si è verificato nella primavera del 1785, dove rimane ucciso.
La Storia e la fantasia nel libro raccontato da Gioffrè, si tendono le braccia e combattono insieme i soprusi dei forti contro il popolo, una lotta estenuante tra il bene e il male, ambientata nella Calabria dai vasti territori baciati dal sole e dal mare.
Calabria terra degli inutili ritardi rispetto ad altri luoghi, imbrigliata nel potere miope ed arrogante dei nobili.
La Calabria una regione che nulla dovrebbe mancare per la sua caratteristica fisica e climatica, ma che continua ad arrancare e ancora oggi subisce il fascino del personaggio forte e potente, che promette e inganna.
Nel racconto emerge il riscatto sociale attraverso l’amore incondizionato per il proprio territorio e le sue sorti e quello fra un uomo e una donna, che se pure la ventura, li aveva destinati ad altro e di seguito allontanati, l’amore li ha ricondotti uno nelle braccia dell’altro e li ha assolti.
F. R. Bartoletta
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